Ed ecco, come promesso, le poesie, tutte relative al Natale.
Le note sono quelle del Concerto Grosso per la notte di Natale di Arcangelo Corelli
Natale
Non ho voglia di tuffarmi
in un gomitolo di strade
Ho tanta stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi cosi
come una cosa posata
in un angolo
e dimenticata
Qui non si sente altro
che il caldo buono
Sto con le quattro
capriole di fumo
del focolare
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Il vecchio scatolone
di Mara Faggioli
C’è uno scatolone giù in cantina
che ogni anno aspetta ch’io lo prenda
ed io sempre con cura ed attenzione
ogni dicembre ripeto questo rito
mentre alla gola mi sale l’emozione.
Eppur conosco bene ciò che contiene:
palline colorate, vecchie candeline,
luci, angioletti, campanelle e stelline.
Anche se di Natali ormai ne ho visti tanti
aprir lo scatolone mi commuove
e accelera il suo passo questo cuore,
ogni pallina non è lì per caso
ma la sua storia deve raccontare.
Ci sono ancora, sopravvissute agli anni,
le fragili palline anni cinquanta
di quei Natali poveri ma belli.
Ogni bambino, poi, che da qui è passato,
dentro lo scatolone qualcosa vi ha lasciato….
sopra un’ingiallita vecchia scatolina
con grafia incerta ed infantile
ecco cosa scrisse Letizia piccolina:
“qui ci sono le candeline
della mia mamma
quando era una bambina”….
e Zahra, che non sapeva ancora l’italiano,
lascia una letterina con su scritto:
“alla mia cara mamma
e al mio caro pappà”
(con due “p”)….
e pagine strappate e fogli disegnati
da Nicole, dappertutto, seminati
ricolmi di pensieri teneri d’amore…
e Marco piccolino, prima di far la nanna,
con le manine grasse e cicciottelle
metteva giù distese tutte le pecorelle
perché anche loro dovevan pur dormire….
e per vestire a festa le nostre tavolate
ci sono i segnaposto che ogni anno
puntualmente Lorenzo ha disegnato…
e Ivana che scriveva: Sretan Bozic….
e Regina e Frewein: Idah Saidan Wa Sanah Jadidah….
e Natascia in cirillico ha lasciato
il suo augurio molto speciale
affinché ogni giorno dell’anno
sia sempre come Natale!
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Canto di Natale
Nelle ore più buie
di una notte dell’anno
d’incanto s’alza un suono
corre sulle cime dei pini
s’invola per vette innevate
e per valli imbiancate
scende lungo i crinali
s’addentra nelle forre oscure.
È una voce argentina
che s’espande senza confini
valica i monti
scavalca i fiumi
scende nei cuori.
Gioiosa
garrula
è un canto di pace
di serenità
che senza ormai freni
travolge ogni barriera
e quando in cielo giunge
dopo un viaggio siderale
una sfavillante cometa
il suono si fa più chiaro
ché tutti possano intendere
un coro di voci
bianche e pure
che annuncia il Natale.
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Natale 2010
Vetrine in vendita sospetta
una cometa che non trova asilo
oggi ne uccide ancora il disamore
Lui disse che nei cieli si fa festa
quando nessuno più tradisce e inganna
ma si muore bambini
tra le macerie e il fango.
Secoli son passati sulla terra
di vanità e potere
e nulla è veramente mai cambiato
l’imperatore è nudo
e intorno tutti a dire ch’è vestito.
Un vagito di troppo
un dio senza più Dio
ci rappresenta nella nostra sorte
eppure noi
frequenze di respiro
potremmo stare tutti in quella stalla
e nascere degli Uomini davvero.
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Quel giorno di dicembre
di Tiziana Monari
Era l'inizio di tutte le cose
quel bambino di fiori e nuvole
il respiro di grano
la bocca d'albicocca
in un inverno dalle dita lunghe
di chiurli alti sopra le querce
dell'osmosi di vita che si levava lucente e perpetua
sorrideva in fasce da una mangiatoia
nell'oro di una notte polverosa
lo sguardo rannicchiato tra le palpebre
in un luogo d'anima che illuminava il mondo
trascolorava il buio nel rame del sole
fermando il tempo in una goccia di rugiada
profumato di tigli e rosa antico
quel bimbo d'ossidiana e corallo
che diverrà uomo in mezzo ai temporali
con i giorni tra le mani improvvisi come lo scivolare della sabbia
e fuori i lupi
e gli angeli mannari
contro i fuchi delle stelle.
Oltre il bosco
appena.
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Tra madre e figlio
Parlami di un presepio
che sia umano…
Prendi un odore di ginepro e mandarino
una cesta, due studentelli sciroccati
un bimbo cicciottello
il bue mio padre, mia madre l’asinello
e mia cugina - occhi allegri,
l’angioletto annunciatore;
le case scure di un paesino
le pastore
sparse nel paesaggio
ognuna un vestitino, un lenzuolo
un golfino
e i magi - eskimi e barbe,
inginocchiati allo stupore
E la cometa?
Quella! Tra tutte queste direzioni
complicate, è sempre lì
che indica il cammino
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Natali
Se scorro il calendario
mi si stringe il cuore
siamo quasi a Natale
e uno altro anno è andato.
Ritorno così alle feste passate
a giorni che ormai sono lontani
di quando guardavo cadere la neve
al caldo dietro un vetro gelato.
Allora erano diversi i Natali
senza gente che correva per strada
a comprare insipidi regali
un dovere in una società
che non conosce più il piacere
di stare un po’ insieme
anche solo a parlare.
In quelle feste lontane
c’era di meno
c’era anche freddo
ma il cuore era caldo
e mentre cadeva la neve
era bello fermarsi a sognare.
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Una storia antica
“Nonno, mi racconti ancora
la storia dell’Uomo buono
venuto da lontano per portare
a tutti il Sogno di Pace?”.
… con gli occhi di ieri,
a me piccolo sognatore,
il nonno paziente narrava
d’un lontano paese
chiamato Betlemme,
dov’era nato un bimbo buono
che sapeva parlare alla povera gente
così come a quella ricca e potente,
dicendo loro d’amarsi e volersi bene,
d’essere uomini di buona volontà,
costruttori di pace e armonia
illuminati sempre da Luce divina.
Con gli occhi di oggi
il nonno paziente non può più vedere
e così a mio padre mi rivolgo:
“Papà, dove è andato
l’Uomo buono venuto da lontano,
dov’è finito il suo Regno di Pace?”.
Mio padre guarda lontano, in alto,
oltre la finestra e resta in silenzio,
cercando la risposta oltre le stelle.
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Un Natale diverso
di Maria Teresa Santalucia Scibona
Il sole dilagava nella stanza
strinando ai vetri petali di brina.
Col bacio lieve sfiorato sulla fronte
tiepida ancor di sonno
scrutavi il mio risveglio.
Palese lo stupore per lo smilzo
alberello di un Natale di guerra.
L'avevi intersecato di serici fiocchi
e misteriosi pacchettini di carbone,
liquirizia, duri di menta e gonfi
mandarini profumati all 'agretto.
Miravi compiaciuta l'infantile
euforia, si spense repentino
il tuo sorriso all'urlo lacerante
di sirene .Teneramente mamma,
mi stringesti al petto. Tenendomi
per mano vagammo nell'aria rugiadosa
del mattino con incerto avvenire.
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A Gesù Bambino
di Domenica Luise
Emigrato a dorso d’asino
fuggitivo esiliato
guardato storto, suscitatore
di odio e pietà discendente di re
in mano al falegname e a una casalinga.
Non avresti suscitato il mio amore
se fossi arrivato sul tappeto rosso
con una schiera di servi e serve
e la madre in portantina con papà.
Mi piace la tua stalla, era costume
a quei tempi
che i poveri convivessero insieme alle bestie
usate anche come termosifoni.
E poi, vuoi mettere un nido di paglia
in luce tremula
e il disagio lo sgomento il parto
di una ragazzina
che ha dato inizio al Natale?
Una storia troppo semplice
e innocente, chiodo di nostalgia
a chi non ci crede e refrigerio
per quelli che si attaccano alla fede
come a una croce o a un letto di piume.
Io sono qui, pastora
per fare visita a Dio. Oso
condurre a te il mio gemito
e la speranza. Insieme
a tutti costoro: guardaci
e rialzeremo le nostre mani
dalla caduta.
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Una stella sulla strada di Betlemme
di Boris Pasternak
Era inverno
e soffiava il vento della steppa.
Freddo aveva il neonato nella grotta
sul pendio del colle.
L'alito del bue lo riscaldava.
Animali domestici stavano nella grotta.
Sulla culla vagava un tiepido vapore.
Dalle rupi guardavano
assonnati i pastori
gli spazi della mezzanotte.
E li accanto, sconosciuta prima d'allora,
più modesta di un lucignolo
alla finestrella di un capanno,
tremava una stella
sulla strada di Betlemme.