9 agosto 378 il giorno dei barbari
di Alessandro Barbero
Editori Laterza
Storia
Pagg. 248
ISBN 9788842084099
Prezzo € 11,00
La fine dell’Antichità e l’inizio del
Medioevo
La storia mi è sempre piaciuta, perché la
conoscenza del passato può aiutare a comprendere molti fatti del presente e
addirittura a prevederne altri che potrebbero avvenire in futuro. È per questo
motivo che, benché non sia di certo un appassionato di programmi televisivi, quando
mi è possibile non mi lascio sfuggire quelli proposti da Rai Storia. E appunto
guardando alcuni di questi, cime quello sulle Crociate, mi sono imbattuto in un
professore universitario piemontese, Alessandro Barbero, che mi ha stupito per
la semplicità con cui è capace di raccontare grandi avvenimenti storici, non
disgiunta da una sana ironia che finisce inevitabilmente per attrarre il
telespettatore. Da lì e reperire presso la biblioteca del mio paese
un suo libro il passo è stato breve e la mia scelta è caduta su 9
Agosto 378 Il giorno dei barbari. Non è un caso se ho optato per questo
titolo, ma, così a memoria, ricordo che nei miei studi scolastici la fine
dell’impero romano e con esso dell’antichità, con avvio al medioevo, era
liquidata in poche pagine, tanto che quasi all’improvviso lo studente
apprendeva della divisione dell’impero romano in due entità: quello d’occidente
e quello d’oriente; nulla i libri riportavano sul perché di questa divisione e
i miei insegnanti nulla aggiungevano, poi cominciavano le invasioni dei
barbari, degli Unni, dei Goti, degli Ostrogoti, un susseguirsi di guerre
deleterie esposte inin paio di paginette. Era quindi logico il mio
desiderio di approfondire, di colmare quelle incolpevoli lacune scolastiche che
creavano nella mia mente una situazione confusa, un succedersi di eventi di cui
non riuscivo a trovare il filo, come se si fosse trattato di fatti con
correlati, ma del tutto autonomi. Devo dire che questo bel saggio di Barbero è
pienamente venuto incontro alle mie esigenze, e ciò seguendo un
discorso razionale, lasciando ben poco spazio alla fantasia, in modo semplice e
accattivante, così che la lettura, oltre che particolarmente istruttiva, mi è
risultata facile, per nulla greve, anzi di una particolare e appagante gradevolezza.
Insomma si può dire che il professor Barbero scrive come parla in televisione e
mi auguro che sia altrettanto chiaro, completo e piacevole quando
insegna.
C’è da chiedersi perché è importante
questa data, che cosa è accaduto il 9 agosto 378, un giorno tale da restare
memorabile. Ebbene si svolse la battaglia di Adrianopoli, città sita nella
provincia romana della Tracia, che corrispondeva all’attuale Turchia europea.
Lo scontro vide contrapposti da un lato l’imperatore dell’Impero romano d’oriente
Valente con il suo ben addestrato esercito e
dall’altro Fritigerno con i suoi Goti. L’esito fu fatale ai romani,
che vennero pressoché annientati e fra essi anche Valente. Barbero, nel prologo
al suo libro, tiene a precisare come questa battaglia comunque non sia famosa
come quelle di Waterloo e di Stalingrado, anche se il suo esito finì con il
segnare, come opinione anche di altri storici, la fine dell’Antichità e
l’inizio del Medioevo. L’autore è molto bravo nel delineare gli antefatti,
ponendo in luce le trasformazioni intervenute nell’impero romano, le diversità
esistenti fra la parte occidentale e quella orientale dello stesso, la
diffusione della religione cristiana fra i barbari, quella religione che era
già quella ufficiale nell’impero, ed è altrettanto capace di tratteggiare le
conseguenze di questa sconfitta, cioè quella caduta inarrestabile di Roma, al
cui tonfo si evidenziò quel periodo da non pochi considerato oscuro, ma che
pure aveva anche dei valori non indifferenti, e che viene chiamato
Medioevo. Credo di poter dire di essere sostanzialmente in accordo
con il pensiero di Barbero, tranne in un elemento non certo da poco: la
decadenza. Secondo l’autore l’impero non era certamente in condizioni salde e
floride, ma non poteva essere considerato in condizioni di collassare
gradualmente. Al riguardo, tuttavia, Barbero cita, dando prova di molta
obiettività, in quanto di opinione contraria alla sua, il Gibbon, storico
inglese che ha scritto un’opera di grande valore (Declino e caduta
dell’impero romano) in base alla quale l’impero, alla vigilia delle
famose invasioni barbariche, era un’entità in profonda decadenza. Personalmente
sto conGibbon, perché già da diverso tempo Roma era minata profondamente nella
sua struttura da tutta una serie di problemi, alcuni dei quali peraltro
evidenziati anche da Barbero, e che la facevano apparire sì come un colosso, ma
dai piedi d’argilla. Queste erano le cause: secoli di conquiste e poi la
decisione di fermarsi, perché i confini, troppo ampliati, erano difficili da
difendere; la penuria nell’esercito di autentici romani che faceva sì che
annoverasse nei suoi ranghi soprattutto truppe barbare; un flusso migratorio
dalle zone poco civilizzate, agevolato sia per rimpolpare i corpi militari, sia
per disporre di mano d’opera a basso costo; l’incertezza del potere, con
imperatori che si succedevano con troppa rapidità, imposti dai loro stessi
soldati; la diffusione del cristianesimo, che sminuiva la figura
dell’imperatore, non più divino, e che cercava di allentare la schiavitù; la
corruzione sempre presente a ogni livello; il vizio di mettere nei posti di
responsabilità persone solo fedeli, ma spesso incapaci; la crisi economica, con
un’inflazione crescente.Messe tutte insieme collaborarono alla disgregazione
dell’impero e la battaglia diAdrianopoli è solo il fatto che di colpo
mette alla luce una fragilità a lungo nascosta. Ed è strano come la
storia si ripeta: spostiamoci di circa 1.600 anni e possiamo rilevare come
parte di queste cause sia presente anche oggi, nel nostro Stato, augurandoci
che non vi sia un’altra Adrianopoli e che quell’atmosfera da basso
impero che si respira venga alla fine fugata. Questo riscontro è un’ulteriore
prova di come la conoscenza del passato possa spiegare il presente.
Corredato da un ampio elenco
bibliografico, il saggio di Barbero è ampiamente meritevole di essere letto e,
sempre per restare in epoca romana, è una lettura talmente piacevole che mi
sento di dire che anche per questo, come per pochi altri, vale la
locuzione latina jucunde docet.
Alessandro Barbero insegna Storia
medievale presso l’Università del Piemonte Orientale, sede di Vercelli.
Studioso di prestigio, noto al largo pubblico, ha pubblicato molti volumi. Bella
vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo è il primo dei suoi romanzi di successo (Premio Strega
1996, tradotto in sette lingue), al quale altri sono seguiti, tutti editi da
Mondadori. Per Laterza è autore di opere più volte ristampate, alcune delle
quali tradotte nelle principali lingue.
Recensione di Renzo Montagnoli