Anni sessanta
di Graziella Cappelli
Partivano
di buon mattino
le ragazze
di campagna
quando già
i buoi avanzavano
nei campi
e il sole
visitava le mura
dei casolari.
Salivano
sulla corriera azzurra
sagomata
tra passeggeri
intorpiditi
e il tic tac
del controllore
ai biglietti.
Scorrevano
dai finestrini
paesi e campanili
e nella calca
vampate di sudore
e sogni.
Poi le corse
verso le fabbriche
con il pranzo
oscillante
nella borsa
mentre dai bar
sciamava
aroma di caffè.
Anno 2012
di Angela Caccia
Spiga senza grano
alle tue notti
mancò sempre una stella
e camminammo tutti nel
lato in ombra della strada
tutti affondammo malfermo il piede.
Non ti bestemmio
non ti rinnego
ogni autunno ha un
cimitero di farfalle
ma lasciami a una finestra
e dalla finestra il cielo
... le ho dato appuntamento
nei miei sogni
aveva un volto senza età
e il cuore sulle labbra
la mia speranza.
Da Nel fruscio feroce degli ulivi (Fara, 2013)
Beltà dei geli
di Donatella Nardin
Beltà dei geli e delle invernali figure:
a passi brinati, leggeri si muove
il pomeriggio invernale
verso tramonti sempre più corti
punteggiati da un’insanabile
inanità.
Pungenti torpori in un idillio di nevi:
ci si versa del vino in ruvidi
bicchieri da osteria per trovare
nell’evidenza del tremore
un po’ di calore.
Scivola sulle labbra screpolate
del vento un profumo intenso,
quasi ostinato di viole
in lode muta vi è rimasta incisa
la memoria assolata del fiore.
Da Terre d’acqua (Fara, 2017)
Borghi
di Franca Canapini
Nelle
torride giornate della giovinezza
i fiori allegri dei
gerani
addolcivano le scalette di pietra
e le soglie delle
case dei poveri
- l’aria profumava di cibi appena cotti –
Da
invisibili piazzette giungevano
rumori e voci di ragazzi
- chiacchiericci scalpiccii schiamazzi -
Si
camminava veloci per quei borghi
spinti dall’ansia per un
futuro
che non sapevamo immaginarci.
Domenica
di Maria Attanasio
Finagliosu
di Gavino Puggioni
Volevo rivedere quel pezzo di terra,
l’avevo sempre nel cuore,
anche se in un angolo ben nascosto..
Lo volevo..perché speravo che qualcuno
avesse messo in piedi quel degrado,
incivile e inumano.
Inumano anche per gli animali
e la natura, offesa.
Lo volevo.. perché li affondavo
i miei ricordi d’infanzia.
Mio padre, soprattutto e sopra tutti,
pieno di forza, di volontà, di amore
per tutto quello che lo circondava,
che avrebbe saputo far crescere,
ogni giorno;
mia madre che era la sua ombra;
noi figli, quasi protetti da quello
che la natura ci regalava;
il lavoro di tutti quelli che
collaboravano,più che sufficiente
a mantenere noi e ben altri.
Una speranza, la mia, vana.
Vana come quando un fulmine
si abbatte sull’albero più vecchio
della foresta e lo brucia e lo scortica
per sempre e il boscaiolo non ci crede.
Quella speranza, quel qualcuno
che non è mai esistito,
nemmeno nelle intenzioni,
oggi, mi han ferito di nuovo
ma l’ho voluto io, in fondo,
questo dolore.
Ci ho girato intorno,
ho fatto finta di fare il turista
ma ho guardato, ho visto,
ho toccato il Nulla, il Tutto..
Ho portato con me, quasi
testimoni di quest’amore, altri,
ma pochi, che non nomino,
ma che sanno.
Volevo fare anche una fotografia,
ma perché?
Quel posto è scolpito nella mia memoria,
da sempre.
Lo ricostruisco pietra su pietra,
pianta su pianta, se voglio;
non so staccarmene, seppure decenni
su decenni sono già scivolati.
Coi personaggi che l’han popolato,
il servo pastore, il pastore marchese
di nobili origini, decaduto anche lui;
la serva, il mandriano, i cacciatori,
i notabili di Sassari e di Porto-Torres,
gli amici e i falsi amici,
gli sconosciuti e i nuovi arrivati.
E tutto questo non è fotografia?
E la casa, con un sole che ora
non meritava, un cumulo di pietre
disordinate e ancora buone, dove
ho trovato puntualmente
quel che pensavo, ombre, fatuità,
fantasmi, con alcune pareti in bilico,
in piedi non so per chi e per cosa.
Un uragano, presto, dovrebbe
portarsela via, non lasciare segno
alcuno se non quello di una terra pulita,
ubertosa, curata e amata come una volta,
come in una favola.
Da Pensieri in volo (edito in proprio, 2019)
Il giardino dei Menghi
di Sergio Menghi
Non
era un giardino come tanti altri,
aveva i grandi spazi di una
casa rurale,
i grossi alberi da frutto e i pini
piantati
dagli avi.
C'era
anche l'orto
che un tempo serviva
ad alimentare la famiglia
patriarcale.
Questa,
via via, si è andata a disgregare,
ma sempre forte è rimasto
il vincolo familiare.
Si riuniva, ormai, una volta all'anno, a
ferragosto
E
si provava piacere a vedere l'unione spontanea
delle nuovissime
generazioni
con i loro giochi e schiamazzi
coinvolgere
anche genitori ed amici,
nonni e parenti. Una breve
parentesi
ristoratrice, da ricordare.
Io ricordo
di Renzo Montagnoli
Prima che l’oblio cali
sulla mia stanca mente
ricordo
di un bimbo che felice
correva nei prati
di una voglia di crescer
più in fretta
di un tempo che
non voleva passare mai.
Ricordo di una gioventù
che ora mi pare un sogno
di un’epoca ormai lontana
di cui mi giunge solo l’eco.
Ricordo l’attesa delle vacanze
ma anche il desiderio di imparare
in un continuo turbinio di speranze
la scuola e la casa, la casa e la scuola.
Una carezza di mia madre
che mai più potrò avere
la soddisfazione di mio padre
per quel figlio bravo negli studi.
Nel deserto di una vita
che nulla può più dare
m’aggrappo come un naufrago
a quella mitica età
a quel sogno che nel ricordo
si tinge di mille colori
al verde di quella giovinezza
che mai più potrà tornare.
Da La pietà
La ballata di Graziano
di Vincenzo D’Alessio
Graziano abitava in paese
case vecchie come la gente
prese il coraggio a sue spese
salì sul primo treno verso sera
un ragazzo che cosa ha in mente
disse a sé stesso: vado via
lontano andrò da casa mia
dove la gente non si perde
lasciò per sempre lei
non disse addio con le parole
lo scrisse per sempre nel cuore
all’amore vero disse addio
quanta gente vera vive qui
sono grandi le città al Nord
è duro trovare chi dice sì
ma oggi ha comprato la sua Ford
Graziano vive bene e già sorride
pensa alla sua gente dice: bene!
spesso dietro l’angolo chi vide
dice: le sue lacrime sono vere
Da Nuove anime (Fara, 2019)
La mia casa
di Gabriele Oselini
la mia casa
del vecchio cortile
verde edera
panni bianchi
luci raccolte
attorno al fuoco
della Germania
accesa di notte
ed io sicuro
avvolto nel mio gatto
in un brivido di febbre
sopito dal riflesso
delle braci
sotto la cenere
non aveva stanze
su più piani
la mia casa
ma porte spalancate
e grandi muri
con portoni verdi
assi di legno rosso
e cancelli aperti
su filari
di mele cotogne
pesche
e ciliege
per il rito
sacro a mia madre
della mostarda
di Natale
Da La mia casa (Fara, 2014)
L'inverno bianco
di Tiziana Monari
Nell'ultimo quarto del giorno il bianco copriva le rose
non c'erano serpi o gelsomini fioriti
sartie,bastimenti o quarti di luna calanti
o il papavero a guardia dei cigli
c'era solo un inverno con fiocchi di brina
in quella casa abbracciata al vecchio castano
che baciava la curvatura del cielo
il tempo lento di un inverno coperto di neve
nelle stanze aleggiava l'odore del bosco e delle mandorle dolci
i ricci seccavano tra il legno e la paglia
i necci friggevano sulla padella sbreccata
e c'era sapore di buono, di una vita colorata d'azzurro
di vino genuino e di sogni sulla tovaglia apparecchiata con le ombre e col pane.
Ed il nonno di sera suonava l'armonica a bocca
il fuoco ardeva di fiamme lucenti
le caldarroste si scioglievano in bocca
le mondine bollivano a lato
un frammento di luce ballava negli occhi
in uno stralcio di nuvole, in un alone di fiato sul vetro
sonnecchiava il ragno sulla tela del tempo.
Una castagna ed un girotondo di stelle era incantesimo, era sorso caldo di vita.
Magico mare
di Piero Colonna Romano
Per liete teorie d'epifanie
incanto divenisti.
Salso
fragrante dall'acqua fluiva,
sabbia l'accarezzavi
e
fu il tuo andar su scogli a farti spuma.
Donasti
suggestioni,
per quel color turchese che par d'occhi.
Svelò
il prodigio della tua magia
il correr verso il cielo
confondendo
i tuoi colori a quello.
Così ritorno a
te con la memoria,
per ricordare tempi
di vele che vaganti
all'orizzonte
portavan dolci sogni,
svaniti com'un volo di
gabbiani.