lunedì 8 luglio 2019

Sorriso, di Piera Maria Chessa





Sorriso
di Piera Maria Chessa


Fiorella andava spesso in quel supermercato, trovava un po' di tutto e i prodotti erano ottimi. Non lo conosceva fino a poco tempo prima, vi era entrata velocemente una prima volta, per caso, alla ricerca di qualcosa che non aveva trovato altrove. E fu proprio quella prima volta che incontrò una donna che, dopo qualche tempo, avrebbe contribuito a cambiare molte sue convinzioni ormai radicate.
Non seppe mai il suo nome nè mai glielo chiese, per lei inizialmente fu "la donna con il cane".
In realtà, dentro di sè, un nome glielo diede, parecchio tempo dopo, la chiamò Sorriso, perché nonostante tutto, sorrideva sempre.
Vi chiederete di chi io stia parlando, ed ora ve lo dirò.
Sorriso non era una delle tante persone che si incontrano all'interno di un supermercato, e neppure per strada, Sorriso era una donna che chiedeva l'elemosina, che era costretta a chiedere l'elemosina per poter mangiare.
Fiorella, in quel giorno di gennaio, si ricordava ancora che nevicava, la vide poco fuori dall' ingresso del negozio, appartata in un angolo per potersi riparare. Indossava abiti non adatti per quella giornata fredda, aveva capelli neri, raccolti in una sorta di crocchia, le gote rosse. Difficile intuire quale fosse la sua età. Non era bella, ma lo era il suo sorriso.
Era una donna discreta, non imponeva la sua presenza, non chiedeva
l'elemosina nè tendeva la mano. Accettava ciò che le veniva donato e ringraziava sempre. Ma non erano queste le caratteristiche che avevano colpito Fiorella, l'aveva colpita il fatto che tenesse con sè un cane e che lo trattasse con cura e affetto, dividendo con lui il poco che aveva.
Era un cane di grossa taglia, un meticcio dal manto castano, non proprio giovanissimo, esattamente come la sua padrona, e come lei piuttosto magro. Entrambi stavano accoccolati per terra, Sorriso addossata al muro, il cane accucciato ai suoi piedi. La cosa che incuriosì Fiorella fu vederla prendere una piccola coperta logora e scolorita in più parti da una vecchia sacca che teneva al suo fianco, e poi stenderla con delicatezza sul corpo del suo cane rimboccandola infine sui lati. Pensò che solo una madre poteva mostrare tanta premura verso un figlio.
Fiorella non era una persona che si commuoveva facilmente, sembrava a tratti dura nel rapportarsi con gli altri, forse perchè la sua vita non era mai stata facile, neppure da bambina. Aveva incominciato presto a nascondersi dentro un robusto guscio perché non voleva più soffrire, non dava confidenza a nessuno nè accettava confidenze. Era il suo modo di difendersi e non ne conosceva altro. Troppi insuccessi, così un giorno aveva deciso di non chiedere più niente, ma anche di non dare niente. Si ripeteva continuamente che avrebbe saputo badare da sola a se stessa, che non avrebbe avuto più bisogno degli altri.
Era stata una bella ragazza, ora, non più giovanissima, lo era ugualmente, ma da anni le esperienze negative avevano disegnato delle pieghe profonde ai lati della bocca e reso il suo sguardo duro e scostante.
Viveva da sola, casa e lavoro, lavoro e casa. Pochissime amicizie, nessuna relazione sentimentale ormai da tanto, l'unico modo per non farsi ferire, diceva a se stessa e alle poche persone che, nonostante tutto, cercavano di capire il suo malessere.
Erano trascorsi così alcuni decenni.
Ora si avvicinava il Natale, periodo che viveva con una certa insofferenza, non amava fare regali nè tantomeno riceverne, non si lasciava catturare dalla magia e dalle atmosfere di questo evento, tutte cose da lei ritenute inutili e vuote.
Eppure, doveva arrivare un dicembre particolarmente freddo per far scattare nel suo animo qualcosa che non aveva previsto e che smosse alcune sue granitiche certezze. E doveva arrivare una donna poverissima e dal sorriso sempre pronto per aiutarla a capire che la vita non è solo sofferenza e ingiustizia, che esiste anche qualcosa di gratuito che viene donato senza secondi fini.
Mancava una decina di giorni al Natale, Fiorella decise una mattina di recarsi nel solito supermercato a fare delle compere, acquistò diverse cose e si avviò verso le casse. Posò tutto sul ripiano e cercò il portafoglio per pagare. Fu in quel momento che si accorse di non averlo più. A parte l'imbarazzo, pensò alle sue scarse riserve di denaro, non era infatti il suo un lavoro ben retribuito. Si scusò con la commessa e uscì velocemente dal supermercato pensando di ritrovare il portafoglio perso probabilmente per strada. Niente da fare. Disorientata per ciò che era successo, camminò per un po' a casaccio lungo il marciapiede.
Ad un certo punto sentì una voce femminile che la chiamava, non capì subito perché la donna che le veniva incontro si esprimeva in un italiano piuttosto incerto mentre le mostrava qualcosa che teneva tra le mani. Andò verso di lei e la riconobbe. Era la stessa che da diverso tempo vedeva seduta fuori dal supermercato con il suo cane, la stessa che le sorrideva inutilmente quando lei andava a fare i suoi acquisti.
"Signora, questo è tuo", le disse, porgendole il portafoglio, "è caduto qui, vicino alle zampe del mio cane". Poi aggiunse, in modo confuso, che l'aveva cercata all'interno del negozio senza trovarla perché lei era già andata via.
Fiorella non sapeva che dire. Quante volte si era mostrata infastidita nel vedere tanta povera gente tendere la mano nelle strade, quante volte aveva detto con sicurezza che si trattava di gente che non aveva voglia di lavorare. Per mesi era entrata ed uscita dal supermercato senza rivolgerle la parola, solo una volta, lo ricordava, era rimasta stupita nel vederla coprire il suo cane, in un giorno freddissimo di gennaio. Era stato un attimo, pochi secondi durante i quali, ricordava ora, si era quasi commossa, neppure adesso in fondo voleva ammettere di essersi commossa veramente.
Non sapeva che fare. Capì in pochi istanti quanto la sua vita fosse diventata arida, quante opportunità avesse sprecato, e forse quanto dolore anche lei avesse causato agli altri.
Una povera donna incontrata per strada forse le aveva indicato un modo diverso di vivere la propria esistenza, per quanto questa possa essere dolorosa ed estremamente faticosa.


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