martedì 4 giugno 2013

Canto celtico, di Renzo Montagnoli


Se è vero che il primo amore non si scorda mai, la stessa cosa per me è avvenuta per Canti celtici, una silloge nata dall’analisi del mondo attuale, così povero di valori da far rimpiangere altre epoche, lontane e quasi dimenticate, in una immaginaria civiltà che però ricomprende caratteristiche, positive, ora  purtroppo assenti. E proprio per ricordare, più che altro a me stesso, queste poesie, a suo tempo (era il 2007) pubblicate in un volumetto dalla Casa Editrice Il Foglio,  che ho deciso di proporle, o anche riproporle, su L’armonia delle parole.

 


 

Canto celtico

di Renzo Montagnoli

 

S’alzano le brume del mattino

frustate dagli strali del primo sole

e al lontano suono di cornamuse

s’accompagna la lenta melodia di una cetra.

Della notte, popolata di folletti,

resta solo l’erba imperlata di sudore.

Il dormiveglia si anima di gesta antiche,

di rullar di tamburi, del suono cupo

di cavalli portati allo scontro dai guerrieri.

Gli dei di quel tempo si sono ormai assopiti,

ma alle note del citaredo che saluta l’alba

s’affacciano nella nebbia che si dirada

per un ultimo sguardo a un mondo

che non è più loro,

a una terra dal futuro senza memoria.

Sembra allora di indovinare nella caligine armati

che cantano le gesta al levar del sole.

Ma tutto sfuma, tutto cessa, nella luce

che ravviva il giorno e che spegne la notte.

Solo nel bosco la vecchia quercia conserva

negli scrigni preziosi delle foglie

le note malinconiche di cento cornamuse.

La realtà ritorna,

il sogno si nasconde,

                        fino alla prossima alba.

 

 

R. Wagner – Tannhäuser Overture

 


 

 

 

 

 

5 commenti:

  1. Direi che la tua lirica è profetica, anticipa il nonsense della attuale situazione sociale. E' dato sperare solo in una dimensione onirica, mentre tutto avanza, procede, stritola la memoria dei tempi, distrugge l'esemplarità delle radici. In tale continua metamorfosi verso il peggio, solo la quercia, simbolo di stabilità, racchiude nelle foglie il valore del vissuto/della storia da donare a chi sa raccoglierlo. Ma molti sono gli analfabeti. Lirica di grande sapore civile. Complimenti Renzo!
    Adriana Pedicini

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  2. Che bella poesia! Inebriante nel descrivere un modo che non c'è più, così diverso dall'attuale, pino di niente.

    Agnese Addari

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  3. Ottima poesia dalla quale emerge che l'ignoranza va a pari passo con le pretese.
    Bisogna resistere a questi tempi di sterilità, morale e di contenuti sani, e sperare che in un vicino futuro il vuoto nell'anima si riempi di nuovo di vera vita, rievocando la stabilità del passato che, come nella metamorfosi delle stagioni, si riveste periodicamente di foglie nuove e ricche di frutti buoni.
    Lorenzo

















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  4. Bei versi, belle immagini in questa tua poesia, suggestioni che coinvolgono e rasserenano. Se ne ha bisogno, come giustamente dici, in questi tempi di incredibile mediocrità, di assenza di valori. Bello il brano musicale che accompagna il testo.
    Grazie, buona settimana.
    Piera

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  5. La realtà e il sogno. Talvolta il poeta, in dormiveglia, strizza la storia umana in una mano- come hai fatto tu. Già l'avevo apprezzata, insieme alle altre, quando lessi questo tuo mitico libro.
    Buona estate renzo

    franca

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