sabato 23 marzo 2013

La luce della Pasqua, di Renzo Montagnoli


La resurrezione non a caso coincide con l’avvento della primavera, stagione in cui la natura si risveglia, rinasce, come noi.

 

 

La luce della Pasqua

di Renzo Montagnoli

 

C’è aria nuova

in quest’alba

che annuncia

un giorno sereno

e dal sole

che s’alza

all’orizzonte

s’irradia una luce

dai mille riflessi.

E’ questa la luce

di una nuova speranza

per un giorno diverso

in un mondo migliore

in una vita più umana.

Non c’è ombra nascosta

che possa sfuggire

non c’è angolo buio

che non la riceva

non c’è un cuore chiuso

che non s’apra

ai suoi raggi.

Attendo con gioia

che scenda in me

che colga quel tanto

o quel poco

di ciò che è rimasto

di un’eterna illusione.

 

(da La pietà)

 

Ci accompagnano le note gioiose di Ludwig Van Beethoven:

 


 

 

 

 

 

 

La polvere sul cucù, di Vito Moretti




La polvere sul cucù

di Vito Moretti

Edizioni Tabula Fati


Narrativa raccolta di racconti

Collana Nuove scritture

Pagg. 168

ISBN 978-88-7475-300-0

Prezzo € 13,00

 

La grandezza degli umili

 

 

…Il viso di Ettore riprese forma al chiarore che si rovesciava dal taglio della porta e la strada sembrò per poco animarsi nelle sue ombre e nei suoi bracci notturni; pareva anzi che la luna, uscita all’improvviso dai brandelli di due nuvole, rotolasse con il suo disco sui cespugli e sui tetti prima di tornare ad abbuiarsi nel gelo della notte….”

 

 

Di Vito Moretti, autore di alcuni volumi di saggistica e soprattutto di sillogi poetiche avevo letto Luoghi, una raccolta di riuscite poesie ispirate da viaggi, fra le quali quelle frutto di  un itinerario in Terrasanta mi avevano colpito in modo particolare per la capacità di percepire con il cuore e tradurre in versi ciò che va oltre la razionalità matematica del lavoro della mente. In particolare, in quelle e in altre, avevo rilevato una religiosità non di maniera, ma frutto di un’innata sensibilità nei confronti della natura, ispiratrice quasi mistica e fonte di latenti opportunità per volgersi alla trascendenza. Ora, questa raccolta di 21 racconti, intitolata La polvere sul cucù, conferma il mio giudizio positivo sulle qualità dell’autore.

Si tratta di prose certamente non lunghe, con tematiche diverse, scritte con una creatività del tutto particolare, dal risultato assai gradevole, nelle quali è presente la vocazione di estensore di versi, tanto che questi brani possono essere definiti vere e proprie prose poetiche, sia per l’armonia che le accompagna, sia per un generale equilibrio di struttura, in grado di sintetizzare vicende e concetti.

Ciò che accomuna inoltre i racconti sono i protagonisti, esseri umili, ma dotati di una grande carica umana che li rende attori unici e principali, portatori di un linguaggio di pace che li eleva a simboli di come dovrebbe essere l’uomo se segue, per intima convinzione, il pensiero del Cristo. Siamo in presenza  di una religiosità al di fuori dei vincoli ben precisi della Chiesa e che riscopre una spiritualità innata che nel messaggio di Gesù trova la sua definitiva affermazione.

Dal sacerdote che vive la Messa in Le mani del prete alla sofferta, ma convinta rinuncia di Teresa in Il fiume nella notte, senza dimenticare l’ascetica figura di Michele in Il martedì della visita, si esplicita un corale messaggio che, senza esaltare i personaggi in se stessi, ci porta a considerare una natura umana fondamentalmente tesa al bene, qualora lontana dalle spire tentatrici del denaro e del potere.

E’ una mano felice quella dell’autore, che mai s’impone sul lettore, ma che gli porge vicende attraenti in cui lo sfondo armonico della poesia offre un considerevole contributo. Così le descrizioni dei paesaggi risaltano come panorami nei quadri del Canaletto, mentre le atmosfere, nel complesso pacate, tranne che nel drammatico Il presagio del gelo, sono sempre frutto di un’attenta ricostruzione che avvolge il lettore fin dalle prime righe. In Moretti ci sono sensibilità e delicatezza, rispetto per gli esseri umani quando essi vivono e magari soffrono per la loro dignitosa umiltà; e anche i temi scabrosi sono affrontati in punta di penna, tanto da riuscire perfino a colorare di un soffuso e tenue rosa una relazione omosessuale (L’altro bene).

Sono brani che nel complesso risultano di elevato valore, che riescono a coinvolgere e che, pagina dopo pagina, portano a una grande serenità.

E’ evidente che ci troviamo di fronte a un lavoro assai valido, ampiamente meritevole di lettura.

 

 

 

 

 

 

 

 

Vito Moretti, originario di San Vito Chietino, risiede a Chieti. È poeta in lingua e in dialetto e critico letterario. Ha esordito con alcuni poemetti sul finire degli anni Sessanta e, successivamente, ha dato alle stampe varie raccolte di versi, un libro di racconti e alcuni volumi di saggistica. È tradotto nelle principali lingue moderne.

 

Recensione di Renzo Montagnoli

MondoBlog del 23 marzo 2013


MondoBlog

 

 

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domenica 10 marzo 2013

La Val di Genova, di Renzo Montagnoli




La Val di Genova

di Renzo Montagnoli

 

 

Il nome non deve trarre in inganno, perché questa splendida valle non si trova in Liguria, bensì in provincia di Trento.

È una laterale della ben più turistica Val Rendena, anzi dove questa finisce, con la salita che porta a Madonna di Campiglio, inizia lei piegando a sinistra per chi viene da Sud. E così l’ultimo paese della Val Rendena, Carisolo, diventa il crocevia da cui appunto si diparte la Val di Genova.

È situata nel settore occidentale del Parco Adamello-Brenta, la più estesa area protetta della provincia di Trento. La valle è di origine glaciale ed è percorsa dal torrente Sarca di Genova, che è uno dei tre rami che confluiscono in uno solo in Val Rendena, a Pinzolo, dando luogo a un unico corso d’acqua chiamato appunto Sarca e che è l’immissario del lago di Garda.

Piuttosto stretta, è lunga una ventina di chilometri che si snodano fino alla panoramica piana di Bedole, ed è compressa fra i massicci montuosi dell’Adamello (a sud) e della Presanella (a nord). Il curioso nome ha un’etimologia incerta, ma sembrerebbe derivare da Zenua, che nell’idioma locale significherebbe ricca d’acqua.

E infatti di acqua non è di certo povera, considerati i ghiacciai e i nevai che le fanno da corona; il torrente che la percorre è implementato da altri rii, alcuni dei quali formano delle cascate (6), di cui le più spettacolari sono senz’altro quella di Nardis, molto alta, formata dal torrente Nardis che scende dalla Presanella, e quella del Lares, suddivisa in due salti (alto e basso). Quest’ultima, non visibile dalla rotabile che percorre la valle, può essere raggiunta solo a piedi ed è immersa in un bosco, dando luogo a uno spettacolo quasi fiabesco.

La Presanella e l’Adamello durante la grande guerra furono teatro di combattimenti ad alta quota e così la valle di Genova, sita nelle immediate retrovie, divenne importante quale via d’accesso ai ghiacciai, tanto che ancor oggi è possibile osservare un cimitero militare in val Siniciaga, che più che una valle é un vallone laterale, nonché una piccola cappella e ciò resta di una teleferica militare nei pressi della cascata di Folgarida.

Non ci sono parole per poter descrivere con efficacia la straordinaria bellezza della Val di Genova, ma provate solo a immaginare un territorio stretto, incassato fra le montagne, percorso da un torrente spumeggiante, con insediamenti umani limitati, il rumore dell’acqua che si infrange su enormi massi, il verde delle abetaie e più si volge lo sguardo all’insù più si notano pareti a strapiombo e più in alto, più lontano di quanto non sia, l’azzurro del cielo. Mano a mano che si procede sulla carrozzabile e si sale di quota la valle sembra allargarsi e là in fondo già si scorge la verde piana di Bedole, sovrastata dal luccicante candore dei ghiacciai. Sembra di essere lontani mille miglia da un mondo tumultuoso, si ha la sensazione di avvicinarsi alla natura primigenia, di portare i nostri passi indietro di secoli nel tempo; il cuore prende a battere, non solo per la fatica dell’escursione, ma anche perché si è pervasi da un senso di gioia che quasi trabocca.

Là, sullo sfondo il bianco delle nevi sembra un lontano regno di Elfi e folletti e nel cielo, che pare specchiarsi in tanta bellezza, un’aquila vigile dispiega le ali.



Per quanto ovvio si trovano solo bellezze naturali e non artistiche; tuttavia consiglio, prima d’intraprendere il percorso, di fare subito all’inizio una breve deviazione sul sentiero, e poi strada carrozzabile, che porta alla chiesa di Santo Stefano (XII secolo), arroccata su un costone di granito che precipita nel torrente Sarca. Lì vi è anche il piccolo cimitero di Carisolo, talmente piccolo che si ritrae l’errata convinzione che la morte faccia visita sporadicamente in quelle contrade. L’esterno della chiesa, nella parete che guarda verso la Val di Genova, è affrescato con una danza macabra realizzata nel XV secolo dai pittori itineranti Baschenis. Il dipinto è molto ampio e anche se l’interno dell’edificio è di interesse per altri affreschi, di certo questo è quello che attira maggiormente i turisti appassionati di pittura.



Ovviamente la valle è visitabile, ma al riguardo occorre precisare quanto segue, fermo restando che in inverno, con la neve, non è percorribile dalle automobili (ma il panorama è magico):

nella stagione turistica la strada è suddivisa in tre tronconi:

i primi quattro chilometri, da Carisolo (806 m. s/m) a Ponte Verde (921 m.), sono percorribili liberamente e si trovano numerosi parcheggi;

per altri 4,5 Km., da Ponte Verde (921 m.) a Ponte Maria (1164 m.), sono transitabili pagando un pedaggio ( € 8,00); è il tratto più impegnativo, con pendenze che arrivano al 18%;

gli ultimi 7,5 Km., cioè da Ponte Maria (1164 m.) a Malga Bedole (1584 m.), sono di norma accessibili ogni giorno fino alle H. 9,45 e dopo le H. 18,00, e comunque fino a quando i pochi parcheggi presenti non sono pieni.

Peraltro, proprio nel periodo estivo e solo nel mese di agosto, nel tratto a pagamento (da Ponte Verde a Malga Bedole) è in funzione un servizio di bus navetta (partenze ogni 30 minuti) a modico prezzo.




Normalmente il transito nella valle è interdetto da settembre a giugno.

Per arrivare in zona, la strada migliore, e più veloce, è l’A22 (autostrada del Brennero) con uscita a Rovereto Sud, indi superstrada per Mori, deviazione verso Arco di Trento, prosecuzione fino a Sarche, a prendere la salita, con numerosi tornanti e gallerie, che porta a Tione, paese in cui inizia la Val Rendena, da percorrere tutta fino alla fine, cioè all’abitato di Carisolo.

Si tratta di zona turistica e quindi la ricettività è ottima.
 
 

Per informazioni sulla valle:


Per dormire, mangiare e informazioni turistiche:


Le foto (nell’ordine dall’alto in basso) e fra parentesi il sito web in cui sono stare reperite:

Chiesa di Santo Stefano (www.carisolo.com);

Affreschi Chiesa di Santo Stefano (www.carisolo.com)

Cascata di Nardis (www.nicoruffato.it)

Cascata Lares (www.panoramio.com)

Piana di Bedole (www.on-ice.it)

 

Mitologie domestiche dell’anima, di Antonio Messina




Mitologie domestiche dell’anima

di Antonio Messina

Prefazione di Ilaria Dazzi

Postfazione di Renzo Montagnoli

Immagine di copertina: Il Mantello della Festa

di Angela Betta Casale

Edizioni Il Foglio


Poesia

Pagg. 80

ISBN 9788876064104

Prezzo € 10,00

 

 

 

 

 

Una finestra sull’anima

 

 

 

 

Il mito è una proiezione metafisica del nostro sentire, è una realizzazione di un qualcosa che, se pur in noi, è tanto al di sopra del nostro normale cogitare da cercare di dargli una veste divina o semi-divina con cui poter coglierne l’essenza, quel che di incomprensibile che ci arrovella, ci trascina, ci lascia stupefatti e tramortiti.

Con questa sua breve silloge Antonio Messina, forse più noto come narratore, benché la sua prosa sia il frutto di una metamorfosi di un istinto innato di carattere poetico, ci regala una sequenza di liriche sospese in quello spazio-tempo incerto che va oltre il divenire quotidiano, trasfigurando eventi e ricordi in un’atmosfera se non mistica, almeno magica.

Dell’anima, soprattutto, si parla, di quell’impalpabile spirito vitale che è fonte e motore della nostra esistenza, un’entità incorporea che è in noi, di cui non avvertiamo la presenza, ma che auspichiamo vi sia, perché altrimenti non troverebbero altra spiegazione le sensazioni, le emozioni, le idee creative. Ed è qualche cosa che va oltre di noi, che ci sovrasta, che gi guida senza che ce ne accorgiamo, uno spirito talmente libero da non poter essere rinchiuso anche nel caso che il nostro corpo venga costretto, tormentato, torturato, un flusso di vita che muove i nostri passi, che indirizza le nostre mani, che ci fa amare, che ci rende dipendenti dalla sua volontà. 

In questo contesto si delineano poesie dai toni sommessi, ma non per questo indecise, si disegnano versi che spaziano oltre il limite del quotidiano orizzonte per proiettarsi in un empireo in cui cercare di vedere rispecchiata questa nostra anima.

E’ un flusso di coscienza che trascina l’autore, e con lui il lettore, in una visione dall’alto di una realtà che si capovolge, si contorce, nel tentativo, per lo più riuscito, di spiegare ciò che ci accade, ciò che si muove indifferente intorno a noi, ogni cosa, fatto o evento che sembra lì per caso, ma che è frutto del percorso, spesso incomprensibile, di un tempo che segue indifferente la scia del destino.

Poesia filosofica potrebbe essere definita questa di Messina e in effetti lo è, non semplice, ma non incomprensibile, una ricerca all’interno di noi che mai terminerà, pur dando ogni volta frutti insperati.

Leggere questa silloge è aprire una finestra sulla nostra anima.   

 

Antonio Messina nasce nel 1958 a Partanna, in provincia di Trapani. Vive a Padova. E’ poeta e narratore.

Pubblicazioni:

L’assurdo respiro delle cose tremule (L’Autore Libri Firenze, 2003), La memoria dell’acqua (Edizioni Il Foglio, 2006), Le vele di Astrabat (Edizioni Il Foglio, 2007), Dissolvenze (Edizioni Il Foglio, 2008), Ofelia e la luna di paglia (Il Foglio, 2009); Nebular (Il Foglio, 2011).

 

 

Recensione di Renzo Montagnoli

MondoBlog del 10 marzo 2013


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