Cammina
con l’acqua: breve vacanza in Alta Val Seriana
“Terra,
che ‘l Serio bagna, e ‘l Brembo inonda,
che monti, e valli mostri all’una mano,
ed all’altra il tuo verde, e largo piano
or ampia, ed or sublime, ed or profonda;
perch’io cercassi pur di sponda in sponda
Nilo, Istro, Gange, o s’altro è più lontano,
o mar da terra chiuso, o l’Oceano
che d’ogni intorno lui cinge, e circonda;
riveder non potrei parte più cara,
e gradita di te, da cui mi venne
in riva al gran Tirren famoso Padre,
che fra l’arme cantò rime leggiadre,
benchè la fama tua pur si rischiara,
e si dispiega al Ciel con altre penne”.
che monti, e valli mostri all’una mano,
ed all’altra il tuo verde, e largo piano
or ampia, ed or sublime, ed or profonda;
perch’io cercassi pur di sponda in sponda
Nilo, Istro, Gange, o s’altro è più lontano,
o mar da terra chiuso, o l’Oceano
che d’ogni intorno lui cinge, e circonda;
riveder non potrei parte più cara,
e gradita di te, da cui mi venne
in riva al gran Tirren famoso Padre,
che fra l’arme cantò rime leggiadre,
benchè la fama tua pur si rischiara,
e si dispiega al Ciel con altre penne”.
Torquato
Tasso (1586), Rime,
Einaudi
L’Italia
offre al visitatore luoghi meravigliosi, da nord a sud, e una varietà
di paesaggi che nella loro specificità regalano a chi li frequenta
non solo stimoli visivi ma anche culturali.
Recentemente
sono stata in val Seriana, la culla del fiume Serio, nelle Prealpi
Orobie e vi ho scoperto dei luoghi meravigliosi. Invitata da un caro
amico, ho raggiunto Bergamo con la mia famiglia- marito e due bimbi
di sette e nove anni- sul finire di questo caldo luglio 2016. In
realtà Bergamo ci accolti con un temporale rinfrescante che ci ha
permesso di smaltire in breve i quaranta gradi della Sardegna, terra
dei miei natali.
Superato
il primo sconcerto e valutata la possibilità di salire comunque in
montagna, ci siamo diretti verso Valbondione, il comune più
settentrionale della provincia di Bergamo, per raggiungere a piedi il
rifugio Antonio Curò, meta e punto di appoggio per le successive
escursioni.
Il
comune è anche il più esteso fra quelli della provincia e annovera
tre vette che superano i tremila metri: Pizzo Coca, Pizzo Redorta e
Punta Scais. Il paese è bagnato dal fiume Serio che nasce alle
pendici del monte Torena presso l’omonimo passo del Serio e che,
nutrito da numerosi torrenti in uno splendido tripudio di acque,
arricchisce la principale valle, Bondione appunto, con il suo
spettacolare salto che dà origine alla cascata del Serio, un
triplice salto per complessivi 315 metri, il
più alto d'Italia e il secondo in Europa.
Il
primo impatto visivo percorrendo il sentiero che conduce al rifugio è
proprio dato dalla cascata che, sebbene sia chiusa a causa
dell’invaso artificiale creato a monte nel 1931, riesce comunque a
suggerire la potenza della sua discesa e sfiata incessante i suoi
acquatici gorgoglii anche serrata. Attualmente un accordo tra l’Enel
e il comune garantisce l’apertura delle cascate secondo un
calendario che sposa l’alta stagione turistica e permette di godere
di questo spettacolo anche in notturna. Noi non l’abbiamo potuto
ammirare ma ciò non è motivo di cruccio: il Serio è stato comunque
il protagonista indiscusso dei nostri itinerari. Ve ne offro un
percorso a ritroso, d’altronde l’etimologia della parola Serio ci
porterebbe, secondo alcune fonti, al significato di cammina con
l’acqua. E allora, avviamoci.
SENTIERO
305 – VALBONDIONE- RIFUGIO CURO’
Stimato
per un tempo di percorrenza di tre ore, il sentiero parte da quota
940 m, risale il fianco della valle lasciando in basso il corso del
fiume. Caratterizzato da un ampio sterrato nel tratto iniziale,
percorribile anche in jeep fino al punto di partenza della teleferica
che porta i viveri al rifugio, si trasforma in mulattiera che
dolcemente conduce a superare l’ampio dislivello che termina ai
1915m del Rifugio Curò, superato anche un suggestivo salto aereo
scavato sulla roccia del monte. Chi conosce il territorio, percorre
questo sentiero anche a sera inoltrata per poi ritornare con la sola
luce di una frontale, semplicemente per gustare i favolosi piatti del
cuoco e rifugista Angelo che insieme a Fabio e alle rispettive mogli
tiene in gestione il “Curò” da diversi anni con passione e
successo.
IL
VECCHIO RIFUGIO E IL MODERNO OSTELLO
Giunti
a monte ciò che colpisce è l’accostamento del vecchio col nuovo,
il moderno ostello precede il vecchio rifugio, ma salendo è lui che
vedi , è lui che agogni. Il design moderno dell’ostello più alto
d’Europa non ruba al cuore il desiderio del vecchio: è lì che
berrai una birra fresca, è lì che mangerai una squisita fetta
torta, è lì che cercherai compagnia anche se alloggerai in una
camera confortevole dotata di bagno privato. L’ostello, finanziato
in parte con i soldi dell’U.E. ha innescato vive polemiche
sull’opportunità stessa della sua esistenza in quanto, in parte,
tradisce lo spirito della montagna; personalmente penso che sia
un’opportunità in più di ricezione che poi ognuno è libero di
scegliere o meno. Abbandoniamo le polemiche e torniamo ai sentieri.
SENTIERO
308 RIFUGIO CURO’- RIFUGIO BARBELLINO
Il
rifugio Curò si affaccia su un invaso artificiale che dal 1931 fa
confluire, raccogliendole, le acque delle valli limitrofi: Trobio,
Cervera, Malgina. I torrenti Serio e Trobio sono i suoi immissari più
importanti mentre l’unico emissario è il Serio. È comunque un
paesaggio ameno quello che la mano dell’uomo ha così modificato
per scopi produttivi e l’impatto ambientale, al di là degli orridi
tralicci e dell’imponente costruzione della diga, non ne risente
più di tanto. Il visitatore curioso, aggirando il vecchio rifugio,
potrà avere occasione anche di un incontro ravvicinato e incredibile
con gli stambecchi. Essi, infatti si abbarbicano sulla ripidissima
parete dell’invaso per leccare il salnitro che vi si deposita e si
rimane semplicemente affascinati da questa visione che ha
dell’incredibile. Ho visto con i miei occhi gli agili animali
sfidare le leggi della gravità e spingersi ad altezze impossibili
vista la pendenza quasi al limite del percorribile per un quadrupede.
Il
sentiero 308, ottima la segnalazione dei percorsi a cura del CAI di
Bergamo, permette di raggiungere il vero, in quanto naturale, Lago
Barbellino dove si può essere accolti da un altrettanto grazioso
rifugio, il Barbellino appunto. Questa escursione è una vera e
propria passeggiata con lievi pendenze e ci permette di ammirare il
bacino artificiale in tutta la sua ampiezza, costeggiandolo . Nel
tratto iniziale, superata una cappella dedicata a Giulio Albini e una
suggestiva spada nella roccia, ci si ritrova a dedicare il pensiero
alle vittime della montagna: esistono infatti sul sentiero due
lapidi, la prima che ricorda quattro giovani sorpresi da una slavina
e una seconda che ricorda una giovane donna. Chi conosce bene quei
luoghi sa che la particolare conformazione delle valli rende il
territorio particolarmente esposta a valanghe e slavine. Il percorso
è un vero e proprio tripudio di acque, le si supera sui ciottoli, le
si lascia con un salto, le si affronta con l’aiuto di ponti
appositamente creati, la si beve per dissetarsi direttamente dalla
parete rocciosa. Il lago regala poi un'altra emozione: è di un blu
vivido e le sue acque sono gelate; qualche intrepido vi fa il bagno
comunque.
SENTIERO
RIFUGIO CURO’- PIZZO DEI TRE CONFINI
Il Pizzo
dei Tre
Confini (2.824m
) è situato lungo il crinale che collega il Monte Gleno al Pizzo
Recastello. Il
nome che porta questa montagna deriva dal fatto che sulla vetta
convergevano i confini dei tre comuni di Vilminore, Lizzola e
Bondione, questi ultimi due ora sono invece aggregati con Fiumenero a
costituire il Comune di Valbondione.
Sempre
costeggiando il lago artificiale, incontrata la prima cascata a
destra, si imbocca il sentiero naturalistico Antonio Curo’( primo
presidente del CAI di Bergamo), esso nacque per fini bellici ma non
fu mai utilizzato in questo senso. Il sentiero sale fino all’imbocco
della valle Cerviera e offre diverse varianti: si possono vedere i
laghi, incrociare gli alpinisti diretti al Pizzo Recastello oppure
approfittare dell’assenza di neve per provare l’emozione di
percorrere un breve tratto di cresta e superato l’ultimo
impegnativo dislivello giungere in vetta sperando di poter suonare la
campana. A noi non è successo: ci siamo arrivati- io con grande
fatica dovuta all’utilizzo di una calzatura non adeguata, i bambini
felici con l’appoggio di tre bravi escursionisti ( ma lo sono anche
loro) - ma la campana è stata tolta, spero non rubata!
La
faticosa e impegnativa salita è stata altamente ricompensata dalla
visione dei nevai, degli stambecchi, dall’aria già rarefatta per
una che vive a pochi metri sul livello del mare nella pianura più
pura. È stata la prima vetta da me conquistata con la sola forza
delle mie gambe e ne sono veramente contenta anche perché stiamo
parlando di un sentiero ai confini dell’alpinismo o perlomeno
impegnativo dal punto di vista escursionistico e io l’ho percorso ,
dopo il tradimento degli scarponi, con un sandalo da montagna. Nella
retina impressa l’istantanea del Gleno, mai così vicino:
indelebile. La vescica? E chi la ricorda più!
SENTIERO
308/310 RIFUGIO CURO’- LAGO DELLA MALGINA- LAGO GELT
Riprendendo
il sentiero che porta al lago Barbellino per poi abbandonarlo
impegnando la salita a sinistra (sentiero 310) è possibile scoprire
due perle di questo affascinante territorio e ancora sentire cantare
le acque. Mentre si salgono le ripide pietraie che conducono alla
riparata conca che ospita il lago, si odono e si vedono precipitare
le acque in infiniti salti, cascate, spruzzi, gorgoglii. Il lago
della Malgina, 2339, è quasi deprivato dei raggi del sole, se a
giugno è ancora ricoperto di neve a fine luglio ne rimane qualche
debole residuo nelle sponde meno esposte.
La
sua vista è pienamente godibile sia arrivando dal sentiero citato
sia risalendo il residuo tratto che porta al lago Gelt dove è
possibile a più riprese fotografare questa meraviglia dall’alto.
Il lago Gelt, a quota 2562, è invece noto per la sua caratteristica
forma di cuore e per il fatto che per buona parte dell’anno rimane
ghiacciato. Noi l’abbiamo visto allo stato liquido ma circondato
ancora da ghiaccio e neve. Purtroppo la sua caratteristica forma non
è percepibile se non dall’alto e a noi è stata ovviamente
preclusa la possibilità di proseguire oltre per una serie di fattori
che ho già evidenziato ( presenza di bambini, calzatura non
adeguata, preparazione fisica nel mio caso, e in ultimo cambio
repentino delle condizioni meteorologiche).
Le
nostre escursioni in alta Val Seriana si sono così concluse
lasciando un ricordo vivo e pungente come la nostalgia di un bel
luogo che si è vissuto, non solo visitato.
Auguro,
a chi interessato, la visita di questi luoghi, anche in famiglia: si
può fare!
N.B.
Le fotografie a corredo dell’articolo sono state scattate
dall’autore e sono riportate per lo più in ordine casuale, anche
se sono riferite all’intera escursione.
Bello leggere questo diario di viaggio, mi ha riportato indietro di tanti anni. Conosco un poco le valli bergamasche, anche se i ricordi si sono oggi abbastanza sbiaditi per via del tempo trascorso. Per questo è stato un piacere "rivisitarle".
RispondiEliminaGrazie all'autrice e a te, Renzo.
Piera