lunedì 26 settembre 2016

Cammina con l’acqua: breve vacanza in Alta Val Seriana, di Siti




Cammina con l’acqua: breve vacanza in Alta Val Seriana
di Siti



Terra, che ‘l Serio bagna, e ‘l Brembo inonda, 
che monti, e valli mostri all’una mano,
 
ed all’altra il tuo verde, e largo piano
 
or ampia, ed or sublime, ed or profonda;
 

perch’io cercassi pur di sponda in sponda
 
Nilo, Istro, Gange, o s’altro è più lontano,
 
o mar da terra chiuso, o l’Oceano
 
che d’ogni intorno lui cinge, e circonda;
 

riveder non potrei parte più cara,
 
e gradita di te, da cui mi venne
 
in riva al gran Tirren famoso Padre,
 

che fra l’arme cantò rime leggiadre,
 
benchè la fama tua pur si rischiara,
 
e si dispiega al Ciel con altre penne”.
 
Torquato Tasso (1586), Rime, Einaudi

L’Italia offre al visitatore luoghi meravigliosi, da nord a sud, e una varietà di paesaggi che nella loro specificità regalano a chi li frequenta non solo stimoli visivi ma anche culturali.
Recentemente sono stata in val Seriana, la culla del fiume Serio, nelle Prealpi Orobie e vi ho scoperto dei luoghi meravigliosi. Invitata da un caro amico, ho raggiunto Bergamo con la mia famiglia- marito e due bimbi di sette e nove anni- sul finire di questo caldo luglio 2016. In realtà Bergamo ci accolti con un temporale rinfrescante che ci ha permesso di smaltire in breve i quaranta gradi della Sardegna, terra dei miei natali.
Superato il primo sconcerto e valutata la possibilità di salire comunque in montagna, ci siamo diretti verso Valbondione, il comune più settentrionale della provincia di Bergamo, per raggiungere a piedi il rifugio Antonio Curò, meta e punto di appoggio per le successive escursioni.
Il comune è anche il più esteso fra quelli della provincia e annovera tre vette che superano i tremila metri: Pizzo Coca, Pizzo Redorta e Punta Scais. Il paese è bagnato dal fiume Serio che nasce alle pendici del monte Torena presso l’omonimo passo del Serio e che, nutrito da numerosi torrenti in uno splendido tripudio di acque, arricchisce la principale valle, Bondione appunto, con il suo spettacolare salto che dà origine alla cascata del Serio, un triplice salto per complessivi 315 metri, il più alto d'Italia e il secondo in EuropaIl primo impatto visivo percorrendo il sentiero che conduce al rifugio è proprio dato dalla cascata che, sebbene sia chiusa a causa dell’invaso artificiale creato a monte nel 1931, riesce comunque a suggerire la potenza della sua discesa e sfiata incessante i suoi acquatici gorgoglii anche serrata. Attualmente un accordo tra l’Enel e il comune garantisce l’apertura delle cascate secondo un calendario che sposa l’alta stagione turistica e permette di godere di questo spettacolo anche in notturna. Noi non l’abbiamo potuto ammirare ma ciò non è motivo di cruccio: il Serio è stato comunque il protagonista indiscusso dei nostri itinerari. Ve ne offro un percorso a ritroso, d’altronde l’etimologia della parola Serio ci porterebbe, secondo alcune fonti, al significato di cammina con l’acqua. E allora, avviamoci.





SENTIERO 305 – VALBONDIONE- RIFUGIO CURO’
Stimato per un tempo di percorrenza di tre ore, il sentiero parte da quota 940 m, risale il fianco della valle lasciando in basso il corso del fiume. Caratterizzato da un ampio sterrato nel tratto iniziale, percorribile anche in jeep fino al punto di partenza della teleferica che porta i viveri al rifugio, si trasforma in mulattiera che dolcemente conduce a superare l’ampio dislivello che termina ai 1915m del Rifugio Curò, superato anche un suggestivo salto aereo scavato sulla roccia del monte. Chi conosce il territorio, percorre questo sentiero anche a sera inoltrata per poi ritornare con la sola luce di una frontale, semplicemente per gustare i favolosi piatti del cuoco e rifugista Angelo che insieme a Fabio e alle rispettive mogli tiene in gestione il “Curò” da diversi anni con passione e successo.





IL VECCHIO RIFUGIO E IL MODERNO OSTELLO
Giunti a monte ciò che colpisce è l’accostamento del vecchio col nuovo, il moderno ostello precede il vecchio rifugio, ma salendo è lui che vedi , è lui che agogni. Il design moderno dell’ostello più alto d’Europa non ruba al cuore il desiderio del vecchio: è lì che berrai una birra fresca, è lì che mangerai una squisita fetta torta, è lì che cercherai compagnia anche se alloggerai in una camera confortevole dotata di bagno privato. L’ostello, finanziato in parte con i soldi dell’U.E. ha innescato vive polemiche sull’opportunità stessa della sua esistenza in quanto, in parte, tradisce lo spirito della montagna; personalmente penso che sia un’opportunità in più di ricezione che poi ognuno è libero di scegliere o meno. Abbandoniamo le polemiche e torniamo ai sentieri.



SENTIERO 308 RIFUGIO CURO’- RIFUGIO BARBELLINO
Il rifugio Curò si affaccia su un invaso artificiale che dal 1931 fa confluire, raccogliendole, le acque delle valli limitrofi: Trobio, Cervera, Malgina. I torrenti Serio e Trobio sono i suoi immissari più importanti mentre l’unico emissario è il Serio. È comunque un paesaggio ameno quello che la mano dell’uomo ha così modificato per scopi produttivi e l’impatto ambientale, al di là degli orridi tralicci e dell’imponente costruzione della diga, non ne risente più di tanto. Il visitatore curioso, aggirando il vecchio rifugio, potrà avere occasione anche di un incontro ravvicinato e incredibile con gli stambecchi. Essi, infatti si abbarbicano sulla ripidissima parete dell’invaso per leccare il salnitro che vi si deposita e si rimane semplicemente affascinati da questa visione che ha dell’incredibile. Ho visto con i miei occhi gli agili animali sfidare le leggi della gravità e spingersi ad altezze impossibili vista la pendenza quasi al limite del percorribile per un quadrupede.
Il sentiero 308, ottima la segnalazione dei percorsi a cura del CAI di Bergamo, permette di raggiungere il vero, in quanto naturale, Lago Barbellino dove si può essere accolti da un altrettanto grazioso rifugio, il Barbellino appunto. Questa escursione è una vera e propria passeggiata con lievi pendenze e ci permette di ammirare il bacino artificiale in tutta la sua ampiezza, costeggiandolo . Nel tratto iniziale, superata una cappella dedicata a Giulio Albini e una suggestiva spada nella roccia, ci si ritrova a dedicare il pensiero alle vittime della montagna: esistono infatti sul sentiero due lapidi, la prima che ricorda quattro giovani sorpresi da una slavina e una seconda che ricorda una giovane donna. Chi conosce bene quei luoghi sa che la particolare conformazione delle valli rende il territorio particolarmente esposta a valanghe e slavine. Il percorso è un vero e proprio tripudio di acque, le si supera sui ciottoli, le si lascia con un salto, le si affronta con l’aiuto di ponti appositamente creati, la si beve per dissetarsi direttamente dalla parete rocciosa. Il lago regala poi un'altra emozione: è di un blu vivido e le sue acque sono gelate; qualche intrepido vi fa il bagno comunque.



SENTIERO RIFUGIO CURO’- PIZZO DEI TRE CONFINI
Il Pizzo dei Tre Confini (2.824m ) è situato lungo il crinale che collega il Monte Gleno al Pizzo Recastello. Il nome che porta questa montagna deriva dal fatto che sulla vetta convergevano i confini dei tre comuni di Vilminore, Lizzola e Bondione, questi ultimi due ora sono invece aggregati con Fiumenero a costituire il Comune di Valbondione.  Sempre costeggiando il lago artificiale, incontrata la prima cascata a destra, si imbocca il sentiero naturalistico Antonio Curo’( primo presidente del CAI di Bergamo), esso nacque per fini bellici ma non fu mai utilizzato in questo senso. Il sentiero sale fino all’imbocco della valle Cerviera e offre diverse varianti: si possono vedere i laghi, incrociare gli alpinisti diretti al Pizzo Recastello oppure approfittare dell’assenza di neve per provare l’emozione di percorrere un breve tratto di cresta e superato l’ultimo impegnativo dislivello giungere in vetta sperando di poter suonare la campana. A noi non è successo: ci siamo arrivati- io con grande fatica dovuta all’utilizzo di una calzatura non adeguata, i bambini felici con l’appoggio di tre bravi escursionisti ( ma lo sono anche loro) - ma la campana è stata tolta, spero non rubata!
La faticosa e impegnativa salita è stata altamente ricompensata dalla visione dei nevai, degli stambecchi, dall’aria già rarefatta per una che vive a pochi metri sul livello del mare nella pianura più pura. È stata la prima vetta da me conquistata con la sola forza delle mie gambe e ne sono veramente contenta anche perché stiamo parlando di un sentiero ai confini dell’alpinismo o perlomeno impegnativo dal punto di vista escursionistico e io l’ho percorso , dopo il tradimento degli scarponi, con un sandalo da montagna. Nella retina impressa l’istantanea del Gleno, mai così vicino: indelebile. La vescica? E chi la ricorda più!




SENTIERO 308/310 RIFUGIO CURO’- LAGO DELLA MALGINA- LAGO GELT
Riprendendo il sentiero che porta al lago Barbellino per poi abbandonarlo impegnando la salita a sinistra (sentiero 310) è possibile scoprire due perle di questo affascinante territorio e ancora sentire cantare le acque. Mentre si salgono le ripide pietraie che conducono alla riparata conca che ospita il lago, si odono e si vedono precipitare le acque in infiniti salti, cascate, spruzzi, gorgoglii. Il lago della Malgina, 2339, è quasi deprivato dei raggi del sole, se a giugno è ancora ricoperto di neve a fine luglio ne rimane qualche debole residuo nelle sponde meno esposte.
La sua vista è pienamente godibile sia arrivando dal sentiero citato sia risalendo il residuo tratto che porta al lago Gelt dove è possibile a più riprese fotografare questa meraviglia dall’alto. Il lago Gelt, a quota 2562, è invece noto per la sua caratteristica forma di cuore e per il fatto che per buona parte dell’anno rimane ghiacciato. Noi l’abbiamo visto allo stato liquido ma circondato ancora da ghiaccio e neve. Purtroppo la sua caratteristica forma non è percepibile se non dall’alto e a noi è stata ovviamente preclusa la possibilità di proseguire oltre per una serie di fattori che ho già evidenziato ( presenza di bambini, calzatura non adeguata, preparazione fisica nel mio caso, e in ultimo cambio repentino delle condizioni meteorologiche).

Le nostre escursioni in alta Val Seriana si sono così concluse lasciando un ricordo vivo e pungente come la nostalgia di un bel luogo che si è vissuto, non solo visitato.
Auguro, a chi interessato, la visita di questi luoghi, anche in famiglia: si può fare!

N.B. Le fotografie a corredo dell’articolo sono state scattate dall’autore e sono riportate per lo più in ordine casuale, anche se sono riferite all’intera escursione.






1 commento:

  1. Bello leggere questo diario di viaggio, mi ha riportato indietro di tanti anni. Conosco un poco le valli bergamasche, anche se i ricordi si sono oggi abbastanza sbiaditi per via del tempo trascorso. Per questo è stato un piacere "rivisitarle".
    Grazie all'autrice e a te, Renzo.
    Piera

    RispondiElimina