lunedì 10 gennaio 2022

Vecchi editoriali, ma sempre attuali

 



Il bombardamento mediatico

di Renzo Montagnoli

 

Fra  i tipi di bombardamento aereo quello a tappeto appare il più terribile, considerato che un'area prefissata viene di fatto saturata di bombe. I pochi sopravvissuti ne escono normalmente con profonde ferite morali e psicologiche.

Ci sono altri tipi di bombardamento assai più subdoli e che provocano pure danni incalcolabili; mi riferisco, in particolare, al bombardamento mediatico, a quel sistema che impone la notizia allo spettatore assiso davanti al televisore.

Una volta, e non si tratta di molti anni fa, c'era la notizia, in genere breve e succinta, lasciando un suo eventuale approfondimento a trasmissioni specifiche inserite successivamente nel palinsesto.

Oggi, invece, la notizia viene ripetuta ossessivamente e non è più la comunicazione del semplice evento, ma una sorta di bombardamento a tappeto da cui si esce frastornati e, spesso, del tutto indifferenti.

Si scava dentro la notizia, si passa al setaccio la vita dei protagonisti, si proclamano vere e proprie illazioni come verità sacrosanta. Mai, da come è entrata in vigore la legge sulla riservatezza, la cosiddetta privacy, questa è stata violata deliberatamente e senza alcun limite.

E' di questi giorni la notizia del tentato suicidio di un ex giocatore della Juventus, una vicenda triste gettata in pasto al pubblico, ripetuta ossessivamente, con contorni frequentemente in contrasto fra di loro.

Poi, una volta che questa vittima – perché di vittima si tratta con la sua vita alla mercé di tutti – riuscirà, come gli auguro, a superare i gravi traumi dell'evento, ritornerà nell'oblio, in quella normalità in cui era sempre vissuta.

Ci sono casi ancora più eclatanti, soprattutto quando coinvolgono minori, fatti in cui la morbosità prende il sopravvento. Allora la notizia assume tinte torbide, anche se magari l'evento in se stesso non lo è, ma è evidente che quanto più si può rimestare, spesso inventando di sana pianta, tanto meglio riesce il servizio.

Mi sono chiesto più volte il perché di un simile comportamento e alla fine ho formulato due ipotesi, che possono benissimo coesistere.

La prima è la scarsa professionalità di quasi tutti i giornalisti, lottizzati dai partiti, asserviti volontariamente agli stessi; in questo quadro viene privilegiato non il più capace, ma il più servizievole, il più disponibile.

L'altra rientra in un generale programma, voluto o meno, di sradicamento culturale dei telespettatori, ormai avvezzi a vedere spettacoli che , a definirli spazzatura, è già l'essere magnanimi. Imperano le fiction dove vengono mostrati aspetti della vita che assai difficilmente trovano riscontro con la realtà, in una sorta di girone infernale dove i più comuni sentimenti vengono annichiliti da piattezze di pessimo gusto.

Del resto è in atto una tendenza a trasformare tutto in fiction, a far vivere la gente lontana dalla realtà, intorpidendone le coscienze.

E mentre sono ormai sparite da tempo le commedie di grandi autori del teatro e perfino i concerti, assai rari, vengono relegati a ore impossibili, veniamo bombardati da reality show, programmi che di reale non hanno nulla e che invece sono un vero e proprio monumento all'imbecillità.


(29 giugno 2006)



L'inutilità della pace

di Renzo Montagnoli

 

A essere sincero la mia intenzione era di scrivere dell'inutilità della guerra, ma poi ho riflettuto e per una volta ho voluto mettermi nei panni di chi, a vario titolo, trae benefici da una belligeranza.

E non parlo tanto delle fabbriche di armi che pure vivono solo se non c'è pace, ma di tanti, anche se pochi rispetto all'intera umanità, che aborrono la pace, nonostante che a parole dicano il contrario.

Questi signori, intesi come signori della guerra, perché dell'origine etimologica della parola non hanno nulla, sono quelli poi che a vario titolo incidono sulle nostre vite.

Il campionario, se pur ridotto, è abbastanza vasto, e ritengo opportuno metterlo in evidenza.

Troviamo, così, i detentori di immense ricchezze, accumulate non certo onestamente, ricomprendendo in tal senso anche l'onestà morale. E' gente che spesso si professa devota, che segue impeccabile le messe domenicali, che offre somme generose ai diseredati, che ha tutto l'interesse a mantenere tali., perché nella scacchiera del potere rappresentano i pedoni, facilmente sacrificabili per i loro meno nobili scopi.

Sono individui subdoli, spesso dall'atteggiamento paternalistico che sa essere accattivante, sempre pronti a indignarsi per le malefatte che loro stessi hanno commesso.

Il mantenimento di un continuo stato di tensione, di paura consente a questi loschi figuri di tener ben saldo il loro potere, con l'inevitabile conseguenza che, atteggiandosi a difensori della libertà dell'umanità, ai più appaiono come dei benefattori, come a dire che l'abito fa il monaco.

E' inutile cincischiare su ideologie politiche di destra o di sinistra, perché questi “signori” sono sempre esistiti, anche in epoche remote.

Chi ha il denaro ha il potere e chi ha il potere decide per gli altri e può accumulare altro denaro.

La struttura di potere, però, deve interagire con altre minori, al fine di evitare che la suburra si accorga della trappola ed ecco che allora ci sono i vassalli, politici di professione, che nell'ammucchiata generale trovano adeguato spazio per soddisfare i loro istinti di potenza.

Non è possibile, però, dimenticare anche l'apparato  clericale che fa di qualsiasi religione una professione. E se in passato abbiamo assistito a sacerdoti che benedivano le bandiere di combattimento ora possiamo notare l'esacerbazione estremistica di una fede, oppure il debole richiamo a un generico senso di pace che lascia tutto il tempo che trova.

Ci sono inoltre altri motivi che congiurano per il mantenimento delle guerre.

Immaginatevi se una mattina dovesse scoppiare la pace.  

Le fabbriche di armi dovrebbero cessare la produzione, licenziando centinaia di migliaia di addetti che si troverebbero immediatamente sul lastrico. I sindacati si farebbero immediatamente vivi chiedendo ad alta voce i necessari provvedimenti che, nella fattispecie, sarebbero costituiti dal sorgere di nuovi conflitti.

Le organizzazioni umanitarie, così prodighe nei confronti delle vittime dei conflitti, si vedrebbero del tutto inutili e senza più sovvenzioni. Migliaia di operatori insorgerebbero e, senza invocare la guerra, ricorderebbero i bei tempi in cui il mondo era dilaniato da conflitti.

I militari di professione dovrebbero fare i conti con questa fase di recessione e potete scommettere che non ne sarebbero contenti.

A seguire, in una spirale contorta, cadrebbero le commesse di divise, di calzature speciali, insomma di tutto ciò che è connesso a un'attività bellica.

Per certi paesi sarebbe un'immane disgrazia, gli stessi che ora fondano tutta la loro economia su questa particolare produzione.

No, la pace sarebbe una calamità di incalcolabili effetti.

E pensare che l'uomo che lotta contro le malattie è lo stesso che giorno dopo giorno, con la sua ignavia, con la sua credulità, con il suo piccolo interesse uccide se stesso.

Ci sarà mai un mondo in pace?

Forse è meglio chiedersi se potrà mai esistere un mondo senza i “predoni” della pace. 


(16 settembre 2006)


Il valore

di Renzo Montagnoli

 

Se andiamo a vedere, su un qualsiasi dizionario della lingua italiana, il significato della parola valore restiamo colpiti dalle invero numerose accezioni. Si va da ciò che una persona o una cosa valgono, al complesso di qualità che rende una persona degna di considerazione o di stima, oppure si intende così definire, con una forma arcaica, la virtù, la nobiltà d'animo, senza dimenticare che questo sostantivo significa anche coraggio o ardimento.  Un'altra accezione si riferisce invece al complesso delle qualità positive e ideali che costituiscono punti di riferimento fondamentali, considerate secondo un criterio di giudizio personale o, soprattutto, mutuate da un determinato ambito sociale e culturale.

Non vado oltre, perché i significati sarebbero ancora non pochi, ma quelli enunciati fino a ora bastano e avanzano per questa riflessione.

E' doloroso constatare che di tutte queste accezioni le uniche effettivamente rimaste in uso sono solo un paio, mentre la più importante, l'ultima in ordine  di enunciazione, sembrerebbe tramontata. Si sente infatti spesso dire che la nostra civiltà non ha più valori, mentre attribuisce la massima importanza al concetto pecuniario di valore, con estensione anche alla caratterizzazione dell'uomo ideale: ha denaro, è potente e quindi è di alto valore.

Diciamo pure che, quasi senza che ce ne siamo accorti, si è passati da un concetto morale di valore a un concetto materiale.

La sostituzione, però, comincia a mostrare tutti i suoi limiti, con una progressiva accentuazione del grado di insoddisfazione. Infatti, se assume rilevanza l'individuo solo per le sue possibilità economiche, la naturale rincorsa a somigliargli porterà inevitabilmente a trovare sempre che ci sarà qualcuno di maggior valore e l'invidia non è mai apportatrice di felicità, perché a ogni iniziale appagamento seguirà sempre, e in misura ancor più rapida, la consapevolezza che si è raggiunto solo uno dei numerosissimi traguardi.

I valori di un tempo che, sommariamente, possiamo elencare in fede, patria e famiglia, pur presentando a volte delle distorsioni anche pericolose, riuscivano a polarizzare una società in una meta che accomunasse tutti, senza metterli in contrasto fra di loro.

La famiglia va da tempo disgregandosi, anzi c'è il rischio che progressivamente sparisca; la patria, intesa come l'unione di genti che hanno comunanze profonde, ormai è quasi morta, anche per effetto di una globalizzazione selvaggia che non porta benefici se non a pochi e in ogni caso sempre di carattere economico; la fede, o comunque il senso morale, resistono più in un aspetto di facciata che non in una effettiva consapevolezza di ciò che l'uomo vuole dare a base e significato della sua vita.

Erano valori, questi, che non procuravano ricchezze materiali, ma che rendevano, coloro che erano partecipi, certi del loro modo d'agire e anche soddisfatti della loro esistenza, almeno a livello morale.

Il mettere, invece, al centro della propria vita solo il successo è limitare grandemente le possibilità umane, è togliere quello strato di coesione di base che aiuta meglio a sopportare le delusioni, che consente di non precipitare in un baratro se qualche cosa non va per il verso giusto, e in un mondo in cui la competizione è esasperata, dove i colpi bassi sono la norma, è da mettere in conto che sarà più facile cadere che salire.

Quando si lotta senza i valori morali alla base, la sconfitta nell'unico scopo a cui si è orientata la propria esistenza è una tragedia immane, perché non c'è nulla a cui aggrapparsi e quello che resta è solo il vuoto.


(29 dicembre 2006)



La dignità

di Renzo Montagnoli

 


Tranne rari casi patologici nel nostro paese non si muore più di fame, ma l'indigenza, anche se considerata con parametri diversi rispetto al passato, esiste e non è per nulla un fenomeno sporadico, anzi va aumentando in modo impressionante.

Colpisce, soprattutto, i percettori di reddito fisso, non adeguatamente tutelati dai danni dell'inflazione che, chissà per quali motivi, risulta sempre, come indice Istat, di gran lunga inferiore alla realtà. Mi si dice che dipenda dai beni del cosiddetto “paniere” e senz'altro è così, ma quando si va a fare la spesa ben poco interessa sapere che il costo della vita in Italia è aumentato solo del 2% quando, conti alla mano, comprando sempre le stesse cose si può verificare incrementi di prezzo da gennaio a dicembre largamente superiori al dato ufficiale.

Ma li avete mai visti dei vecchietti, marito e moglie, che si aggirano negli ipermercati controllando e ricontrollando i prezzi dei prodotti? Non è tirchieria, ma è proprio il conteggiare di chi con fatica arriva a fine mese. Non hanno vestiti all'ultima moda, ma abiti che, benché in ordine, portano il segno del tempo, non tubano con cellulari dell'ultima generazione, ma parlano sottovoce fra di loro. Proprio oggi, mentre ero al banco della frutta, una coppia di anziani guardava la merce esposta e, mio malgrado, ho colto qualche frase del loro discorrere a bassa voce.

Lei gli diceva di prendere un po' di mele, un paio di chili, ma lui ribadiva che voleva prendere delle banane, perché lei ne aveva bisogno come aveva detto il medico. E ogni tanto si lamentavano dei prezzi di questi due frutti, fino a quando sono arrivati a un forzato accordo: 10 banane per lei e 5 mele per lui.

Hanno messo gli acquisti nel carrello, dove c'erano soprattutto confezioni di latte, nessuna bistecca (d'istinto, impulsivamente, ho gettato un'occhiata) e poi sono andati alla cassa, in silenzio, quasi mortificati.

Forse questo è un caso limite, ma purtroppo conosco tante situazioni di gente che effettivamente fa quasi i salti mortali per arrivare alla fine del mese. Però, nessuno di questi si lamenta con gli altri, nessuno impreca, tutti indossano il vestito della loro indigenza con una dignità che è propria degli umili, oppressi dall'indifferenza dei più e dall'ingordigia di quelli che non dovrebbe dimenticarli, ma che invece li considerano cittadini di serie B, di nessuna utilità per il loro vorace tornaconto.

A volte mi chiedo come possa vivere sereno un politico, un parlamentare qualsiasi, che percepisce un reddito di misura quasi sconvolgente, tanto è elevato rispetto all'impegno che profonde nella sua attività.

Quando caritatevolmente si ricorda di questi reietti, concede loro un aumento irrisorio della retribuzione, e solo dopo che la sua è stata incrementata di cifre assolutamente ingiustificabili.

Mi sembra che per questi satrapi non si possa parlare di dignità, parola di cui non conoscono nemmeno il significato; gli altri, i vinti in questo gioco della prevaricazione, restano muti, ma in un silenzio che urla più forte di qualsiasi grido. 


(2 febbraio 2007)



Un altro mondo

di Renzo Montagnoli

 


Sì, sarà stata un po' di stanchezza legata anche alla stagione, comunque sta di fatto che ho dovuto staccare la spina. Sono stati pochi giorni, comunque, ma se mi sono ripreso fisicamente, mi è rimasta dentro una tristezza che mi accompagna da tempo e che nemmeno la serenità, a cui sono faticosamente pervenuto, riesce a guarire.

E' un senso di vuoto quello che provo, quasi uno smarrimento, è come trovarmi in un posto sconosciuto e che non mi piace.

Mi guardo intorno e non vedo nulla che mi possa confortare; c'è un mondo che è troppo diverso dal mio, un circo equestre dove vedo solo gente che si spinge, che sbraita, che vuole prevalere a tutti i costi, dove regna incontrastata la menzogna. Se non fossi certo di essere vivo, mi sembrerebbe di stare all'inferno.

Non ci sono più valori, l'umanità, intesa come qualità, è pressoché assente, predominano i furbi, i violenti, le mezze calzette e in questo vortice di nefandezza mi sento sempre più spostato all'esterno, e già mi vedo ai margini , attonito, incapace di capire, in mezzo ai tanti diseredati di questo nostro disgraziato pianeta. A fianco mi trovo i bimbi affamati e sfruttati, le minoranze che ormai si vanno spegnendo e, anche se si lavano poco, sento la voglia di abbracciare gli zingari. Sono nomadi, anzi no lo erano, perché sono costretti a vivere in campi di sosta che ricordano più che altro i lager, non si fa nulla perché possano integrarsi e loro vivono alla giornata, spesso rubano anche, frequentemente rubano ad altri poveri.

E che dire di quelle badanti che stanno 24 ore su 24 accanto a dei vecchi inabili, spesso anche di mente, facendo un lavoro utile, ma ingrato e, soprattutto, poco retribuito. Sono donne allo sbando, senza frontiere, senza più la loro casa, lontane dagli affetti.

E le categorie di emarginati aumentano sempre più: dagli immigrati che sono preferiti clandestini per sfruttarli, ai pensionati, che non hanno più nulla da spendere nella loro vita, né denaro, né speranza.

Accendi la televisione e, a parte trasmissioni di incomprensibile stoltezza, ci sono solo tette e culi: anche lo spettatore normale viene emarginato.

Chi dirige le danze rassicura: mai c'è stato un mondo migliore e in questo gli credo, perché lui gioca a chemin de fer  con le nostre vite e tiene sempre il banco.

Nella moltitudine di diseredati ci sono sempre poi quelli che vogliono prevalere, che sognano di essere un giorno come quei signori che dettano le regole e per farlo sono disposti a tutto; in questo lager mondiale diventano i kapò e sono odiati dagli altri. Di questa insofferenza se ne accorgono e allora aumentano le frustate, facendo di tutto per farsi belli con i padroni. Si associano in veri e propri clan di mutuo soccorso, ma in cui serpeggia un'invidia perniciosa e corrosiva, si creano alleanze, che si ribaltano, in un inutile affanno, perché se i padroni sono mezze calzette, loro non sono nemmeno la suola delle scarpe. Non raggiungono i risultati sperati? Se la prendono con i diseredati, invece di guardarsi allo specchio e dirsi una volta per tutte: Ma chi te l'ha fatto fare di diventare così schifoso?

Mi rifugio nella lettura, nella poesia, ma tendo a chiudermi come un bozzolo. Di questo passo, alla mia età, l'alzheimer è in agguato e non aspetta altro che la mia voglia di vivere finisca del tutto.

Non voglio essere costretto a rifugiarmi in un mondo tutto mio, non voglio isolarmi per non sentire le sciocchezze squallide dei potenti e i pianti disperati dei miseri.

Non mi piace più sentir parlare di democrazia, di libertà, di uguaglianza, di fraternità: sono tutte e solo belle parole.

Ho deciso però che continuerò a resistere a questa globalizzazione e materializzazione dei sentimenti, in una battaglia dall'esito scontato, ma mi piace l'idea di soccombere credendo ancora in qualche cosa.  


(24 maggio 2008)








MondoBlog del 10 gennaio 2022

 

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