Vita di
Gabriele D’Annunzio
di Piero Chiara
Mondadori Editore
Biografia
Pagg. 447
ISBN 9788804474647
Prezzo €
10,00
Il Vate
Di biografie di
Gabriele D’Annunzio, personaggio assai noto, soprattutto per la sua vita fuori
da qualsiasi canone, ne sono state scritte innumerevoli, ma a me interessava
soprattutto quella di Pero Chiara, scrittore fra i miei preferiti. Il motivo?
Considerata la propensione dell’autore luinese a narrare, nel contesto delle
piccole realtà, di avventure spesso boccaccesche, ho pensato, non a torto, che un protagonista
della storia come D’Annunzio dovesse anche essere visto sotto l’aspetto che
forse più l’ha caratterizzato, cioè quell’insaziabile appetito sessuale che ha
contraddistinto tutta la sua vita. Non crediate, però, che il libro indugi solo
sulle numerose avventure galanti del Vate, perché invece fornisce anche un quadro puntuale ed esauriente di uomo che
fece di se stesso un vero e proprio mito.
Se 447 pagine sembrano tante, sono invece appena sufficienti per una
biografia di un personaggio poliedrico come D’Annunzio, e comunque prescindono
da una disamina della sua arte letteraria, che non era nelle intenzioni di
Chiara e per la quale si limita di tanto in tanto a degli incisi, quasi sempre
non benevoli, o riferendo degli insuccessi di rappresentazioni teatrali, o
accennando al vizietto che aveva di scopiazzare. Ne desumo, pertanto, che il
D’Annunzio letterato non fosse particolarmente apprezzato dal biografo, e del
resto, al riguardo, la critica non è concorde, passando dall’esaltazione alla
stroncatura. Credo, tuttavia, che la vita del poeta, narratore e drammaturgo
pescarese possa influire non poco sul giudizio delle sue opere, in cui sovente
si riflettono alcune delle tante esperienze vissute.
Ciò premesso,
posso dire che giunto, non con fatica, ma anzi con piacere all’ultima pagina,
il lavoro di Chiara è riuscito assai bene e fa emergere la figura, per certi
versi straordinaria, di un uomo che fece di se stesso un mito. E pensare che
era un tipo volubile, gran bugiardo, spendaccione oltre misura e sempre
inseguito dai creditori (vizio di famiglia questo), del tutto amorale,
ossessionato dal rapporto sessuale al punto che, in tarda età, per poterlo
praticare dovette ricorrere a sostanze stimolanti come la cocaina. Ma
D’Annunzio è anche l’uomo un po’ anarcoide, nazionalista, ma non fascista, che
si gettò nella prima guerra mondiale con un entusiasmo, mai scemato, che lo
portava a sfidare la morte con atti eroici; al riguardo, non si trattò solo del
volo su Vienna o della beffa di Buccari, ma anche di ripetute azioni sul fronte
che, se magari non arrecavano danni consistenti al nemico, avevano però il
pregio di galvanizzare i nostri soldati. Fu anche ferito (perse un occhio), ma
non in episodio bellico, bensì in uno sfortunato atterraggio del suo aereo. Da
questa sua partecipazione al conflitto trasse ulteriori fama e onori, con
promozioni, medaglie d’argento e anche una d’oro, e altri riconoscimenti degli
alleati, tutte cose a cui teneva in modo particolare, essendo un gran vanitoso,
tanto che mi è sorto il dubbio che certe imprese fossero motivate unicamente
dal desiderio di gettare ulteriore benzina sul fuoco del mito. Poi, come in
ogni essere umano, poiché la vita è una parabola, dopo il vertice raggiunto con
la questione fiumana, assai ben delineata da Chiara, iniziò la fase
discendente, il ritiro a Gardone nella bella villa, i continui foraggiamenti di
Mussolini, che lo temeva, vedendo in lui un possibile avversario, e infine
l’inesorabile e malinconico declino, chiuso nella sua prigione adorata, come
sempre attorniato da una corte di donne, ma sempre più l’ombra di se stesso,
fino alla morte, che avvertiva vicina, avvenuta a seguito di un aneurisma
cerebrale. Ma il Mito non doveva finire ed ecco allora il suo desiderio,
puntualmente realizzato, di far diventare la sua dimora (il Vittoriale) un
museo mausoleo, ancor oggi meta di numerosi turisti e curiosi.
Vita
di Gariele D’Annunzio è un buon libro, scritto in modo scorrevole, mai
greve, punteggiato qua e là dall’ironia dell’autore che, pur tuttavia,
accompagna le ultime pagine con un sincero senso di pietà, poiché con il
degrado fisico dovuto all’età il SuperUomo
D’Annunzio diventa l’uomo che se forse non teme la morte, avverte ogni giorno
l’approssimarsi della fine, l’ineluttabilità di un destino comune a tutti gli
esseri viventi. Corredato dall’indicazione di tutte le fonti l’opera di Chiara
assume una valenza storica che riesce anche a farci meglio comprendere quel
periodo di fine ‘800 e di inizi ‘900 in cui una vecchia struttura sociale
credeva di allontanare da sé lo spettro della sua imminente scomparsa
gettandosi nel più ampio appagamento dei sensi e che la Grande Guerra spazzerà
via. Il miglior rappresentante di questo stile di vita non poteva che essere
D’Annunzio, un uomo che al termine dei suoi giorni non deve aver potuto nemmeno
pensare che la sua esistenza fosse stata fatta solo di monotonia. Ha amato
tanto, anche troppo, ma negli ultimi anni era sostanzialmente solo, come
probabilmente solo aveva condotto la sua vita, fatta solo di passioni sfrenate
e di soddisfazioni carnali, senza la tranquilla presenza di un autentico
affetto.
Da leggere.
Piero Chiara nacque a Luino nel 1913 e morì a
Varese nel 1986. Scrittore tra i più amati e popolari del dopoguerra, esordì
in narrativa piuttosto tardi, quasi cinquantenne, su suggerimento di
Vittorio Sereni, suo coetaneo, conterraneo e grande amico, che lo invitò a
scrivere una delle tante storie che Chiara amava raccontare a voce. Da Il
piatto piange (Mondadori, 1962), che segna il suo esordio vero e
proprio, fino alla morte, Chiara scrisse con eccezionale prolificità,
inanellando un successo dopo l'altro.
E’ stato autore particolarmente fecondo e fra le sue numerose pubblicazioni
figurano Il piatto piange (1962), La spartizione (1964), Il
balordo (1967), L’uovo al cianuro e altre storie (1969), I
giovedì della signora Giulia (1970), Il pretore di Cuvio (1973), La
stanza del Vescovo (1976), Il vero Casanova (1977), Il cappotto di
Astrakan (1978), Una spina nel cuore (1979), Vedrò
Singapore? (1981), Il capostazione di Casalino e
altri 15 racconti(1986).
Recensione
di Renzo Montagnoli
Recensione, come al solito, impeccabile. Credo che questa biografia sia veramente un qualche cosa di speciale.
RispondiEliminaAgnese Addari
Visitai il Vittoriale diversi anni fa, e mi colpì moltissimo. Non mi entusiasmò, devo dire, anzi, mi lasciò una sorta di amaro in bocca. Ne ricordo ancora molti particolari, e quell'eccesso, vi era troppo di tutto... Per non parlare del primo impatto davanti a quella porta troppo piccola. Ricordo che la guida, davanti alle nostre perplessità, disse che per poter entrare bisognava inchinarsi davanti alla cultura. Credo si trattasse di una citazione dello stesso D'Annunzio.
RispondiEliminaChiedo scusa per la mia divagazione.
Come sempre, ho letto quest'ultima bella recensione con curiosità e interesse, mi è sembrato di ripercorrere per intero la vita di quest'uomo tanto intelligente quanto assurdo, non riesco a collocarlo tra gli autori preferiti, mi ha sempre infastidito la sua presunzione, sin da quando ero una ragazzina. Mi piace invece P. Chiara, sono certa che la sua sia un'ottima biografia, lo studio di un uomo in fondo "ordinario", con i suoi eccessi, i suoi comportamenti plateali, le sue miserie.
Grazie.
Piera
Ho letto questa biografia alcuni anni fa e sono d'accordo con Piero Chiara che ha ben evidenziato il motivo del successo di D'Annunzio, non tanto per meriti letterati (in verità assai modesti), ma per quella sua capacità di mitizzarsi.
RispondiEliminaLa recensione é altrettanto riuscita essendo riuscito l'estensore a cogliere il pensiero di Chiara, rendendolo chiaramente comprensibile al lettore.
Federico Rosati
Mi scuso per gli errori nel mio commento, laddove "letterati" va modificato in "letterari", Per quanto concerne l'ultimo periodo prego sostituire a "Essendo riuscito" "essendo stato capace".
RispondiEliminaGrazie.
Federico Rosati