di
Giovanni Piubello
a
cura di Mario Artioli e Vladimiro Bertazzoni
Sometti
Editoriale
Narrativa
romanzi
Pagg.
372
ISBN
978-88-7495-024-9
Prezzo
Euro 15,00
Per
conoscere Piubello
Che
Giovanni Piubello sia stato un uomo di riferimento per i mantovani
amanti della cultura é fuor di dubbio; sostava con la sua bancarella
di libri per lo più usati all’inizio di quei portici che da piazza
Andrea Mantegna, impreziosita dalla Basilica di Sant’Andrea,
portano alla storica piazza Sordello ed era lì con il preciso scopo
di conversare di letteratura con chi lo avvicinava e magari di
riuscire a vendergli qualche volume, visto che di qualcosa doveva pur
vivere. Spirito acuto, grande osservatore, si dilettava pure di
scrittura, con una produzione multiforme che va dalla prosa alla
poesia, lavori quasi sempre auto pubblicati e venduti in loco, come
anche una rivista, La Bancarella, ben 64 numeri usciti dal 1955 al
1966. Andò oltre la notorietà cittadina quando Rizzoli gli pubblicò
il primo romanzo, Matti
beati,
che ricevette anche il prestigioso premio Duomo. Per lui, comunque,
non cambiò nulla e non cercò di cavalcare l’onda del successo,
rinchiudendosi nel suo piccolo mondo, rappresentato dalla bancarella.
Restò sempre conosciuto in Mantova, mentre poco a poco la fama si
mostrò effimera a livello nazionale e dopo la sua prematura
scomparsa si corse anche il rischio che perfino nella sua città ci
si dimenticasse di lui. Ampio merito va dato quindi
all’Amministrazione Provinciale di Mantova, al Comune di Mantova e
alla Fondazione Banca Agricola Mantovana che nel 2003, nel ventennale
della scomparsa di Piubello, hanno inteso ricordarlo provvedendo alla
ristampa di tutti i suoi scritti, che erano ormai diventati di
difficile, e in non pochi casi di impossibile reperibilità. I
curatori Mario Artioli e Vladimiro Bertazzoni idearono così un
cofanetto di quattro volumi, di cui il primo è relativo ai romanzi,
a Matti
beati e
a Gli
ubbidienti,
quest’ultimo in precedenza mai dato alle stampe.
Mi
scuso per questa lunga premessa che però è indispensabile per avere
almeno un’idea, per quanto approssimativa, di Giovanni Piubello, un
uomo dimesso, umile (però con quella grandezza tipica degli umili
che improntano la loro vita alla conoscenza), ma di grande spessore
umano e letterario.
Quindi, Matti
beati e Gli
ubbidienti sono
i due romanzi riuniti in questo unico volume, con il secondo che è
la naturale prosecuzione del primo, di quell’unico finito negli
occhi interessati della grande editoria e che, al di là del fatto
che sia stato pubblicato da Rizzoli e abbia avuto il premio Duomo, è
veramente un’opera di grande bellezza. Si dice che quando si
invecchia si perda la memoria dei fatti più recenti, mentre
riaffiorino eventi di un lontano passato, di quando si era bambini.
Infatti, in Matti
beati l’io
narrante, Nani, diminutivo e vezzeggiativo di Giovanni, cioè
dell’autore, parla dell’infanzia trascorsa a San Bonifacio, il
paese veronese di origine, e lo fa con un garbo, con una freschezza
che fanno apparire gli episodi accaduti un bel po’ di anni prima
come se fossero successi da pochissimo. Questo bambino si comporta
come uno della sua età, anche se a volte ci sono delle timide
proiezioni verso il dopo, verso gli anni di un Giovanni più maturo,
ma si ritrova sempre quella beata innocenza che porta l’adulto a
perdonare quasi sempre il comportamento di un infante. Come tutti i
paesi San Bonifacio ha i suoi personaggi, delle vere e proprie icone,
che Piubello descrive con arguzia e anche con tanto affetto. Sono
storie normalissime, ma la penna dell’autore è così puntuale e
lieve che riesce a farcele sembrare straordinarie; brevi capitoli, un
non infrequente tono poetico, anche una misurata ironia accompagnano
il lettore nella scoperta di questo grande scrittore, a cui
giustamente ora sono tributati quegli onori che da vivo non aveva
avuto.
E
vengo ora a Gli
ubbidienti che,
come ho precisato, è la naturale continuazione di Matti
beati;
anche in questo romanzo Piubello esalta i ricordi della fanciullezza
con una serie di episodi che non hanno nulla di sensazionale, ma
raccontati con garbo, con un senso della misura che finisce con il
rendere il lettore se non partecipe, almeno presente. Così ci sono
figure, come la maestra con gli occhiali in punta di naso, il parroco
che non disdegna di insegnare ai bambini ricorrendo a una bella
tirata di orecchie o a uno scapaccione, oppure ancora l’imbroglione
da due soldi, una volta travestito da frate, un’altra finto cieco,
che non possono non attirare l’attenzione, descritti così bene da
sembrare vivi, in procinto lì lì di uscire dalle pagine. E poi c’è
una mitizzazione quasi sempre presente, quell’innocente
innamoramento che è quasi un gioco, frutto di una innata reciproca
simpatia, incarnata da una figura femminile azzeccatissima, Natalina,
la bimbetta compagna dei suoi giochi e delle sue piccole avventure; a
lei è riservata la tenerezza per un affetto che ogni tanto riemerge
dalla nebbia del tempo, l’emblema di un’età felice e
irripetibile.
La
lettura di entrambi i romanzi diventa quindi, oltre che un piacevole
passatempo, l’occasione per una riflessione sull’evolversi della
vita, magari con il tentativo di ripescare quei ricordi dell’infanzia
che fanno sentire meno greve la vecchiaia e che aiutano a dare un
senso a questo cammino che ognuno di noi fa dall’alba al tramonto.
Matti
beati e Gli
ubbidienti sono
pertanto senz’altro da leggere.
Giovanni
Piubello (San
Bonifacio, 24 giugno 1921 – Mantova, 16 giugno 1983) trascorse
l'infanzia nel paese natale, e si trasferì a Mantova nel 1928 dove
conseguì il diploma di perito industriale, ma volle diventare
scrittore, libraio ed editore.
La
sua prima opera, pubblicata in proprio, fu Zingara e
poi diede alle stampe numerosi volumetti di racconti, prose, lettere
in piazza e A
proposito di gobbi,
in versi.
Nel
1967 l'editore Rizzoli pubblicò il romanzo Matti
beati,
con il quale vinse il premio nazionale Duomo. Il romanzo è
autobiografico e racconta l'infanzia dello scrittore nel paese di San
Bonifacio (Sambonifacio), descrivendo un quadro suggestivo della vita
contadina e di paese negli anni Venti, in un contesto di sostanziale
povertà vissuto tuttavia con allegria.
Il
successo fu di breve durata e Piubello continuò a stampare in
proprio, nelle Edizioni
di Bancarella,
le sue storie, le sue lettere e i suoi dialoghi con lettori veri o
presunti.
Fu
straordinario osservatore della vita cittadina nella sua patria
d'adozione, e fu amato dai mantovani che trovavano nella bancarella
sotto i portici Broletto un dimesso ma profondo uomo di cultura.
Renzo
Montagnoli
Una presentazione veramente bella che sottende umanità e comprensione dell'altro.La tua recensione non è solo approfondita relativamente al valore delle due opere, si avverte in essa simpatia e anche un po' di amarezza per la vita probabilmente difficile di G. Piubello. Ottima l'idea dei curatori dell'opera, così come la tua proposta, Renzo.
RispondiEliminaPiera