Materada
di Fulvio
Tomizza
Bompiani
Editore
Narrativa
romanzo
Collana I
grandi tascabili
Pagg. 192
ISBN 9788845244346
Prezzo € 7,50
L’epica della povera gente
Dice bene Claudio Magris quando scrive, a proposito
di Materada (il primo romanzo di Fulvio Tomizza),: “Quando uscì nel 1960 “Materada”
– il primo e ancor oggi miglior romanzo dell’allora giovanissimo e sconosciuto
Fulvio Tomizza – arricchì di una nuova e forte pagina la poesia della
frontiera, delle sue lacerazioni e della sua unità;….Il mondo da cui nasceva
“Materada” - l’Istria nel momento
dell’ultimo esodo, nel 1954 – era un mondo realmente straziato dai rancori,
torti e vendette sanguinose fra italiani e slavi e Tomizza l’aveva vissuto e
patito.”.
Materada è un piccolo borgo vicino alla più grande
Umago, in una terra di frontiera, questa dell’Istria, punto d’incontro di tante
etnie (Italiani, Slavi e Croati), nei secoli assoggettati alla Repubblica
Veneta, all’Impero Austro-Ungarico, all’Italia e infine inglobati nell’allora
nascente Jugoslavia.
E’ una terra aspra, ricca di contrasti, che si
riflettono anche nei suoi abitanti, perennemente diffidenti, e non solo a
livello di etnie, ma anche all’interno di ciascuna di esse, in forza di quella
precarietà del proprio luogo di vita che tutto condiziona e tutto contrappone.
Al termine dell’ultima guerra mondiale, dopo lunghe
trattative diplomatiche, a seguito del Memorandum di Londra si definì un nuovo
assetto territoriale che assegnò alla Jugoslavia gran parte della Venezia
Giulia (in pratica quasi tutta l’Istria e le terre ad Est di Gorizia) dando
luogo a un massiccio flusso migratorio dell’etnia italiana verso il nostro
paese.
Tomizza, che visse quei periodi, di questo parla in
Materada,
un romanzo corale, per quanto incentrato sulla famiglia Kozlovich, in cui si
riflette l’esperienza personale dell’autore. E’ un’opera in cui speranze,
delusioni e rassegnazioni si avvicendano, emergono, si assopiscono, ritornano.
E’ palpabile lo stato d’animo degli italiani, l’emarginazione nei loro
confronti del regime comunista di Tito, un intreccio di storie di tanta povera
gente la cui unica e ultima scelta è di restare, perdendo la propria identità
nazionale, o andarsene verso l’ignoto, un’epopea di un esercito di straccioni
alla ricerca di una patria definitiva. E in questa storia se ne insedia
un’altra, quella della rivendicazione della famiglia Kozlovich della terra
dello zio, sulla quale hanno lavorato e dato il sangue, perché la terra deve
essere di chi la lavora. La figura del vecchio parente, attaccato alle sue
proprietà, gaglioffo, sfruttatore per istinto sembra rappresentare
l’onnipotenza di chi ha la forza, è la stessa protervia che ha diviso,
smembrato, sradicato la popolazione italiana dell’Istria. Si parla di confini
come espressione geografica, ma i politici e i diplomatici nulla sanno, oppure
vogliono ignorare, i diritti delle genti che là nascono, vivono e muoiono.
Il romanzo è spesso crudo, la narrazione è pure
sofferta, ma il ricordo della propria terra, quando riemerge, è autentica
poesia, che raggiunge anche vertici sublimi, come nelle ultime pagine, con
quella messa senza prete in cui tutti si ritrovano prima della partenza.
Materada è semplicemente stupendo.
Fulvio Tomizza (Giurizzani di Materada, Umago, 26 gennaio 1935 –
Trieste, 21 maggio 1999). Figlio di piccoli proprietari agricoli, dediti anche
a varie attività commerciali, ottenuta la maturità classica, si trasferì
temporaneamente a Belgrado e a Lubiana, dove iniziò a lavorare occupandosi di
teatro e di cinema.
Ma nel 1955, quando l’Istria passò sotto
l’amministrazione jugoslava, Tomizza,
benché legato visceralmente alla sua terra, si trasferì a Trieste, dove rimase
fino alla morte, tranne che negli ultimi anni trascorsi nella natia Materada.
Scrittore di frontiera, riscosse ampi consensi di
pubblico e di critica (al riguardo basti pensare ai numerosi premi vinti: nel
1965 Selezione Campiello per La quinta
stagione, nel 1969 il Viareggio per L’albero
dei sogni, nel 1974, nel 1986 e nel 1992 ancora Selezione Campiello
rispettivamente per Dove tornare, per
Gli sposi di via Rossetti e per I rapporti colpevoli, nel 1977 e nel
1979 lo Strega e quello del Governo Austriaco per la letteratura Europea per La miglior vita).
Ha pubblicato: Materada (1960), La ragazza di
Petrovia (1963), La quinta stagione (1965), Il bosco di acacie (1966), L’albero
dei sogni (1969), La torre capovolta (1971), La città di Miriam
(1972), Dove tornare (1974), Trick, storia di un cane (1975), La miglior vita
(1977), L’amicizia (1980), La finzione di Maria (1981), Il male viene dal
Nord (1984), Ieri, un secolo fa (1985),
Gli sposi di via Rossetti (1986), Quando Dio uscì di chiesa (1987), Poi venne
Cernobyl (1989), L’ereditiera veneziana (1989), Fughe incrociate (1990), I
rapporti colpevoli (1993), L’abate Roys e il fatto innominabile (1994), Alle
spalle di Trieste (1995), Dal luogo del sequestro (1996), Franziska (1997), Nel
chiaro della notte (1999).
Per ulteriori approfondimenti consiglio Fulvio
Tomizza, un saggio molo bello e interessante scritto da Grazia Giordani.
Recensione
di Renzo Montagnoli
Mi sono acculturata molto volentieri. Bella recensione.
RispondiEliminafranca
Tomizza è molto bravo. Secondo me, il suo mromanzo più bello è La miglior vita.
RispondiEliminaCome al solito una recensione impeccabile. Ho letto quasi tutti i libri di Tomizza, Materada é bello, ma concordo con il sig. Montagnoli riguardo alla Miglior vita: è il suo capolavoro e in certe pagine è veramente sublime.
RispondiEliminaAgnese Addari