venerdì 30 dicembre 2011

mercoledì 21 dicembre 2011

domenica 18 dicembre 2011

E infine le poesie di Natale

Ed ecco, come promesso, le poesie, tutte relative al Natale.

Le note sono quelle del Concerto Grosso per la notte di Natale di Arcangelo Corelli







Natale
di Giuseppe Ungaretti

Non ho voglia di tuffarmi
in un gomitolo di strade
Ho tanta stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi cosi
come una cosa posata
in un angolo
e dimenticata
Qui non si sente altro
che il caldo buono
Sto con le quattro
capriole di fumo
del focolare
******
Il vecchio scatolone
di Mara Faggioli



C’è uno scatolone giù in cantina
che ogni anno aspetta ch’io lo prenda
ed io  sempre con cura ed attenzione
ogni  dicembre  ripeto questo rito 
mentre  alla gola mi sale l’emozione.

Eppur  conosco  bene ciò che contiene:
palline colorate,  vecchie candeline,
luci, angioletti, campanelle e stelline.

Anche se di Natali ormai ne ho visti tanti
aprir lo scatolone mi commuove
e accelera il suo passo  questo cuore,
ogni pallina non è    per caso
ma la sua storia deve  raccontare.

Ci sono ancora, sopravvissute agli anni,
le fragili  palline  anni cinquanta
di quei Natali poveri ma belli.

Ogni bambino, poi, che da qui è passato,
dentro lo scatolone qualcosa vi ha lasciato….

sopra un’ingiallita vecchia scatolina
con grafia incerta ed infantile
ecco cosa scrisse Letizia piccolina:
           “qui ci sono le candeline
               della mia mamma
          quando era una  bambina”….

e Zahra, che non sapeva ancora l’italiano,
lascia una letterina con su scritto:
            “alla mia cara mamma 
               e al mio caro  pappà         
                    (con due “p”)….

e  pagine strappate e fogli disegnati
da  Nicole, dappertutto, seminati
ricolmi  di pensieri teneri d’amore…

e Marco piccolino, prima di far la nanna,
con le manine grasse e cicciottelle
metteva giù distese tutte le  pecorelle
perché anche loro dovevan pur dormire….

e  per vestire a festa le nostre tavolate
ci sono i segnaposto che ogni anno
puntualmente Lorenzo ha disegnato…

e Ivana che scriveva:  Sretan Bozic….

e Regina e Frewein:  Idah Saidan Wa Sanah Jadidah….

e Natascia  in cirillico  ha lasciato
il suo  augurio molto  speciale
affinché  ogni giorno dell’anno 
sia   sempre come Natale!


******

Canto di Natale
di Renzo Montagnoli


Nelle ore più buie
di una notte dell’anno
d’incanto s’alza un suono
corre sulle cime dei pini
s’invola per vette innevate
e per valli imbiancate
scende lungo i crinali
s’addentra nelle forre oscure.
È una voce argentina
che s’espande senza confini
valica i monti
scavalca i fiumi
scende nei cuori.
Gioiosa
garrula
è un canto di pace
di serenità
che senza ormai freni
travolge ogni barriera
e quando in cielo giunge
dopo un viaggio siderale
una sfavillante cometa
il suono si fa più chiaro
ché tutti possano intendere
un coro di voci
bianche e pure
che annuncia il Natale.

******

Natale 2010
di Cristina Bove


Vetrine in vendita sospetta
una cometa che non trova asilo
oggi ne uccide ancora il disamore
Lui disse che nei cieli si fa festa
quando nessuno più tradisce e inganna
ma si muore bambini
tra le macerie e il fango.
Secoli son passati sulla terra
di vanità e potere
e nulla è veramente mai cambiato
l’imperatore è nudo
e intorno tutti a dire ch’è vestito.

Un vagito di troppo
un dio senza più Dio
ci rappresenta nella nostra sorte
eppure noi
frequenze di respiro
potremmo stare tutti in quella stalla
e nascere degli Uomini davvero.

******

Quel giorno di dicembre
di Tiziana Monari


Era l'inizio di tutte le cose
quel bambino di fiori e nuvole
il respiro di grano
la bocca d'albicocca
in un inverno dalle dita lunghe
di chiurli alti sopra le querce
dell'osmosi di vita che si levava lucente e perpetua
sorrideva in fasce da una mangiatoia
nell'oro di una notte polverosa
lo sguardo rannicchiato tra le palpebre
in un luogo d'anima che illuminava il mondo

trascolorava il buio nel rame del sole
fermando il tempo in una goccia di rugiada
profumato di tigli e rosa antico
quel bimbo  d'ossidiana e corallo
che diverrà uomo in mezzo ai temporali
con i giorni tra le mani improvvisi come lo scivolare della sabbia

e fuori i lupi
e gli angeli mannari
contro i fuchi delle stelle.
Oltre il bosco
appena.

******

Tra madre e figlio
di Franca Canapini


Parlami di un presepio

che sia umano…

Prendi un odore di ginepro e mandarino

una cesta, due studentelli sciroccati

un bimbo cicciottello

il bue mio padre, mia madre l’asinello

e mia cugina - occhi allegri,

l’angioletto annunciatore;

le case scure di un paesino

le pastore

sparse nel paesaggio

ognuna un vestitino, un lenzuolo

un golfino

e i magi -  eskimi e barbe,

inginocchiati allo stupore



E la cometa?



Quella! Tra tutte queste direzioni

complicate, è sempre lì

che indica il cammino

******

Natali
di Renzo Montagnoli


Se scorro il calendario
mi si stringe il cuore
siamo quasi a Natale
e uno altro anno è andato.
Ritorno così alle feste passate
a giorni che ormai sono lontani
di quando guardavo cadere la neve
al caldo dietro un vetro gelato.
Allora erano diversi i Natali
senza gente che correva per strada
a comprare insipidi regali
un dovere in una società
che non conosce più il piacere
di stare un po’ insieme
anche solo a parlare.
In quelle feste lontane
c’era di meno
c’era anche freddo
ma il cuore era caldo
e mentre cadeva la neve
era bello fermarsi a sognare.


******
Una storia antica
di Giuseppe Gambini


“Nonno, mi racconti ancora
la storia dell’Uomo buono
venuto da lontano per portare
a tutti il Sogno di Pace?”.

… con gli occhi di ieri,
a me piccolo sognatore,
il nonno paziente narrava
d’un lontano paese
chiamato Betlemme,
dov’era nato un bimbo buono
che sapeva parlare alla povera gente
così come a quella ricca e potente,
dicendo loro d’amarsi e volersi bene,
d’essere uomini di buona volontà,
costruttori di pace e armonia
illuminati sempre da Luce divina.

Con gli occhi di oggi
il nonno paziente non può più vedere
e così a mio padre mi rivolgo:

“Papà, dove è andato
l’Uomo buono venuto da lontano,
dov’è finito il suo Regno di Pace?”.

Mio padre guarda lontano, in alto,
oltre la finestra e resta in silenzio,
cercando la risposta oltre le stelle.


******
Un Natale diverso
di Maria Teresa Santalucia Scibona

Il sole dilagava nella stanza
strinando ai vetri petali di brina.
Col bacio lieve sfiorato sulla fronte
tiepida ancor di sonno
scrutavi il mio risveglio.

Palese lo stupore per lo smilzo
alberello di un Natale di guerra.
L'avevi intersecato di serici fiocchi
e misteriosi pacchettini di carbone,
liquirizia, duri di menta e gonfi
mandarini profumati all 'agretto.

Miravi compiaciuta l'infantile
euforia, si spense repentino
il tuo sorriso all'urlo lacerante
di sirene .Teneramente mamma,
mi stringesti al petto. Tenendomi
per mano vagammo nell'aria rugiadosa
del mattino con incerto avvenire.

******

A Gesù Bambino
di Domenica Luise


Emigrato a dorso d’asino
fuggitivo esiliato
guardato storto, suscitatore
di odio e pietà discendente di re
in mano al falegname e a una casalinga.

Non  avresti suscitato il mio amore
se fossi arrivato sul tappeto rosso
con una schiera di servi e serve
e la madre in portantina con papà.

Mi piace la tua stalla, era costume
a quei tempi
che i poveri convivessero insieme alle bestie
usate anche come termosifoni.

E poi, vuoi mettere un nido di paglia
in luce tremula
e il disagio lo sgomento il parto
di una ragazzina
che ha dato inizio al Natale?

Una storia troppo semplice
e innocente, chiodo di nostalgia
a chi non ci crede e refrigerio
per quelli che si attaccano alla fede
come a una croce o a un letto di piume.

Io sono qui, pastora
per fare visita a Dio. Oso
condurre a te il mio gemito
e la speranza. Insieme
a tutti costoro: guardaci
e rialzeremo le nostre mani
dalla caduta.

******

Una stella sulla strada di Betlemme
di Boris Pasternak


Era inverno
e soffiava il vento della steppa.
Freddo aveva il neonato nella grotta
sul pendio del colle.
L'alito del bue lo riscaldava.

Animali domestici stavano nella grotta.
Sulla culla vagava un tiepido vapore.
Dalle rupi guardavano
assonnati i pastori
gli spazi della mezzanotte.

E li accanto, sconosciuta prima d'allora,
più modesta di un lucignolo
alla finestrella di un capanno,
tremava una stella
sulla strada di Betlemme.

giovedì 8 dicembre 2011

Riflessi di rugiada, di Maria Allo




Riflessi di rugiada
Cose sparse di me
di Maria Allo
Prefazione di Gabriele La Porta
In copertina disegno di Deborah Allo
Gruppo Albatros Il Filo
Poesia silloge
Pagg. 106
ISBN 9788856749328
Prezzo 106



Flussi di coscienza



Questa raccolta di poesie è sottotitolata Cose sparse di me, che è poi il titolo della prima lirica del volume (Nubi imponenti / scavalcano rauche / le cime ondulate / e lontane. /…. / Gli errori denudano / e violentano l’anima / cose sparse di me…). Ecco, in questi versi in cui la natura è descritta così vivamente si rispecchia l’anima della poetessa, un travaglio continuo che non è urlo di dolore, bensì amara e sofferta constatazione.
La poesia di Maria Allo, a verso libero, è in effetti un tramite, uno sfogo in cui rivedersi dentro per superare quella dolenza latente che non viene mai meno (da A ridosso dell’EtnaLasciatemi così / ch’io mi disperda tra gli angeli e le cose…/). Faccio presente che il ricorso a quei tre puntini, riscontrabile anche nella prima lirica, è quasi una forma di autodifesa. Sembra che l’autrice non voglia tanto lasciare spazio al lettore per l’eventuale completamento del verso, bensì intenda mettere un freno inibitore per non andar oltre e quasi per dirci “ io sono fatta così”.
Che la poesia in genere sia l’immagine speculare dell’anima penso sia ormai assodato, ma allora perché specchiarsi e mostrare agli altri quest’immagine, sovente indistinta? Perché la poesia è confessione, liberazione, ricerca di un ignoto contatto che non pone problemi di contrasti dialettici, ma è anche un flusso di coscienza che emerge dagli anfratti più nascosti del nostro “io”, uno sfogo portato ad altri, senza che sia necessario che subentri una dialettica, è insomma un’espressione lanciata al vento affinchè possa attecchire là dove si trovano anime feconde con cui entrare metafisicamente in contatto.
Maria Allo è naturalmente riservata e ha il timore di rivelare la sua intimità, ma ciò nonostante l’esigenza di aprirsi poeticamente la induce a esporsi, pur con il freno di non superare quel limite che il suo inconscio sentire le pone. E dato che la poesia è ricerca, si avverte, lirica dopo lirica, come quel confine astratto e inconsapevole tenda ad allargarsi, proprio perché ogni volta è una nuova scoperta di se stessa in un approfondimento che è comune a tutti gli autori e che sì questo non ha praticamente limiti ( da Postilla ai margini la vitaQuante radici appese / all’albero della vita / ciuffi d’erba strappati / agli argini del fiume / fiori d’albe e tronchi /  coni d’ombra attimi di sosta / effimeri sollievi echi e folate / negli improvvisi abissi /…).
Ecco dalla genericità metaforica di questi versi, simbolo di pudore, si passa poi a quelli in cui più evidente è la diretta partecipazione emotiva di Il cielo non basta ( …/ Sono ubriaca di luce / di tanto in tanto / lungo una strada / d’incenso che nutre l’agnello / temo il ritorno e le spire / d’un mostruoso serpente /…).
Benchè il senso poetico di un autore sia sempre lo stesso, pur variando le tematiche, Maria Allo ha inteso suddividere la raccolta in quattro sezioni (ognuna preceduta da una succinta ma completa introduzione di Maria Fortunato, e  da un riuscito disegno di Deborah Allo).
Troviamo così la Sezione Intimistica, in cui più direttamente la poetessa racconta di sé (Canto me un po’ zingara / un po’ recluta / planata distante / quasi a metà su questa terra /…), poi quella naturalistica, in cui il paesaggio e l’ambiente sono predominanti, ma spesso metafore esistenziali ( Che l’Estate sia qui / lo sa il mare / il suono delle onde appassionate / s’inerpica negli anfratti / tra gli scogli ascolta il passo / di fermenti inermi /…), la sezione mitologica, che risente degli influssi del passato della sua terra, miscellanea di popolazioni, espansione degli antichi greci (da Come VestaleSolitaria mi trovo sotto il cielo / aspro di sassi e di silenzio / rugiade antiche rivoltano ferite /…) e per ultima una che è per certi aspetti affine all’intimistica, ma volge di più al metafisico, cioè la sezione anima (Io vivo nel silenzio il mare / nei respiri / sento il suo profumo / ma nell’azzurro / la tragedia / della luce / e del mistero).
E’ indubbio che quest’opera, per certi aspetti, rappresenti la “summa” della produzione dell’artista, versi nati in epoche diverse e in cui si avverte il flusso del tempo, un lento divenire che tangibilmente accompagna, in un unico filo portante, la poetica di Maria Allo, con liriche che si assestano su un livello di eccellenza, pervenendo addirittura con alcune poesie a vette ai più inaccessibili.

Mi è piaciuta, l’ho assaporata come chicchi d’uva rigogliosa colti dal grappolo, un nettare di poesia di cui ancor oggi avverto l’inconfondibile ed intenso sapore.
La lettura, quindi, è senza ombra di dubbio del tutto consigliata.   


Maria Allo è nata a Santa Teresa di Riva (ME). Attualmente vive a Riposto (CT). Si è laureata in Lettere Classiche presso l'Università di Messina, è docente di Italiano e Latino in un liceo della provincia di Catania. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni antologiche e la silloge I sentieri della speranza (Gabrieli, Roma). Nel 1983 e 1984 ha ricevuto il Premio "Casentino" di poesia indetto dal Comune di Firenze e il Premio "Giuseppe Sciva" di Messina; nel 1984 il Premio "Città di Sant'Agata di Militello" indetto dall'Ancol (Messina); nel 1984 il Premio "Città del Peloro ed. il Galeone; nel 1984 il premio "Etna d'oro - Oscar Sicilia" indetto dal Centro "Giuseppe Macherione" di Giarre; nel 1985 il "Grand Prix Mediterranée" indetto dall'Accademia d'Europa di Napoli; nel 1986 il secondo premio "Città di Boretto" in collaborazione con l'Asociación Cultural Italo-Hispánica "Cristobal Colon", Madrid-Spagna; nel 1987 il primo premio exaequo per la silloge di poesia dal Centro di Cultura "Pensiero ed Arte" di Bari; nel 1987 il gran trofeo mondiale "New York" USA per la poesia indetto dall'Accademia del Fiorino di Firenze. Ha curato diverse edizioni della manifestazione "Artemare" di Riposto. Modera come autrice due blog di poesia, diversi blog didattici ed è redattrice di "Aetnascuola”. Alcune  sue poesie sono state lette e commentate su Rai Notte nella trasmissione Inconscio, magia e psiche curata da Gabriele La Porta.

Intervista di Renzo Montagnoli a Maria Allo, autrice della raccolta poetica Riflessi di rugiada, edito da Gruppo Albatros Il Filo.




Questo volume, più che una silloge, è una raccolta di sillogi, stante le tematiche diverse delle stesse. Con ogni probabilità si tratta del compendio della tua produzione poetica degli ultimi anni, piuttosto ampia visto il numero elevato delle liriche.  Se non vado errato questo libro è la tua seconda opera edita, dopo I sentieri della speranza, che, ahimé, non conosco.
E’ quindi un’esperienza ancora fresca quella di portare a conoscenza di altri il tuo sentire e forse per questo mi sembra di aver notato una certa ritrosia, più esattamente definibile come pudore, nell’esposizione letteraria, caratterizzata spesso da forti accenti e impatti che a un certo punto si stravolgono, si quetano prossimi al culmine.
C’è forse in te ancora un timore di esporti, di lasciar fruire ogni pensiero, di aprirti completamente?

Il volume “Riflessi di rugiada” è composto e suddiviso in quattro sezioni: Intimistica, Naturalistica, Mitologica, Anima. Ciascuna di queste sezioni è corredata da una prefazione della prof.ssa  Maria Fortunato e  segue un ordine tematico con le due poesie d'apertura “Cose sparse di me” e “Isola parola “ che costituiscono una sorta di dichiarazione di poetica,  vale a dire il  leitmotiv della mia produzione, a partire dalla prima raccolta “I sentieri della speranza” edito nel 1982.
Per una strana forma di pudore intellettuale o, come dici tu, di ritrosia non ho più pubblicato, dopo tale raccolta, i versi che componevo, nè parlavo volentieri della mia poesia  eppure la scrittura per me è l’unico luogo dove tutto acquista un senso “un grande pudore universale”, direbbe la Merini e scrivere poesie è l’unico spazio dove acquista senso il tepore dell’ anima altrimenti relegata nei frammenti d’ombra frammisti ai sensi opachi del Nulla.
Ma è anche vero che il coraggio è fatto di paura come diceva  Oriana Fallaci. Per mia fortuna  ho ricominciato a scrivere “seriamente” nel 2007, quando, per caso, ho aperto il mio primo blog  per avere un diario su cui annotare dei pensieri, indipendentemente dal fatto che questi venissero letti o meno da altre persone.  L'esperienza del blog è stata fondamentale e determinante anche per  il mio tempo libero.  Poi, incoraggiata dagli amici poeti  e anche   per fuggire all’asfissia del monologo e  alla sindrome di Narciso, ho deciso di pubblicare queste mie “nugae” o frammenti, intesi come parte molecolare per il tutto del corpus che intendo pubblicare prossimamente.

In relazione alla prima parte della tua risposta avrei voluto formularti una domanda, che proporrò tuttavia in seguito, perché mi è sorta spontanea la curiosità circa il “corpus” che intenderesti pubblicare. Infatti, benché la produzione di un poeta generalmente abbia un ordine logico, nel senso che le opere che si susseguono sono identificabili nelle stesse tematiche, pur se svolte e approfondite diversamente, l’idea della parte molecare costituita dalle poesie di questa raccolta in funzione di un prossimo “corpus” mi induce a chiederti di che tratterà e di come sarà organicamente strutturato. Insomma, quella che è in genere la domanda finale sui progetti, diventa la seconda domanda, a cui credo potrai rispondere non tanto vagamente, ma con una precisione che esula dalle previsioni, perché si tratta di cosa già certa. Che mi dici, allora?

Io credo che in me  convivano due anime: una solare e mediterranea, l'altra lunare e notturna.  Le mie “nugae” respirano, con questa doppia natura, di improvvisi trasalimenti della memoria e di  furiose meditazioni sul presente. Vorrei, attraverso un gioco di rimandi e di richiami, di echi lontani, far rivivere  ai nostri giorni così scarsamente mitici i lirici antichi. Il corpus in questione sarà poesia in bilico fra diversi piani temporali, quasi  un ritorno come Ulisse, carico di esperienze da interpretare e  un futuro così carico di passato alla luce dell'interiorità femminile .
“La Realtà interiore della donna diventa per il pensiero di Hillmann e Jung uno spazio archetipico, che raccoglie al suo interno tutte problematiche psichiche, ma nello stesso tempo indicano al suo vissuto la propria tendenza. “ Ma non voglio anticipare oltre........


Non è che ora ne sappia molto più di prima, ma lasciamo tempo al tempo e aspettiamo il varo di questo nuovo lavoro.  In Riflessi di rugiada, di cui alcune poesie non mi sono nuove, ho riscontrato tuttavia che quello di cui accennavo nella prima domanda (la ritrosia ad aprirti completamente) non è presente in alcuni testi, nel senso che quella tendenza di frenare all’approssimarsi di un limite, da te con ogni probabilità inconsciamente posto, si attenua, cioè c’è la tendenza a spostare oltre questo confine. Forse nel secondo caso si tratta di poesie scritte più recentemente, quando l’opera di scavo interiore è ulteriormente progredita. Tanto per fare un esempio mi sembra di cogliere più ritrosia in Postilla ai margini la vita che in Il cielo non basta.   E’ così? E se è così, l’indagine conoscitiva di te stessa, che non avrà mai fine, nell’approdare alla conoscenza di due anime, le considera indispensabili nella loro coesistenza, o preferirebbe che ce ne fosse una sola, magari quella solare?


Vedo con piacere che hai colto nel segno. Infatti  nella tonalità complessiva hai rintracciato il processo di apprendistato e una certa ritrosia, come tu dici, a rendere visibile questo mio kairòs. Ma scrivere è uno slancio dello spirito, uno spasmo dell’anima che chiede di essere ascoltata, un desiderio di chiarezza all’interno di una realtà tragica che tradisce il respiro del nostro esistere.
La poesia chiede di essere letta perchè il fuoco della poesia è l'unico fuoco capace di bruciare le scorie della vita.
L'indagine conoscitiva di noi stessi non avrà mai fine; luce e Ombra fanno parte della dualità, noi stessi siamo la dualità, indagare pertanto il significato profondo che la luce e ciò che in un certo senso rappresenta il suo opposto, l’ombra, è un percorso di  scoperta  consapevole per trovare nuove soluzioni a vecchi conflitti dentro e fuori di sé e riattivare una rinnovata sensazione di stabilità, forza, amore.
Per arrivare alla luce mi addentro nell’oscurità….E lì, nel più remoto kairòs  dell’universo, apro la mia anima come un fiore  di luce pura.......
“che pervade l’inizio
e travalica
l’ascesa
quasi girasole…”


Per quanto nella raccolta esista una silloge naturalistica non è infrequente rilevare nelle tue poesie una presenza marcata della natura, spesso utilizzata come metafora esistenziale, ma anche per rappresentare i tuoi stati d’animo. E’ così?

“L’eterna natura è la Bellezza prima e tutte le cose che ne derivano sono belle” diceva Plotino. La Natura rappresenta per me un luogo dell’anima, un ideale rifugio dalla contingenza della vita quotidiana, l'incontro con un tempo originario dove tutto era in germe, dove passato e futuro trovavano la propria conciliazione.
Una delle realtà che si pongono con drammatica evidenza davanti ai nostri occhi è la degradazione dell’ambiente naturale, di cui diventiamo sempre più coscienti.
Invece la Natura costituisce una totalità vivente, in quanto la serie dei suoi gradi ha come scopo interno e necessario –anche se, ovviamente, inconsapevole- il ritorno dell’Idea a sé stessa nello Spirito, diceva Hegel.
Il principio da cui si muove il mio scrivere, o meglio la mia profonda aspirazione, è un ideale di umanità capace di misurarsi con la Natura, tuttavia , sono consapevole  che in una società consumistica come la nostra, l'uomo non coglie  i più i suoni della Natura.
E allora .......
Si spezzi il cerchio
del fluire in lande deserte
oltre lo schermo del vagare
oltre la liturgia del quotidiano
oltre i grumi del presente
si spezzi il cerchio
dei tramonti senz’alba
oltre i nubrifagi delle coscienze
oltre tutti I calcoli scomposti
oltre tutte le quaresime
oltre tutte le apocalissi
si spezzi il cerchio
di rivolte da campi di sterminio
fra sassi e fango
Infine cos’è un uomo nella natura? Un nulla davanti all’infinito, un tutto davanti al nulla, qualcosa di mezzo tra il nulla e il tutto… Blaise Pascal


Complimenti: questo significa parlar chiaro e in effetti questi concetti si rispecchiano, o meglio sono presenti nelle loro svariate sfumature, in tutte le poesie di questa raccolta. E allora scatta una domanda quasi d’obbligo: che cos’è per te la poesia? Non intendo sapere che cosa possa rappresentare, ma ritengo opportuno conoscere il tuo concetto di poesia. E’ una domanda classica e devo dire che le risposte che ho avuto non sono mai state univoche.


Per me la poesia  è costante ricerca di significato  che sempre naufraga verso scenari ignoti, così come ignoto è il vero senso delle cose e, tuttavia,  disegna tra le pieghe dei versi un cammino in grado di far percepire il passaggio dalle tenebre alla luce.
“...A chi è affidato l’enigma
alla vita
all’amore
ma s’incespica
lo stralcio della ragione “.

La poesia non rifiuta il reale per il sogno, ma non accetterà mai il reale come antitesi al sogno: accogliendolo, lo costringerà a farsi sogno

Andare alle sorgenti
dentro un universo chiuso
insinuarsi tra nubi
e guerre di colori
primigenie di spiragli
non recinti
avvento inaspettato
scarnificare la ragione
tra sogno e realtà
vivere l’ impenetrabile
straziante d’ eternità
reinventare
riverberi
ma farsi attraversare
da una sola verità

In un tempo sospeso ed ibrido il poeta può esplorare meglio il suo io che poi è la chiave per comprendere tutto l’universo: l’anima è la chiave dell’universo e il poeta deve riconoscere a malincuore

“....tenendomi  recidi la fierezza
del fiato
voce cuore e polmoni
vulcano insaziabile tra lave bollenti
accendi frammenti
e stai lì a brandire
peripezie di vita in visi sfatti
viottoli
nude disarmonie
ma forse è solo
un profumo di gardenia
che m’insegue
uno sfiorare di ciglia
sul guanciale
un graffio al cuore
cose sparse
su un altare…..”
e  che dopotutto  in  ciò è il suo Sé che si esprime tra la dannazione e l'argilla appassionata.


Il concetto di poesia come musica senza note, sostituite dalle parole, lascerebbe pensare che al di là dei contenuti dovrebbero sussistere aromie strutturali affinchè un insieme di versi possa essere definito poesia. In passato si utilizzavano regole metriche ben precise, con conteggi di sillabe e rime esterne, oppure con consecutività di suoni come nel piede dattilo virgiliano. Oggi predomina il verso libero, ma occorre tener presente che libero può essere inteso come non soggetto al canone tradizionale della mentrica, bensì a una metrica che più si addice all’autore e di sua invenzione. In questo senso, tu utilizzi una tua metrica nella stesura dei testi? Oppure ritieni che la sostanza debba prevalere in assoluto sulla forma, con il rischio però di trasformare la poesia in prosa breve o brevissima?


La passione è il primo motore delle mie nugae, una passione  spesso velata da indignazione o disagio per il cupo e inquietante  scenario dell'oggi come ne “I  mari del Sud”, “Al dio dei ritorni”, ”In ascolto”, “Hybris”. Non si può far finta di nulla, ho inteso  volutamente  materializzare, in costruzioni verbali spesso ardite, qualche volta spericolate o anche labirintiche, un certo dissenso, vale a dire la disarmonia del contingente, talvolta anche un acuto struggimento quando la natura torna a consolare come in “La bellezza è qui”.
In definitiva, la poesia è attitudine, ma  non è sufficiente la predisposizione o la sensibilità, occorre anche faticare.....


Senza fatica non c’è soddisfazione e il talento naturale conta poco se non viene coltivato. Insomma, poeti si nasce, ma scrittori di poesia si diventa con studio e applicazione. E lo studio non può prescindere dalla lettura di opere di altri autori e dalla loro attenta e approfondita analisi. E’ evidente che leggendo questo o quell’autore si finisce poi per subirne l’influsso e in tal senso ti pongo l’ultima domanda.
Qual’è il poeta, in assoluto, che più ha esercitato un ascendente su di te e per quale motivo?


Concordo pienamente. La poesia è costruzione, disciplina, conoscenza, lavoro. Non voglio dire che l'ispirazione non conti, ma da sola non basta e occorre anche davvero  tanta passione-cura.
 Certamente la grande tradizione della poesia lirica greca è stata per me molto importante e formativa, ma  adoro Anna Akhmatova, Antonia Pozzi, Keats, Dante, Montale, Eliot, Gatto, Shakespeare, Pavese, Ungaretti, Amelia Rosselli, Rilke, Blake e poi la poesia francese (Baudelaire, Verlaine, Mallarmè).
Il poeta che più ha esercitato un ascendente su di me? Dante in assoluto perchè valori come la pacificazione e amorosa convivenza umana, la felicità di un'esistenza non attanagliata dall'ansia del successo ad ogni costo, la gioia del conoscere, la sicurezza di una giustizia infallibile, giusta anche nella misericordia, la sua ideologia, l'istanza progressiva, la  carica umana e  la  perennità di lezione  comunicano verità che trascendono i comuni mezzi di conoscenza.


Grazie, Maria, per questa piacevole conversazione. Mi accommiato con l’augurio che il libra possa incontrare i favori del pubblico dei lettori, nonché con l’auspicio di poter quanto prima leggere la tua prossima opera, di cui hai accennato nella risposta alla seconda domanda.

Recensione e intervista a cura di Renzo Montagnoli.