Il palazzo Te a Mantova
di Renzo Montagnoli
Non
è solo perché è la città in cui sono nato, ma Mantova è un autentico gioiello,
una città d’arte fra le prime in Italia. È doveroso ammettere che il merito
di così tanto pregio sia della dinastia che per lungo tempo l’ha
governata, quei Corradi originari di Gonzaga, paese a sud del Po, che,
impossessatisi del potere con un colpo di stato a danno dei
reggenti Bonacolsi, seppero costruire nel corso dei secoli una signoria
fra le più famose e ammirate in Europa. Non fu certo facile per una piccola
entità diventare famosa e un faro per l’arte, fu un lavoro costante, continuo
che l’impose all’attenzione dei grandi regni delle epoche in cui i Gonzaga
dominarono; grandi diplomatici, seppero sempre barcamenarsi fra i vicini e
temibili stati limitrofi, in primis il ducato di Milano e poi
la Serenissima, grazie a un servizio segreto di grande valore e alla parentela
stretta con l’imperatore d’Austria, di cui, di volta in volta, erano cugini,
nipoti o cognati.
È
solo a loro che si deve la bellezza artistica della città, perché se
avessimo dovuto aspettare i nativi mantovani la città sarebbe rimasta un
borgo commerciale agricolo, magari di una certa importanza militare per la
difesa costituita dai laghi che la circondavamo e che ancora in buona parte la
attorniano.
Foto da web
Tutto
questo panegirico serve per introdurre a parlare di un’opera di rara bellezza,
inferiore forse al palazzo Ducale e al Castello di San Giorgio, ma senz’altro
ragguardevole. In pieno Rinascimento, Federico II Gonzaga (Mantova, 17 maggio
1500 –Marmirolo, 28 giugno 1540), figlio del marchese Francesco II e di
Isabella d’Este, abilmente guidato dalla madre riuscì a ottenere l’investitura
a duca, un titolo che non era solo onorifico, in quanto trasmissibile
agli eredi e che aveva una valenza solo di poco inferiore a quella di Principe.
Ben introdotto alla passione per le arti dalla genitrice, quest’uomo, che avrà
una vita relativamente breve, fu protagonista di burrascosi accordi
matrimoniali, che da sempre per i nobili erano sinonimo di accordi
patrimoniali. Si spiega così perché spesso i Signori, accanto alla moglie
ufficiale, avessero una o più amanti, e anche Federico II non sfuggì a questa
regola, essendo perdutamente innamorato di Isabella Boschetti, figlia
secondogenita di Giacomo, uomo di corte e d’armi dei Gonzaga. Di lei si
racconta che fosse molto bella, tanto da meritarsi il soprannome di
“Bella Boschetta”. Cosa non si fa per un’amata, quali desideri e idee si
annidavano nella mente del giovane Federico, come accasarsi senza rompere il
matrimonio con la ricca Paleologa? Pensa e ripensa al duca venne l’idea,
tanto utile a lui quanto ai terzi, perché avrebbe salvato le apparenze, pur
essendo la sua relazione nota a tutti. A quell’epoca la città era divisa dal
canale “Rio” in due grosse isole circondate dai laghi, poi ce n’era una terza,
più piccola, chiamata da tempi immemorabili Tejeto, termine poi abbreviato
in Te. Questo piccolo lembo di terra, disabitato, appariva l’ideale per
costruirvi una residenza patrizia discreta e comoda al palazzo, da utilizzarsi
non solo per convegni amorosi, ma come residenza per le feste, luogo di
ricevimento di personaggi influenti e famosi. Federico non lesinò sulle spese
e infatti scelse come progettista dell’opera un certo Giulio Romano
(Roma, 1499 – Mantova, 1 novembre 1546) che a quei tempi erano uno degli
architetti pittori più contesi. Questi in pratica ebbe carta bianca e
così poté dar sfogo alla sua grande vena artistica, edificando un palazzo che
ancor oggi meraviglia per la sua bellezza. Si tratta di un’opera imponente, un
edificio a pianta quadrata, con all’interno un cortile pure quadrato, e
che si snellisce su un lato grazie a un’ariosa esedra.
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Certo,
l’esterno si presenta bene, anzi è un bel colpo d’occhio, ma il meglio è
all’interno, con delle sale affrescate, come quelle dei Giganti, di Amore e
Psiche, delle aquile, dei venti o dello zodiaco, delle imprese, di Ovidio, del
Sole, dei bassorilievi, dei Cesari, e soprattutto dei cavalli. Sì, i famosi
cavalli dei Gonzaga, conosciuti e apprezzati in tutta Europa, al
punto che il dono di uno di essi era considerato un regalo di grandissimo
valore. In questa sala, normalmente destinata al ballo, le pareti sono
affrescate con i ritratti a grandezza naturale dei destrieri
preferiti dai Gonzaga, purosangue che per un ardito artificio ottico
sembrano seguire il visitatore con il loro sguardo fiero e mansueto. Inoltre, i
cavalli, per un accurato studio prospettico, sembrano uscire dalle pareti su
cui sono dipinti e vi assicuro che si rimane sbalorditi per questo effetto. La
sala è generalmente considerata una fra le più belle artisticamente esistenti
al mondo e un simile giudizio lo merita tutta, anche per la capacità
dell’architetto di darle un senso di grande profondità, pur non
essendo sì certo piccola, ma nemmeno assai grande.
In
mezzo a tanta magnificenza non poteva mancare un opportuno luogo appartato, una
piccola costruzione a fronte dell’esedra, denominata appartamento del Giardino
Segreto, non tanto forse un luogo di quiete e riflessione per il duca, bensì
una comoda e discreta alcova. Doveva essere certo un fiore stupendo
la Boschetti per meritare una simile dimora per una relazione nota anche
al di lei marito, ucciso poi in circostanze misteriose, sì che oltre le corna
dovette patire anche la morte violenta. Da lei Federico ebbe due figli:
Alessandro (1520 – 1580), dignitario di corte , e Emilia (1524 –
1573), data in sposa a Carlo Gonzaga, signore di Gazzuolo.
Foto da web
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Ecco,
forse senza la passione e l’amore, Mantova non avrebbe beneficiato di questo
tesoro artistico, perfettamente conservato, sede ogni tanto di grandi mostre,
ancora lì a testimoniarci di un glorioso passato di cui senza gran merito
godiamo i frutti.
Un’ultima
doverosa notizia: in Palazzo Te sono presenti alcune interessanti
collezioni permanenti. Mi riferisco: alla raccolta egizia
composta da oltre 500 pezzi reperiti dal collezionista mantovano
Giuseppe Acerbi, dal 1826 al 1834 Console Generale d’Austria in Egitto; alla
collezione mesopotamica Ugo Sissa, reperti archeologici raccolti fra il
1953 e il 1958 a Baghdad; alla collezione gonzaghesca, che
ricomprende una sezione numismatica e una dedicata ai sistemi di misurazione e
di capacità, monete e misure in uso appunto nei territori dei Gonzaga; alla Donazione
Mondadori, quadri di notevole valore di Federico Zandomeneghi e
Armando Spadini, frutto della liberalità della famiglia Mondadori.
Quando
visitare
Tutti
i giorni, con i seguenti orari dall’11 novembre 2013:
Lunedì:
13.00 – 18.000;
Martedì-Domenica:
9.00 – 18.00
I
prezzi del biglietto in vigore dall’11 novembre 2013:
Intero
€ 8,00
Ridotto
€ 5,00 (visitatori oltre i 65 anni, soci del TCI, gruppi di almeno
20 persone, possessori CARTARTE)
Ridotto
speciale € 2,50 (visitatori fra i 12 e i 18 anni; studenti
universitari)
Gratis
per i bambini fino a 11 anni.
Come
arrivare
In
treno Mantova è lungo la linea ferroviaria secondaria Modena – Verona
(poche corse, ritardi e cancellazioni piuttosto frequenti); dalla stazione
Ferroviaria di Mantova a Palazzo è una comoda passeggiata di un paio di KM.;
In
auto servirsi della A22 (autostrada del Brennero) – uscite di Mantova
Nord e Mantova Sud, distanti dal palazzo, rispettivamente 9 Km. e 10
Km.; ci sono ottimi parcheggi nelle vicinanze.
Dove
dormire e dove mangiare
Letto con grande piacere, davvero una bella proposta. Mi hai riportato alla memoria il bellissimo libro di M. Bellonci, Rinascimento privato, la storia straordinaria di Isabella d'Este, dei Gonzaga e dei tanti personaggi minori ma così ben delineati dall'autrice.
RispondiEliminaNon ho mai visitato il Palazzo Te, ma da come lo presenti è senz'altro una grande lacuna da parte mia non averlo ancora fatto, cercherò di rimediare presto.
Ciao
Piera
Grazie. Ho visitato il Palazzo Ducale, che é un gioiello, ma per questo mi é mancato il tempo. Sarà una delle mie mete della prossima primavera.
RispondiEliminaAgnese Addari