Rinascimento privato
di Maria Bellonci
In copertina: Bronzino Ritratto di
Eleonora da Toledo con il figlio Giovanni (part.) Firenze Galleria degli Uffizi
Arnoldo Mondadori Editore
Narrativa romanzo
Collana Oscar classici moderni
Pagg. 504
ISBN 9788804566977
Prezzo €
10,00
Isabella
e Maria
“ Ho
scoperto che la mia condizione di donna non è predominante in assoluto e non
m’impedisce di diventare un essere compiuto, purché io non sia ingannata da me
stessa. Ho imparato a vivere senza freddezze e senza spasimi non rinunciando
perç alla ribellione e all’insorgere dei sentimenti.
Né
diminuisce la mia facoltà di rendermi ragione. Ecco perché, vanitosa come sono
sia pure temperatamente, non mi ha fatto vacillare lo scritto satirico di un
uomo traditore del suo intelletto, Pietro Aretino, che non avendo mai avuto da
me denaro o doni, mi ha accusato di essere vecchia con i denti falsi e il viso
imbellettato. Certo, sono tutte cose vere che ad una ad una hanno aiutato la
natura quando si è allontanata da me la giovinezza.”
È l’anno 1985 allorché viene pubblicato Rinascimento
privato, l’unico autentico romanzo storico di Maria Bellonci, un’opera
grandiosa, frutto di un lavoro durato una ventina d’anni e ultimato appena in
tempo (l’autrice infatti verrà a mancare nel 1986). A differenza di altri suoi
libri, particolari in quanto trattasi di storia narrata, qui invece troviamo un
fervido sviluppo della fantasia, una grande capacità di spaziare pur
ancorandosi agli autentici fatti accaduti, in poche parole una rilevante e
insospettabile creatività.
Si tratta di una autobiografia immaginaria di
Isabella d’Este, personaggio di primo piano in epoca rinascimentale, donna di
grande intelligenza, dotata di un naturale istinto politico, quanto mai
indispensabile in un’epoca turbolenta che vedeva il territorio italiano meta di
conquiste straniere. Sposa a soli sedici anni di Francesco Gonzaga diventa così
la marchesana di Mantova, un ruolo apparentemente di secondo piano, per una che
era figlia di una regina e sorella del duca Alfonso d’Este.
La sua abilità fu tale che non solo riuscì a
conservare l’indipendenza del piccolo marchesato, ma ottenne anche di poterlo
elevare al superiore rango di ducato. La sua corte fu una delle più colte
dell’epoca, animata da artisti di grande valore che lì trovarono le porte
aperte e la più ampia libertà di espressione, tanto che si potrebbe dire che,
se oggi Mantova è considerata una delle più importanti città d’arte italiane,
il merito è soprattutto di Isabella d’Este.
La sua vita vide lo sgretolarsi delle speranze
italiane di un’unità nazionale, anzi il nostro suolo divenne spesso terreno di
contesa di Spagna e Francia, con gli inevitabili lutti e rovine. Eppure, Isabella e la sua corte restarono un
faro unico e splendente in un ‘Europa in ebollizione, un luogo di pace
circondato da guerre.
Il personaggio e l’epoca quindi non potevano non
destare l’interesse di Maria Bellonci, che già molto aveva appreso durante la
preparazione di Lucrezia Borgia.
Lungi dal volerne scrivere una biografia - che pure
sarebbe risultata di notevole impatto storico-letterario, ma forse un po’
greve, data l’ampiezza del periodo e l’invero rilevante numero degli
accadimenti - l’autrice ha inteso conservare, pur nel più scrupoloso rispetto
di quanto effettivamente avvenuto, una certa autonomia, immaginando che sia
Isabella d’Este che parli di sé, tanto che il romanzo inizia e termina nel 1533
nella Stanza degli orologi, decine di congegni meccanici amati dalla
marchesana, a scandire un tempo mai uguale.
E’ lei che, ormai quasi alla fine del viale del
tramonto (morirà nel 1539), ritorna con
la mente indietro negli anni, ripercorre la sua vita, ci porta per mano dentro
la storia complessa di un’epoca. Il linguaggio usato è moderno, ma impreziosito
da una certa patina d’antico, dal ricorso, non frequente peraltro, a termini
allora di moda e oggi ormai desueti, in un mirabile equilibrio che non solo non
stanca il lettore, ma lo avvince sempre di più.
E poi c’è un’autentica chicca, un’invenzione
geniale, che è rappresentata dalle lettere (che non sono mai esistite) che un
ecclesiastico inglese, Robert de la Pole, invia a Isabella, lettere a cui lei
mai risponde.
Perché sono così importanti? Per due semplici, ma
notevoli motivi: l’amore platonico del mittente serve a mostrarci un’Isabella
dapprima risentita, poi sempre più interessata, per un segreto che non è di
stato, ma solo suo, per un’amicizia che non è amore, ma è sempre di più un
affetto che finirà con il divenire reciproco; in tal modo Maria Bellonci
completa la descrizione di un personaggio regale, austero, ma anche dotato di
una notevole intima sensibilità, una donna insomma a cui grazia e di
femminilità non mancano di certo. L’altro motivo è costituito dal fatto che in
tal modo veniamo a conoscenza di fatti importanti dell’epoca che non hanno
magari toccato direttamente Isabella e di cui lei non avrebbe potuto
raccontare, il che non è poco, perché così si ha una visione generale pregna di
un’oggettività che arricchisce le vicende storiche della marchesana,
integrandole, mostrandocele da un punto di vista diverso, da un orizzonte più
ampio.
Per le opere precedenti di Maria Bellonci non ho
lesinato gli elogi, tutti meritatissimi, considerandole dei veri e propri
capolavori, e mi trovo ora in difficoltà a giudicare un lavoro la cui qualità
va oltre l’immaginabile, perché, libera di sviluppare la propria creatività,
l’autrice ha profuso tutte le sue energie e le sue eccelse qualità in un
ritratto di una donna in cui è presumibile cercasse dei punti di contatto. I
frequenti ritrovi della marchesana con gli amici letterati ricordano un po’ gli
incontri della domenica in casa Bellonci e non è forse un caso se le
affermazioni di Maria e Isabella vengono
anche a coincidere. Entrambe donne sono riuscite a entrare nella storia, a
essere ricordate più dei loro mariti, che pure non erano certi degli
sconosciuti. E la malinconia degli ultimi anni di Isabella, ormai vedova, e di
Maria, pure lei privata del marito, accomuna idealmente i due personaggi, tanto
che potrei definire questo libro il testamento spirituale dell’autrice, che ha
saputo, in più di una pagina, trasmettere al lettore le vibrazioni del suo
cuore, ha dotato di un tocco magico e sublime le memorie di una donna che
procede lentamente verso il buio.
Rinascimento privato è assolutamente imperdibile.
Maria Bellonci, di origini piemontesi, nacque a Roma nel 1902 ed
esordì nel 1939 con Lucrezia Borgia, che vinse il premio Viareggio.
Insieme al marito Goffredo diede vita nel 1947 al premio Strega. Tra i suoi
libri: Segreti dei Gonzaga, Pubblici segreti, Tu, vipera
gentile, Marco Polo. Rinascimento privato esce nel 1985, l 'anno precedente la
morte dell'autrice.
Recensione di Renzo
Montagnoli
Il romanzo è bellissimo e la recensione altrettanto.
RispondiEliminaAgnese Addari
splendida recensione, viene proprio voglia di leggerlo...
RispondiEliminaFiorella Borin
Attraverso le tue parole, Renzo, ho ripercorso in sintesi la coinvolgente storia di Isabella d'Este e i complicati avvenimenti di quel periodo. Uno splendido libro, sono d'accordo, un ottimo stile, una storia che "costringe" ad entrare nell'animo, nella liberissima mente di una donna per quei tempi così moderna.
RispondiEliminaAnch'io ho trovato valida, ai fini della narrazione, l'introduzione di un personaggio affascinante e intelligente come Robert de la Pole. Mi viene da dire che se non ci fosse stato sarebbe mancato qualcosa.
Sempre interessanti e anche appassionate, direi, le tue recensioni.
Ciao.
Piera