Foto da web
Micromegafavoletta
di Sergio Sozi
Il mio paese si
chiama Nariciopoli, ed è cosí minuscolo che sta interamente in un vaso di
palmette e mandarini nani, messo in un terrazzo insieme ad altri vasi. Quando
piove, o il gigantesco dio dà acqua alle ''sue'' piante, sotto le nostre
abitazioni si creano diversi fiumiciattoli e tutti ci fanno il bagno, me
compreso che sarei il poeta ufficiale (ai poeti è vietato lavarsi col sapone,
però possono divertirsi a nuotare con i bambini). D'estate la temperatura è
mite e a novembre finiamo sulle scale del palazzo, dove non si gela anche se
fuori nevica.
Insomma, è un
posticino confortevole e a viverci siamo il numero giusto, ma frenate la
curiosità e non sprecate energie nel cercarlo, perché è invisibile agli
estranei (per via di un antico incantesimo, Nariciopoli può essere soltanto
sognata ed esclusivamente dai minori di diciotto anni).
Le nostre case
sono alte come nasetti di neonati e ne hanno anche la forma, se non il colore:
ce ne sono di rosso pomodoro e di verde fondale marino, di giallo zafferano e
di azzurro bibita (sí: a Nariciopoli le bevande gassate sono rigorosamente
azzurre, ecco perché nessuno le consuma e le usiamo per fare i pediluvi).
Oltre al
capotribú, abbiamo soltanto un altro personaggio importante, ed è quel che
comunemente vien definito un ''ladro'', a vederlo manco troppo distinto:
calzamaglia nera che ne riveste l'agile corpo, guanti di velluto viola, scarpe
da tennis e sguardo acuto. Berretto a nasetto, che fa anche rima.
Di costui vale la
pena di parlarne, perché è un tipo speciale.
Non è attratto da
ori, argenti e rubini. E nemmeno da preziosi vasi a figure rosse su sfondo
nero, risalenti all'antica Grecia. Se poi, casualmente, egli trovasse un
portafogli pieno di banconote nel giardino pubblico, lo scanserebbe con un
piede protestando disgustato: «Ma chi è che insozza l'erba?!».
Un'unica cosa lo
fa impazzire: i piccoli nasi. Ed appunto, si tratta del celebre Ladro di
Nasetti. Sin dalla notte dei tempi è cosí: il padre, il nonno, tutti i suoi
antenati svolgevano la stessa attività
professionale; tanto che, insisti insisti, sono diventati aristocratici,
con il di nobiliare, le iniziali
maiuscole ed un modesto ma ridente feudo, con villa a naso di dea egizia.
Questo, in un
panorama tanto normale, vi sembrerà un particolare strano.
Allora
spieghiamone i motivi.
Qui i nasetti non
solamente li portiamo in giro noi, attaccati in faccia tra due occhi e sopra
una bocca, ma crescono dappertutto in terra, meglio se all'ombra e in zona
umida riparata dai venti. E-sat-ta-men-te come i funghi. Basta raccoglierne
uno, staccarsi il proprio e sostituirlo. Cosí la gente non si stanca mai di
guardarsi allo specchio. Però, spesso accade che uno non si riconosca, la
mattina appena sveglio, in bagno: «Ma chi è 'sto mostro con una banana piantata
in faccia?!». E pianti, strilli, mariti arrabbiati e mogli inviperite:
«Ma come hai
fatto, Gino, a farti un naso a patata? Ripristina quanto prima la melanzana che
avevi ieri!»
«Magari! Chissà
dove sarà finita, ormai».
Eccetera ecceterona,
potrete immaginare da soli le scene.
Ebbene, il Ladro
di Nasetti è un nostro benemerito concittadino, in possesso di strabilianti
poteri che lo rendono capace di fare ordine: restituire a Tizio il naso che era
finito a Caio e a Caio il proprio che aveva messo le radici sotto una quercia,
e cosí via. Li ritrova tutti. E solo quando ha proprio fame, se ne mangia
qualcuno in salmí o lesso.
Inoltre, siccome
noi nariciopolitani non amiamo visitare altri vasi (non si sa mai che ceffi
possano girarci!), il Signor Ladro è anche l'unico a viaggiare, quando senta
l'esigenza di un import-export di
materia prima, cioè, manco a dirlo, di nasetti. E...
...e
laddove gli capitasse di trovarsi coinvolto in storie particolari, lui, appena
tornato in patria, cosa fa?
Ovvio, amici miei:
riunisce l'intero villaggio in piazza San Fazzoletto di Seta e ce le racconta,
meglio se davanti a un bel piatto di nasetti farciti alla cacciatora,
innaffiati da Vino di Nuvole invecchiato. Eccovi dunque una sua avventura,
risalente a diverso tempo fa (ma non saprei a quando, perché qui non ci sono
segnatempo e calendari, solo albe e tramonti che nessuno conta).
Il Ladro, quella
buia e tempestosa notte di un turbolento inverno, valicando alti muri di coccio
e sconfinati deserti piastrellosi, era finito in un luogo davvero lontano,
sconosciuto ed elevato. Sfinito per la fatica, s'era sdraiato su un ramo e
stava osservando un'enorme oliva nera pendente là vicino, quando aveva sentito
una vocina:
«Chi sei, che
vuoi, cosa fai?»
Sembrava gentile.
Dunque: «Sono il
Ladro di Nasetti» aveva risposto «e vengo da Nariciopoli. Per caso vi serve la
mia opera?»
«Qui sul Monte
Olivo, noi formiche nerazzurre avremmo bisogno solo di un cuor di leone, capace
di cambiare il naso al Grande Porco mentre dorme».
«Perché, forse
costui non lo vuole, un grugno nuovo? Lo migliorerebbe esteticamente, a quel
che ne so di tale razza».
«Aspetta. Quello è
un vero dittatore e noi formiche, per portargli a domicilio il cibo, lavoriamo
senza requie. Siccome una volta gli abbiamo chiesto di lasciarci riposare
almeno a turno, ridendo ci ha risposto cosí: Se qualcuno riuscirà a trasformarmi il muso senza che io me ne accorga,
vi concederò delle vacanze piacevoli come quelle delle cicale; ma attenzione:
divorerei in un boccone chiunque nel farlo osasse svegliarmi. Allora,
amico, vuoi provarci? Saresti il primo».
La sfida era
ardua, perché i poteri anestetizzanti di cui era dotato il Ladro, fuori
Nariciopoli, non avevano alcuna efficacia. Eppure con un furbo sorrisetto il
nostro eroe annuí, decidendo di agire subito. Gli era balenata in testa un'idea
che, con un pizzico di buona sorte, avrebbe potuto funzionare.
In breve, giunto
sotto al cupo palazzo del Porco dormiente, vi notò in alto una finestra aperta
e cominciò, saltellando come suo solito, ad arrampicarsi per raggiungerla.
Felpatamente, passando di grondaia in cornicione e di cornicione in balconcino,
quando infine fu dentro non poté rinunciare ad esalare un sospiro di stupore:
si trovava in un salone vastissimo, deserto e illuminato a giorno da molti
lampadari e candelabri. Dovunque, mobili dorati, lussuose poltrone ed enormi
quadri. Al centro, un lungo tavolo apparecchiato per una persona.
Il minuscolo
Ladro, superata la prima soggezione, prese ad andarsene a zonzo come un topo
per le altre, numerose, stanze: sapeva cosa cercare. E quel che cercava,
concluse terminato il giro, per fortuna lí non c'era... neanche nei bagni.
Cosí, rincuorato, penetrò nella tenebrosa camera da letto del padrone di casa:
il Porco, davanti a lui, era una montagna che russava da far tremare il
pavimento.
«È buio, qui,
fatti vedere!» Urlò il Ladro con quanto fiato aveva in gola.
Il Porco, sicuro
di sé, senza neanche levarsi dal giaciglio accese il fievole lume del comodino:
«Dove sei,
screanzato?» Grufola stropicciandosi gli occhietti assonnati.
«Vedi? Sono questo
mostro tremendo. E se non fai quel che ti comando, di' le tue ultime
preghiere», rispose il Ladro in tono minaccioso.
Il Porco a quel
punto rantolò per lo spavento: davanti a sé poteva vedere solo un orribile
mostro, ancor piú spaventoso a causa della semioscurità in cui era immerso.
«Ordina, sarà
subito fatto!» Implorò.
«Giura
solennemente che permetterai alle formiche del tuo regno di riposare tutte le
notti!»
«Lo giuro!»
«Bene, forse ti
risparmio la vita. Adesso giura che domani mattina manderai un banditore su
tutte le strade della città, a proclamare questa tua decisione!»
«Giuro anche
questo».
«Bene. Ora spegni
il lume e dormi. Qualunque cosa ti succeda, non osar muovere un muscolo o aprire
gli occhi. E ricordati che se mi disubbidisci, torno qui e ti riduco in
prosciutti e salami».
La luce fu spenta.
Cosí il nostro eroe si nascose sotto il letto, attese che il maiale si
riassopisse, tornò sopra il materasso e scambiò il grugno grigio del Re con un
bel muso rosa. Poi lasciò palazzo e reame e non vi tornò mai piú.
Be', volete sapere
chi aveva visto il Porco di tanto terrorizzante quella notte?
Solamente la sua
faccia, riflessa nello specchietto che il Ladro aveva portato con sé,
immaginando (come in realtà fu) di non trovarne alcuno nella reggia.
Molto divertente. La racconterò ai miei nipotini.
RispondiEliminaAgnese Addari
Salve a tutti, sono l'autore,Sozi.
RispondiEliminaVorrei ringraziare Renzo per la pubblicazione, tutti voi per la lettura e la signora Addari per il suo proposito di inserire il racconto nella ''tradizione orale'' - unico vero modo per uno scrittore di divenire immortale...
Salutoni
Sergio Sozi
Ah ah ah! Divertentissima, quasi un cartone animato.
RispondiEliminaStefano
Ho letto il racconto con piacere. Mi sono davvero divertito.
RispondiEliminaNe emerge che la violenza dei forti si possa dominare con l'astuzia dell'intelletto.
Saluti da
Lorenzo
Grazie anche a Stefano e Lorenzo (Russo?). Non so cosa emerga dal mio raccontino: io ho solo voluto divertirmi un po' coi meccanismi fiabeschi tradizionali dopo aver letto integralmente le ''Fiabe italiane'' di Italo Calvino... mea maxima culpa... eh eh eh...
RispondiEliminaSaluti cari
Sozi
Proprio carina. Leggendo, sembra di sentirla raccontare oralmente. Buon segno! Piacerà ai figli dell'autore, agli altri ragazzini e, perché no, anche agli adulti.
RispondiEliminafranca
Divertente e leggera.
RispondiEliminaSandro Ravazza
Sono una nonna e l'ho letta al mio nipotino di 4 anni. Ci siamo divertiti tutti e due.
RispondiEliminaLuciana
Ulteriori ringraziamenti ai benemeriti signori Franca, Sandro Ravazza e Luciana.
RispondiEliminaConfermo il divertimento di mia figlia - novenne - e aggiungo di avere altre favole nel cassetto. In attesa di pubblicazione? Sperem...
Graziosa, la favoletta.
RispondiEliminaLa creatività dell'autore Sergio non trova limiti.
Cordilmente, A. Bertoli
Grazie anche a Lei di cuore, sig. Bertoli.
RispondiEliminaUna favola accattivante, capace di coinvolgere anche gli adulti. In effetti, dietro i personaggi fantasiosi del racconto ci siamo noi, gli umani, c'è il "cattivo", con un aspetto naturalmente sgradevole ed un atteggiamento che allontana, c'è il ladro "buono" e piccolo che ha comunque il coraggio di sfidarlo, e lo fa usando la furbizia. E ci sono i tanti minuscoli abitanti di minuscoli paesi che si muovono dentro il racconto con vivacità.
RispondiEliminaDopo la lettura si fatica un istante nel tornare alla realtà.
Grazie.
Piera
Cara Piera,
RispondiEliminavivere nella realta' e' cosa che dipende da ognuno di noi: c'e' chi ci sta in un modo, chi in un altro, chi poco, chi niente, chi troppo. Non esiste una dittatura della realta', per fortuna. Come starci - e se starci - dipende da noi, dalle nostre fantasia, indole, volonta', determinazione.
Salutoni
Sergio Sozi
GRazie della segnalazione, Sergio! Complimenti, un bel testo!
RispondiEliminaAlfonso Lentini
Grazie a te, Alfonso.
RispondiEliminaAbbraccio
Sergio