L’arte
di amare –
Publio Ovidio Nasone – Newton Compton – Pagg. 128 –
ISBN 9788854166318 – Euro 1,90
La
saggezza degli antichi
Piacevole
da leggere e sorprendente sotto vari aspetti, “L’arte d’amare”
di Publio Ovidio Nasone è un’opera poetica che si distingue subito
per contenuto ed eleganza stilistica, considerando la metrica
utilizzata (intreccio di esametri e pentametri) e i copiosi e sempre
affascinanti richiami al mito.
È un poema che invita all’amore libero, c’è poco da girarci intorno. Un vademecum per libertini, di libero stato civile o già uniti in matrimonio che siano, uomini anzitutto ma anche donne dal momento che l’ultima parte dell’opera si rivolge direttamente ed inequivocabilmente alle “tenere fanciulle”.
Come tutte le arti, anche quella di amare va appresa, studiata e applicata; Ovidio stesso si erge al ruolo di “magister” con la benedizione - dice lui - delle divinità a cui, pur essendo tali, non sono certo ignoti i piaceri dell’eros.
Gli oltre duemila versi del poema sono suddivisi in tre libri; eccone i contenuti:
- Libro primo: destinato agli uomini, esso illustra dove e come rimorchiare. “…non c’è donna al mondo che non possa divenire la tua: e tu l’avrai, purché tu sappia tendere i tuoi lacci”. Siccome la manna non scende dal cielo, ci si deve pur dare una mossa e fare qualche fatica per andare a cercarla, specie nei posti giusti: quelli pubblici principalmente, come portici, templi, teatri e dove si svolgono le corse dei cavalli, senza trascurare mense e banchetti presumibilmente presso case private. Una volta individuata la donna, attirarla con la giusta parlantina che però non l’annoi, con lusinghe, con la pazienza e, naturalmente, con promesse, promesse, promesse… “Prometti molto: le promesse attraggono a sé le donne”. E non ci si scordi di spergiurare, invocando come testimoni i sommi dei ché pure Giove, adultero incallito, è solito giurare il falso alla divina consorte. Non tralasciare poi di piacere al marito della donna in questione né d’ingraziarsi la sua ancella (e valutare bene se valga la pena di togliersi qualche voglia pure con quest’ultima, ma, nel caso, sempre dopo aver concluso prima con la padrona). Se si vuole fare colpo, meglio curare igiene e aspetto personali, senza però rischiare di apparire troppo effeminati come coloro che, tra gli uomini, si arricciano col ferro i capelli o si depilano le gambe. Ultimo sincero consiglio: in amore guardarsi da amici e parentame vario poiché, a quanto pare, in molti si candidano a soppiantare chi troppo loda la propria amante.
- Libro secondo: destinato anch’esso a un pubblico maschile di lettori come il precedente, erudisce nell’ardua impresa di conservare a lungo la conquista, giacché “il mantenerla è frutto d’arte fina”. Non perder tempo con magie e filtri d’amore, ma “sii amabile, se vuoi essere amato”. Aggiungere “doti d’ingegno” alla bellezza che da sola poco può fare, vista la sua caducità. Evitare i litigi, abbondando in dolcezza (soprattutto chi non può fare doni materiali); magari comporre per lei “teneri versi”, ché, a quanto pare, con la cultura qualcosa si rimedia sempre. Non risparmiarsi nemmeno in lodi e adulazioni, così come non domandare mai l’età ed evitare lo scandalo. Ma, in particolare, “fai solo e sempre tutto ciò che vuole” e sopportare tutto, ingiurie, percosse… persino le temute corna!
- Libro terzo: forse un tentativo da parte dell’autore di accattivarsi anche le simpatie del pubblico femminile, dal momento che questa parte che chiude la sua “Ars amatoria” è a uso e consumo delle donne. Non fosse mai che queste, nella nobile arte, non potessero vantare un maestro pari a quello degli uomini. “Godetevi la vita” e “cogliete il fiore”, esorta loro Ovidio ché non è mistero quant’è bella giovinezza. Tutto sommato, i consigli non sono dissimili da quelli dispensati ai colleghi maschi: curare la pulizia e l’aspetto personali, trucco e parrucco; ma - attenzione! - mantenere segreta l’arte con la quale ci si rende belle, fatta com’è di pratiche e intrugli mica tanto belli a vedersi. Per accalappiare un uomo è buona norma imparare a cantare, suonare la cetra, danzare e - perché no? - conoscere i poeti greci e latini: su come la cultura possa rivelarsi utile in certe circostanze già si è disquisito. Mostrarsi socievoli, al bando l’ira e la superbia, così pure la gelosia. Ogni tanto tenere la porta chiusa all’amante e imparare alla svelta a eludere la sorveglianza del marito, tanti trucchetti esistono apposta. Infine, all’occorrenza, fingere di raggiungere il piacere nell’amplesso.
Qualsiasi commento sembra superfluo. Del resto, si sa, la saggezza degli antichi è indiscutibile!
È un poema che invita all’amore libero, c’è poco da girarci intorno. Un vademecum per libertini, di libero stato civile o già uniti in matrimonio che siano, uomini anzitutto ma anche donne dal momento che l’ultima parte dell’opera si rivolge direttamente ed inequivocabilmente alle “tenere fanciulle”.
Come tutte le arti, anche quella di amare va appresa, studiata e applicata; Ovidio stesso si erge al ruolo di “magister” con la benedizione - dice lui - delle divinità a cui, pur essendo tali, non sono certo ignoti i piaceri dell’eros.
Gli oltre duemila versi del poema sono suddivisi in tre libri; eccone i contenuti:
- Libro primo: destinato agli uomini, esso illustra dove e come rimorchiare. “…non c’è donna al mondo che non possa divenire la tua: e tu l’avrai, purché tu sappia tendere i tuoi lacci”. Siccome la manna non scende dal cielo, ci si deve pur dare una mossa e fare qualche fatica per andare a cercarla, specie nei posti giusti: quelli pubblici principalmente, come portici, templi, teatri e dove si svolgono le corse dei cavalli, senza trascurare mense e banchetti presumibilmente presso case private. Una volta individuata la donna, attirarla con la giusta parlantina che però non l’annoi, con lusinghe, con la pazienza e, naturalmente, con promesse, promesse, promesse… “Prometti molto: le promesse attraggono a sé le donne”. E non ci si scordi di spergiurare, invocando come testimoni i sommi dei ché pure Giove, adultero incallito, è solito giurare il falso alla divina consorte. Non tralasciare poi di piacere al marito della donna in questione né d’ingraziarsi la sua ancella (e valutare bene se valga la pena di togliersi qualche voglia pure con quest’ultima, ma, nel caso, sempre dopo aver concluso prima con la padrona). Se si vuole fare colpo, meglio curare igiene e aspetto personali, senza però rischiare di apparire troppo effeminati come coloro che, tra gli uomini, si arricciano col ferro i capelli o si depilano le gambe. Ultimo sincero consiglio: in amore guardarsi da amici e parentame vario poiché, a quanto pare, in molti si candidano a soppiantare chi troppo loda la propria amante.
- Libro secondo: destinato anch’esso a un pubblico maschile di lettori come il precedente, erudisce nell’ardua impresa di conservare a lungo la conquista, giacché “il mantenerla è frutto d’arte fina”. Non perder tempo con magie e filtri d’amore, ma “sii amabile, se vuoi essere amato”. Aggiungere “doti d’ingegno” alla bellezza che da sola poco può fare, vista la sua caducità. Evitare i litigi, abbondando in dolcezza (soprattutto chi non può fare doni materiali); magari comporre per lei “teneri versi”, ché, a quanto pare, con la cultura qualcosa si rimedia sempre. Non risparmiarsi nemmeno in lodi e adulazioni, così come non domandare mai l’età ed evitare lo scandalo. Ma, in particolare, “fai solo e sempre tutto ciò che vuole” e sopportare tutto, ingiurie, percosse… persino le temute corna!
- Libro terzo: forse un tentativo da parte dell’autore di accattivarsi anche le simpatie del pubblico femminile, dal momento che questa parte che chiude la sua “Ars amatoria” è a uso e consumo delle donne. Non fosse mai che queste, nella nobile arte, non potessero vantare un maestro pari a quello degli uomini. “Godetevi la vita” e “cogliete il fiore”, esorta loro Ovidio ché non è mistero quant’è bella giovinezza. Tutto sommato, i consigli non sono dissimili da quelli dispensati ai colleghi maschi: curare la pulizia e l’aspetto personali, trucco e parrucco; ma - attenzione! - mantenere segreta l’arte con la quale ci si rende belle, fatta com’è di pratiche e intrugli mica tanto belli a vedersi. Per accalappiare un uomo è buona norma imparare a cantare, suonare la cetra, danzare e - perché no? - conoscere i poeti greci e latini: su come la cultura possa rivelarsi utile in certe circostanze già si è disquisito. Mostrarsi socievoli, al bando l’ira e la superbia, così pure la gelosia. Ogni tanto tenere la porta chiusa all’amante e imparare alla svelta a eludere la sorveglianza del marito, tanti trucchetti esistono apposta. Infine, all’occorrenza, fingere di raggiungere il piacere nell’amplesso.
Qualsiasi commento sembra superfluo. Del resto, si sa, la saggezza degli antichi è indiscutibile!
Laura
Vargiu
Una bella recensione che, col suo tocco leggero e scherzoso, spinge al sorriso. Per quanto riguarda Ovidio sappiamo bene che oltre ad essere un grande poeta era anche un tipetto piuttosto sveglio.
RispondiEliminaPiera