lunedì 14 giugno 2021

I maestri e l’estate

 



A mia madre dalla sua casa

di Mario Luzi

  

M'accoglie la tua vecchia, grigia casa

steso supino sopra un letto angusto,

forse il tuo letto per tanti anni. Ascolto,

conto le ore lentissime a passare,

più lente per le nuvole che solcano

queste notti d'agosto in terre avare.

Uno che torna a notte alta dai campi

scambia un cenno a fatica con i simili,

infila l'erta, il vicolo, scompare

dietro la porta del tugurio. L'afa

dello scirocco agita i riposi,

fa smaniare gli infermi ed i reclusi.

Non dormo, seguo il passo del nottambulo

sia demente sia giovane tarato

mentre risuona sopra pietre e ciottoli;

lascio e prendo il mio carico servile

e scendo, scendo più che già non sia

profondo in questo tempo, in questo popolo.




Acqua alpina

di Antonia Pozzi


Gioia di cantare come te, torrente;
gioia di ridere
sentendo nella bocca i denti
bianchi come il tuo greto;
gioia d’essere nata
soltanto in un mattino di sole
tra le viole
di un pascolo;
d’aver scordato la notte
ed il morso dei ghiacci.




Era color del mare

di Camillo Sbarbaro

 

Era color del mare e dell'estate

la strada fra le case e i muri d'orto

dove la prima volta ti cercai.

All'incredulo sguardo ti staccasti

un po' incerta dall'altro marciapiede.

Nemmeno mi guardasti. Mi stringesti,

con la forza di chi s'attacca, il polso.

A fianco procedemmo un tratto zitti.

Una macchina adesso mi portava,

procella appena dominata, verso

il luogo di quel primo appuntamento.

Già la svolta il mio cuore riconosce

e, raffica, la macchina imbocca,

ed ecco tu ti stacchi

un po' incerta dall'altro marciapiede.

(Non era che un crudele immaginare:

paralitico tenta con quest'ansia

la parte, se già il male guadagni).

Il tempo di pensarti; ma nell'attimo

che dolcissima spina mi trafisse!

Acuta come questa non mi desti

altra gioia, non mi potevi dare.

T'amavo. Amavo. Anche per me nel mondo

c'era qualcuno.

O strada tra le case, benedetta,

dove la prima volta nella vita

pietà d'altri che me mi strinse il cuore.





Estate in città

di Lionello Fiumi


Afa. Inerzia. Penzolano roventi
le tende di tela grigia
dei caffè, dove le tazze
si colmano di bibite diacce
febbrili di spume,
e la bramosia rossa delle facce
si curva rapida su quelle gocce d'inverno
sperdute
in mezzo all'arido furore dell'estate.

E fuori, implacabile,
la brutalità bianchissima della luce
che strozza le pupille.

E fuori, ad uscire dall'ombra,
tutta la piazza enorme come
schiaffo di luce.





Estiva

di Vincenzo Cardarelli

 

Distesa estate,
stagione dei densi climi
dei grandi mattini
dell'albe senza rumore
ci si risveglia come in un acquario
dei giorni identici, astrali,
stagione la meno dolente
d'oscuramenti e di crisi,
felicità degli spazi,
nessuna promessa terrena
può dare pace al mio cuore
quanto la certezza di sole
che dal tuo cielo trabocca,
stagione estrema, che cadi
prostrata in riposi enormi,
dai oro ai più vasti sogni,
stagione che porti la luce
a distendere il tempo
di là dai confini del giorno,
e sembri mettere a volte
nell'ordine che procede
qualche cadenza dell'indugio eterno.




Fine d'estate

di Attilio Bertolucci

 

Come  agosto finisce, la mattina
dopo una notte di pioggia si sente
(il cielo è più profondo ) che l'autunno
sta per venire; ci si guarda intorno
 e non si sa che fare: tutto
è fresco, rinnovato da uno smalto
 malinconico di perplessità!
Allora si gironzola, si sta zitti,
sappiamo che c'è tempo, ma che pure
 l'anno dovrà morire, ed il bel cielo,
il verde verniciato delle piante,
il rosso delle ruote ad asciugare,
l'incudine che suona di lontano,
lento cuore  del giorno, tutto parla
d'una partenza prossima, un addio.
La memoria è una strada che si perde
e si ritrova dopo un'ansia breve,
 tranquilla: già nel sole di settembre
scottante sulla schiena è un'altra estate,
 che le vespe ronzando sulle ceste
dell'uva bianca indorano, e si mischia
al loro volo il rumore nascosto
e perenne del grano che ventila
un vecchio attento e polveroso.



Il tuono

di Giovanni Pascoli

 

E nella notte nera come il nulla,
a un tratto, col fragor d'arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s'udì di madre, e il moto di una culla.




La processione

di Rocco Scotellaro


La processione è cominciata
già nella notte.
Vedo la fila dei mietitori
toccano la stella
l'unica rimasta
in cima alla strada tortuosa.
Nel mio viottolo budello
i ferri dei muli sulle selci
suonano mattutino.




Meriggiare

di Eugenio Montale

 

Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d'orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.

Nelle crepe dei suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch'ora si rompono ed ora s'intrecciano
a sommo di minuscole biche.

Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
mentre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.

E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com'è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.




Paesetto di riviera

di Alfonso Gatto

  

La sera amorosa 
ha raccolto le logge 
per farle salpare 
le case tranquille 
sognanti la rosa 
vaghezza dei poggi 
discendono al mare 
in isole, in ville 
accanto alle chiese.




Sera d'estate

di Giovanni Titta Rosa


La sera sull'ombre crescenti
delle ingiallite pioppaie
portò un respiro di venti
gli acri romori dell'aie.


Prostrati dall'afa, odorando

l'aria, i bovi assonnati
s'alzarono grevi, mugliando,
in cerca d'erbe, pe' prati.


Rigò un fischio l'aria e poi

una voce s'udì da un poggio
e sotto il tramonto roggio
eran tozze statue i buoi.


Rotear di rondini, stridi
lunghi sull'aie, fumare
di camini sull'annottare,
trafelati ritorni ai nidi.


Finché rintoccò una campana
e un guizzo di lampo dal monte
nero colorò l'orizzonte
e la cenere della piana.


 Su arbusti e pietre, tinnendo,
gocce caddero, tiepide, rare,
si fermò l'aria, le strade
stavan prone, attendendo.


Ma la notte ritrasse la scura
nuvola negli spazi lontani
e i venti, aridi cani,
ridiscesero nella pianura.




Trebbiatura

di Enrico Panzacchi


Meriggio. La macchina trebbia
ansando con rombo profondo.
Il grano, rigagnolo biondo,
già scorre. Nell'aria è una nebbia
sottile. Sogguarda per l'aia
il nonno, con faccia rubizza.
Nell'aria una rondine guizza
radendo la bassa grondaia.
E intanto, che ressa sul ponte
tra i mucchi di spighe e di paglia,
col sole che gli occhi abbarbaglia,
col sole che affuoca ogni fronte!
Le donne di rosse pezzuole
avvolgono le trecce sudanti.
Non s'odon né risa né canti.
Ma il nonno: «Su allegre, figliuole! ».












MondoBlog del 14 giugno 2021

 

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