domenica 28 settembre 2014

Riforma della scuola: come valutare gli insegnanti, di Ferdinando Camon

Riforma della scuola: come valutare gli insegnanti
di Ferdinando Camon


Articolo uscito su “Il Mattino di Padova”, “La Tribuna di Treviso”, “La Nuova Venezia”, “Corriere delle Alpi” di Belluno, “Messaggero Veneto” di Udine, “Il Piccolo” di Trieste, “Il Tirreno” di Livorno, “Nuova Sardegna” di Sassari

4 settembre 2014

Proposta a Renzi sulla valutazione del merito dei docenti





Renzi ha lanciato ieri la sua riforma della scuola. È una grande cosa, perché finalmente un capo del governo mostra di aver ben capito i punti deboli del nostro insegnamento. Abbiamo un corpo insegnante non rinnovato da tanti anni, dunque vecchio, e vecchio oggi significa che non ha la cultura per collegarsi con i giovani. Bene: Renzi promette 150mila nuovi assunti entro il prossimo settembre. Abbiamo un sistema d’entrata nel lavoro d’insegnante farraginoso, senza una vera selezione: bene, con la riforma si entrerà solo per concorso. Abbiamo una marea di supplenti, il che vuol dire insegnamenti spezzettati e non-coerenti nel corso dell’anno. Bene, le supplenze saranno abolite. Abbiamo sempre avuto, dalla nascita della repubblica, una carrierra degli insegnanti fondata sugli scatti d’anzianità: un insegnante guadagna di più man mano che invecchia. Un’assurdità totale, perché man mano che invecchia, invecchia anche la sua cultura, e quindi insegna peggio. È il cancro del nostro sistema scolastico. La promozione per anzianità è l’esclusione della meritocrazia, e un lavoro dove non si premia il merito diventa sempre più mediocre e ripetitivo, e sempre meno redditizio. È per questo che dalle nostre scuole escono diplomati e laureati che non reggono il confronto con i coetanei di Spagna, Francia, Germania. Renzi introduce un sistema lambiccato, sul quale ritorneremo presto, perché non ci convince. Dice così: “Scatti, si cambia: ogni 3 anni 2 professori su 3 avranno in busta paga 60 euro netti al mese in più, grazie ad una carriera che premierà qualità del lavoro in classe, formazione e contributo al miglioramento della scuola”. In realtà se lo scopo è sfornare diplomati di buon livello, il mezzo deve agire su quel livello, migliorarlo, alzarlo, e dunque premiare chi già lo fa. I nostri insegnanti hanno bisogno di aggiornamento, non ogni tanto, ma sempre: l’aggiornamento dev’essere continuo. I ragazzi sono per natura portati a vivere in connessione, la connessione è un modo per vivere la vita insieme, e dunque tutte le scuole devono avere la banda larga e l’wi-fi. Nella scuola bisogna introdurre o potenziare la musica (chi non sa la musica non capisce la poesia e la letteratura) e l’arte: uno studente non può diplomarsi qui da noi con la spolveratina d’arte che riceve oggi, questa è l’Italia, conoscere l’arte qui vuol dire anche avere più possibilità di trovare o creare lavoro. Bisogna stringere un’alleanza fra scuola e lavoro, la Germania lo fa da tanto tempo, chi esce dalla scuola deve già conoscere qualche lavoro e sapere dove trovarlo, o almeno dove cercarlo. Va tutto bene, in questa riforma, ma torniano un attimo al punto capitale, che è l’introduzione della meritocrazia. Qui il problema è che il nostro Stato è cieco dalla nascita, è nato cieco. Se tu vai in una fabbrica, ogni capo-squadra sa chi sono i migliori lavoratori della sua squadra, ma nel mondo della scuola il preside non lo sa e il provveditore non lo sa. Non è che il mezzo per sapere chi sono gli insegnanti migliori non esista, è che non viene applicato. Se un insegnante ha, percentualmente, una quota più alta di licenziati all’esame di fine-corso, e di diplomati con un buon punteggio, quell’insegnante andrebbe distinto anche nel compenso. Le commissioni esterne che esaminano gli studenti alla fine di un ciclo, esaminano anche i loro insegnanti, il programma che hanno svolto, la cultura che hanno trasmesso. Le commissioni si fanno un’idea precisa della scuola da cui i ragazzi provengono. E lo Stato che non ha nessuna idea. Se vuole introdurre il merito, deve aprire gli occhi. Gli studenti sanno quali insegnanti sono bravi, le famiglie lo sanno, è lo Stato che non lo sa. Questo è un sistema obiettivo. Il sistema proposto dalla riforma di Renzi è ancora arbitrario. Poiché Renzi lancia una consultazione pubblica e invita tutti a fargli delle critiche (
matteo@governo.it), qui gli segnalo la mia. E gliela manderò. (fercamon@alice.it)




1 commento:

  1. Per quel che ne so, la scuola italiana é da troppo tempo un problema, che le tante riforme non hanno risolto.

    Agnese Addari

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