mercoledì 23 maggio 2018

L'Alpe di Siusi, di Renzo Montagnoli






L’Alpe di Siusi
di Renzo Montagnoli




L’Alpe di Siusi è stata per molti anni la mia meta preferita, prima d’inverno per poter sciare sulle sue belle piste e poi anche d’estate, grazie alla possibilità di fare escursioni adatte alle capacità di ognuno.
Si trova in provincia di Bolzano (il nome in tedesco è Seiser Alm) ed è un altopiano situato nella parte occidentale delle Dolomiti, non completamente piatto, tanto che la quota altimetrica varia da 1.680 m. s.l.m. a 2.351 m. s.l.m.; ha una superficie di 52 Kmq., delimitata a Nord dal Val Gardena, a Nord-Est dal Gruppo del Sassolungo e a Sud-Est dal massiccio, dalla sagoma inconfondibile, dello Sciliar.


Ai piedi di questo piccolo acrocoro ci sono 4 paesi che costituiscono le maggiori mete per i villeggianti, data la loro relativa altezza: Tires al Catinaccio, Fiè allo Sciliar, Siusi e Castelrotto (in quest’ultimo avevo il mio campo base). Prima di effettuare qualche approfondimento su queste località, ritengo più opportuno parlare proprio dell’Alpe di Siusi, a mio parere uno dei posti dolomitici più belli. Ricordo, in particolare, un luglio di molti anni fa: seduto su una panchina che si affacciava sul pendio degradante lo sguardo spaziava dal cielo alle alte cime, per poi scendere sui terrazzamenti naturali sottostanti dove, con alacrità, ma anche senza particolare fretta, i contadini raccoglievano il fieno, un po’ più in là osservavano anche loro questa scena un gruppo di possenti e placidi cavalli sarentinesi, lontano si udivano i suoni dei campanacci delle vacche al pascolo e ancora più distante, portati da un venticello lieve, appena si sentivano i rintocchi della campana di una chiesetta. Il panorama, l’atmosfera idilliaca, la quiete di un mondo che ancora non correva mi commossero e ricordo, come fosse ora, che non riuscii a trattenere le lacrime, lacrime di una gioia intima e intensa da cui mi feci piacevolmente travolgere. 


In inverno, ovviamente, non è possibile assistere a uno spettacolo simile, ma il piacere di percorrere i sentieri pedonali o le piste da fondo, spostandosi da da una piccola trattoria a un altra, in cui sedersi fuori sulle panche a crogiolarsi al sole, oppure fare uno spuntino a base di pane e speck, magari accompagnato dal calice di uno dei tanti buoni vini di cui la regione è ricca, consente di raggiungere un’intima soddisfazione di altro genere, ma comunque sempre corroborante. A proposito della stagione fredda sull’Alpe ci sono piste da sci alpino per lo più facili, fatta eccezione per la celebre discesa di Coppa del Mondo del Sasslong, e altre piste, per il fondo, alcune facili, altre medie e solo una una indubbiamente difficile. Per chi preferisce camminare non mancano i percorsi battuti e ancora c’è un laghetto, ghiacciato, su cui si possono praticare il pattinaggio e il curling.


In estate permangono le passeggiate, senza rilevanti dislivelli, ma anche le escursioni: allo Sciliar (faticoso, ma non richiede conoscenze tecniche particolari); percorso circolare sotto il Sasso Piatto e il Sassolungo, 17 km. circa per gente allenata e che non soffra di vertigini; gita alla Forcella dei Denti di Terrarossa, percorso non particolarmente impegnativo, ma che richiede una buona tenuta atletica. Esistono, ovviamente, altre escursioni, ma mi sono limitato a indicare quelle di cui ho avuto esperienza diretta avendole effettuate.
Come ho già accennato, benché sull’Alpe non manchino buoni alberghi, per l’altezza molti preferiscono soggiornare nei paesi sottostanti, raggiungendo poi l’altopiano ogni giorno. Tuttavia, esistono delle limitazioni, nel senso che per accedere all’Alpe o si va con la propria auto in modo da arrivarci entro le 9, con ripartenza dopo le 17 (in buona sostanza dalle 9 alle 17 il traffico privato è vietato), o si ricorre agli autobus dell’Alpe di Siusi Express, con percorso Siusi, Castelrotto, al prezzo di Euro 17,00 (andata e ritorno), oppure c’è un impianto di risalita (cabinovia) che parte dal Comune di Siusi e arriva sull’altopiano al prezzo (andata e ritorno) sempre di Euro 17,00 (ci sono comunque riduzioni a seconda dell’età, per famiglie, abbonamenti). Uno dei motivi per i quali il traffico veicolare è fortemente ostacolato su all’Alpe è per preservare il più possibile intatta la natura, tanto più che l’altopiano è protetto grazie alla creazione del Parco Naturale dello Sciliar.


Se l’Alpe è stupenda i paesini che si trovano ai suoi piedi sono degli autentici gioielli. Tires, sito a 700 m. s.l.m. è sovrastato dall’imponente massiccio del Catinaccio ed è punto di partenza per fantastiche escursioni e appaganti scalate. 


Fiè allo Sciliar, la località in cui sono stati inventati i terapeutici bagni di fieno, è sito a 880 m. s.l.m. ed ha un caratteristico laghetto, dall’acqua pulitissima, in cui la balneazione è quasi un rito. 


Siusi allo Sciliar è sempre stata forse la località di villeggiatura più famosa dell’Alpe, ospitando anche personaggi celebri, fra cui Federico III, ultimo re di Sassonia, e il ricercatore russo Aleksej Bobrinskoj; frazione di Castelrotto, contende allo stesso il titolo di meta preferita, anche se non ha un centro storico altrettanto bello. 


Ed è proprio Castelrotto un unicum, uno dei più bei borghi d’Italia; sito a 1.095 m. s.l.m., ha un centro storico dalla bellezza mozzafiato, con diversi edifici dalle facciate affrescate, una bella parrocchiale che ha sul retro un grazioso camposanto, il tutto dominato da un colle, meta di una facile e suggestiva passeggiata.
E’ appena il caso di ricordare che la bella Val Gardena è nelle immediate vicinanze, raggiungibile con una comoda strada attraverso il ripido Passo Pinei.
Non aggiungo altro, perché credo che non ci sia nulla di meglio di quello che potrete vedere con una vostra visita. A parte il consueto corredo fotografico, reperito su internet e che non rende giustizia alla bellezza di questi posti, mi limito a riportate i link per gli alloggi, ricordando che gli alberghi sono eccellenti, come del resto la cucina, un sapiente connubio fra quella austriaca e quella italiana.







Mese di maggio 2018






Mese di maggio 2018



S’inchiostra un ghirigoro
di Angela Caccia




Scende in picchiata
dalla grondaia al roseto
– areata la sala cercherà
paglia per ristrutturarla –


si guarda attorno
quant’è invitante il giorno…
s’accende a neon come una volta
lento e molle


passo a passo l’alba s’è ritratta
guidata sino la porta dal primo
abbozzo di raggio.


Pista libera
la tentazione è grande
s’inchiostra un suo ghirigoro
pastella il cielo di maggio


vanesia
sa che dai vetri la punto


il volo libero
l’ampiezza di quell’abbraccio
lo segue la mia illusione
di starle sul dorso.




Da Il tocco abarico del dubbio (Fara, 2015)

Danza
di Piera Maria Chessa
 
 
 
Vedo le rondini
volare sui tetti,
sento il loro canto
vicino,
ne seguo con lo sguardo
il cammino.
 
Guizzano leggere
nell'aria
riempiendo di voci
il cielo azzurro
di maggio.
 
Dietro i vetri
una nonna
osserva incuriosita
la loro danza.


Questa fine di maggio
di Maria Allo
 
Raggi innaturali sfavillano sui tetti.
Non riconosco questo potere cieco
di aria inchiodata sulle tempie
che goccia a goccia pietrifica l’attesa.
Lo spazio risuona senza fiato
tangibile come l’urlo che mi tiene
ad ogni ora o la mia carne che brucia
ad ogni stagione.
Questa fine di maggio senza sole
come certe cose iniziano e non hanno fine
libere al vento è crollo di sogni
che nascono e si spengono tra le rovine.
Mi manca il mare e prendo atto
del tempo che mi resta da percorrere
nella vita che mi è data vivere.
Silenzio e perdita in questa primavera
abbandonata tra le tue braccia
che affiorano sulle mie spalle mute.

Sera di maggio
di Michael Santhers
 

Stanziale l'assiuolo
su rudere pagato a topi
e migrante atteso il cuculo
in lingue diverse
con tuniche di nera seta
si spartiscono alberi e presagi
e l'usignolo fa da interprete
-Giudice obeso la luna
appisolata sul campanile
russa rintocchi e biascica
e testimoni le stelle ravvivate
da numeri a some d'additi
inseguiti da nasi
e lo scoiattolo ruba calore alle tegole
giacigli di sogni a zonzo
mentre le rose si sfidano a profumi
e vince chi fa aprire più finestre
ma da quella al terzo piano che spero io
solo un lampo di luce dietro una tenda
a capelli alati restii al volo
e fredda pioggia mimata da un secchio
sul mio cuore

Da:
Sorrisi Pignorati

Mese di maggio
di Renzo Montagnoli
 
 
Nei giorni che il sole
più incede nel suo cammino
e nell’ora che lento s’accommiata
in quella quiete d’aria
che introduce alla sera
chiama la campanella
per le orazioni dedicate alla Madonna.
E allora s’affrettano i fedeli
stringendo il rosario in pugno.
c’è chi da il via e a seguire tutti altri
mentre le dita corrono sui grani
e le labbra sommesse mormorano.
Un volo d’airone taglia il cielo
le rane gracidano nei fossi
la luce si tinge di rosso
poi incupisce
e alla prima stella
che timida s’affaccia
trovano le dita l’ultimo grano.
La preghiera è già finita.
 
Da Il mio paese





La Leggenda del Piave
di E.A. Mario
 
 
Il Piave mormorava,
calmo e placido, al passaggio
dei primi fanti, il ventiquattro 
maggio;
l'esercito marciava
per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera...

Muti passaron quella notte i fanti:
tacere bisognava, e andare avanti!

S'udiva intanto dalle amate sponde,
sommesso e lieve il tripudiar dell'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero,
il Piave mormorò:
«Non passa lo straniero!»

Ma in una notte trista
si parlò di un fosco evento,
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento...
Ahi, quanta gente ha vista
venir giù, lasciare il tetto,
poi che il nemico irruppe a Caporetto!

Profughi ovunque! Dai lontani monti
Venivan a gremir tutti i suoi ponti!

S'udiva allor, dalle violate sponde,
sommesso e triste il mormorio de l'onde:
come un singhiozzo, in quell'autunno nero,
il Piave mormorò:
«Ritorna lo straniero!»

E ritornò il nemico;
per l'orgoglio e per la fame
volea sfogare tutte le sue brame...
Vedeva il piano aprico,
di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora...

«No!», disse il Piave. «No!», dissero i fanti,
«Mai più il nemico faccia un passo avanti!»

Si vide il Piave rigonfiar le sponde,
e come i fanti combatteron l'onde...
Rosso di sangue del nemico altero,
il Piave comandò:
«Indietro va', straniero!»

Indietreggiò il nemico
fino a Trieste, fino a Trento...
E la vittoria sciolse le ali al vento!
Fu sacro il patto antico:
tra le schiere, furon visti
Risorgere Oberdan, Sauro, Battisti...

Infranse, alfin, l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!

Sicure l'Alpi... Libere le sponde...
E tacque il Piave: si placaron l'onde...
Sul patrio suolo, vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò
né oppressi, né stranieri!
 

Sonetto di maggio
di Maria Teresa Santalucia Scibona
 
 
A Renzo Montagnoli, amico insostituibile
 
 
Quando il sonno cala sull’umano
giaciglio,  e con lieti sogni riscatta
i crucci del quotidiano,
la luna assonnata  sbadiglia.
 
La rosa  vermiglia,
per il giorno sepolto,
invoca sdegnosa, il chiarore
rosato del mattino.
 
Gravita nella notte fonda,
un silenzio inafferrabile,
adamantino.
 
Tacciono le dalie accasciate,
un silente interludio aleggia
sovrano, nel giardino.
 
 
Da Le rotte del vento (Raffaelli, 2014)




Il fiato di maggio
di Aurelio Zucchi
 
 
Gradevole, il tocco del tramonto
sul fianco spettinato di collina.
Pur assillante, il fiato di maggio
non ha scalfito l’attesa del rosso.
 
Ed è solo vento, intrepida brezza,
questo fruscio che spagina l’aria,
dimena le gote e l’ora confonde
senza riuscire a minare il cuor.


Si offendono le nuvole
di Tinti Baldini
 
 
Si offendono le nuvole
oggi di maggio
cupe sul promontorio
E Portofino bassa
s’inquadra
inalterata
di gabbiani di sempre
urlanti
come infanti
in vana attesa
di nanna
Il filo d’orizzonte
confuso
spinge
il poeta
a navigare
per lidi antichi
in speranza
Barche colorate
sanno di fango
alghe e mare
Gatti di Camogli
lasciano orme
sole
e reti lasciate
colgono sassi
 
Viene voglia
di indossare ombrello
e nuotare
nuotare
nuotare



E poi le rose
di Cristina Bove
 
 
E poi le rose
dai toni più profondi a quelli chiari
rose nelle spirali dei miei giorni
rose di cui si veste il mio pensiero
e sulle labbra petali vermigli
sangue che scorre profumato e lento
per offrirsi alla vita
tra le spine
 
 
e tra le spine il mio fiorire ancora
rosa d’inverno che resiste al gelo
 
 
splendo di nuovo a maggio
ancora vivo
in questa sorprendente primavera.
 
 
Da Il respiro della luna – Il Foglio, 2008





Villino della flanella (maggio 1927)
di Tiziana Monari






Tra il glicine e la belladonna fiorita
vivo di pietra e calcina
brillava nel vento d’autunno il villino


lassù dove si vendeva l’amore,dove la fiamma si perdeva nel buio
e c’erano uomini col sigaro spento tra i denti
donne con pelle di luna, il corpo offerto a lubriche voglie
salamandre attardate in uno squarcio di sole
sirene immolate ad un eterno canto d’Ulisse


si faceva l’amore al villino
nell’aria sgombra d’aprile, nelle burrasche di un ottobre inoltrato
si assaporava l’acqua dolce del rivo, il languore dell’estate randagia
il caos inquieto di impotenze perdute.


E nel buio Marì sognava l’infrazione del male
sognava di fuggire sul carro del sole
e nella dolcissima agonia di dicembre
vestiva d’oro il suo corpo gemente nel commiato finale


ogni giorno vedeva cadere la neve sui bisbigli dell’anima
sul cuore diventato di pietra
e di notte contava il ricordo di un amore lontano
di un bacio rubato in un giardino di rose.


La trovarono nel silenzio ondulato di maggio
le briglie spezzate, un pugnale conficcato nel cuore
allungata in un’ombra vestita di bianco
sul comodino un fiore d’arancio
un biglietto dove chiedeva perdono per essere stata una lucciola
per aver brillato di una luce non sua


la luna mandava bagliori d’argento sul suo corpo da sfinge
sugli occhi che fissavano il vuoto
la faccia cadente di un cielo lontano.