Metello
di
Vasco Pratolini
Edizioni
BUR
Narrativa
romanzo storico
Pagg.
329
ISBN 9788817046480
Prezzo
Euro 12,00
La
boje
La
boje, vale a dire bolle, era parte del motto che i contadini
adottarono in occasione della rivolta popolare del periodo 1882 –
1885. Nel caso di Metello,
invece, si tratta del primo grande sciopero degli edili avvenuto più
tardi, nel 1901, ma in ogni caso si trova pure in questa occasione
l’esasperazione di lavoratori quasi alla fame che, prendendo piano
piano coscienza dei loro diritti, rivendicano, in uno con un congruo
aumento salariale, il riconoscimento della propria dignità di
uomini.
Protagonista
principale di questo grande affresco storico è Metello Salani, nato
a Firenze nel 1875 e rimasto nel giro di pochissimo tempo orfano dei
propri genitori, tanto che di fatto viene adottato dalla donna che lo
teneva a balia.
Il
romanzo ripercorre la vita di questo bambino che diventerà uomo
prima del tempo per la necessità di sopravvivere, un uomo che non ha
avuto la guida di un padre, ma che troverà in un compagno di lavoro,
l’anarchico Betto, colui che gli insegnerà a leggere e a scrivere
e che lo introdurrà alla vita degli adulti. Metello ha
un’intelligenza pronta, impara presto, lavora bene come muratore,
poco a poco diventa un esempio per gli altri che faticano tutto il
giorno, fra mille pericoli, a tirar su muri e a coprire con i tetti.
Non è esente da difetti, è sostanzialmente fedele a chi ama, ma è
privo di remore quando si tratta di rispondere alle sollecitazioni
della carne. Comunque è un uomo in cui matura, senza che lui se ne
accorga, il desiderio di rivendicare per la propria categoria tutti
quei diritti naturali da tempo negati e senza essere un sindacalista
riesce comunque ad assurgere alla figura di capo popolo, una guida
per tanti altri che cominciano ad alzar la testa. Si chiedono
migliori condizioni di lavoro, un aumento della paga che consenta di
vivere, ma è netta la chiusura dei padroni, tanto che, ob
torto collo,
i muratori sono costretti a indire uno sciopero a oltranza. E’
bellissima la descrizione dell’atmosfera, di questa povera gente
che è di fatto obbligata a indebitarsi per tirare avanti, nella
speranza che sopraggiunga un accordo. Tutto sembra complottare contro
di loro e chi ha il potere ricorre anche alla forza della polizia e
dell’esercito, ma alla fine, quando gli animi sono esasperati,
quando il fronte degli scioperanti comincia a incrinarsi, quando
scoppiano i tafferugli e ci scappa anche il morto, si giunge al tanto
agognato accordo, che accoglie solo in parte assai ridotta le
richieste economiche, ma che ha un significato che esula dalla
materialità del denaro: è sorto uno spirito di categoria, un popolo
di cenciosi si è unito per riscattare la propria dignità. Il lavoro
può ricominciare, funestato subito da un tragico incidente, in cui
periscono un vecchio muratore e un giovane manovale, perché le
condizioni di sicurezza sono inadeguate e per di più non esiste
un’assicurazione sugli infortuni. Ecco quindi una materia su cui
discutere con i padroni, ecco un altro traguardo da raggiungere di
quella lunga corsa a tappe che è l’emancipazione di una classe
lavoratrice taglieggiata dal padronato. Il romanzo non ha una fine
vera e propria, perché Metello esce dal carcere dove è stato tenuto
in attesa di giudizio per i fatti di quello sciopero, giudizio che lo
assolve pienamente, e ad attenderlo in strada trova la moglie Ersilia
con il figlioletto. Si incamminano verso casa, ma prima si fermano in
un caffè, dove lei prende un corretto e lui un grappino. Davanti a
loro un grande specchio riflette la loro immagine e Metello dice “La
Sacra Famiglia”; al che lei lo invita a non bestemmiare e lui
replica “Ma d’ora in avanti.”. Gli fa eco lei: “D’ora in
avanti cosa?”. Sembrerebbe di capire che Metello da ora in avanti
si interesserà solo della famiglia e che non si occuperà più di
battaglie politiche, ma entrambi sanno che non è possibile, perché
un uomo come lui non può restare sempre a capo chino e la lotta, per
quanto lunga e difficile sia, non può essere per lui che pane
quotidiano.
Scritto
splendidamente, coinvolgente, emozionante, a volte anche
commovente, Metello è
il romanzo che mi sento di definire un capolavoro.
Da
ultimo, nel 1970 uscì nelle sale cinematografiche una felice
trasposizione cinematografica dal titolo Metello, un film diretto da
Mauro Bolognini e interpretato da un giovanissimo e convincente
Massimo Ranieri e da una brava Ottavia Piccolo che ottenne il premio
per la migliore interpretazione femminile al Festival di Cannes.
Vasco
Pratolini (Firenze,
19 ottobre 1913 – Roma, 12 gennaio 1991). Di famiglia operaia, è
costretto a interrompere gli studi e svolge mestieri diversi per
potersi mantenere.
Autodidatta, entra in contatto con l’ambiente degli artisti e degli scrittori che gravitano attorno al pittore Ottone Rosai, frequentandone la casa.
Autodidatta, entra in contatto con l’ambiente degli artisti e degli scrittori che gravitano attorno al pittore Ottone Rosai, frequentandone la casa.
Pratolini
comincia a collaborare al periodico «Il Bargello» e diviene
redattore con Alfonso Gatto, nel 1938, della rivista «Campo di
Marte». Nel 1951 si trasferisce a Roma, città nella quale vivrà da
allora in poi.
Le sue prime esperienze narrative ("Il tappeto verde", 1941; "Via de’ magazzini", 1941; "Le amiche", 1943; "Cronaca familiare", 1947) compongono il ritratto di un'infanzia e di una giovinezza piuttosto picaresche.
Le sue prime esperienze narrative ("Il tappeto verde", 1941; "Via de’ magazzini", 1941; "Le amiche", 1943; "Cronaca familiare", 1947) compongono il ritratto di un'infanzia e di una giovinezza piuttosto picaresche.
Il
registro adottato, sin da quelle prime prove, si pone a mezza via fra
il realistico e il lirico.
"Il quartiere" (1943) è un affresco corale che narra della presa di coscienza del sottoproletariato urbano.
Gli stessi temi sono riproposti, con tono appena più svagatamente satirico, ne "Le ragazze di San Frediano" (1949), e trasposti poi in una più approfondita lettura psicologica in "Cronache di poveri amanti" (1947).
"Il quartiere" (1943) è un affresco corale che narra della presa di coscienza del sottoproletariato urbano.
Gli stessi temi sono riproposti, con tono appena più svagatamente satirico, ne "Le ragazze di San Frediano" (1949), e trasposti poi in una più approfondita lettura psicologica in "Cronache di poveri amanti" (1947).
Pratolini
svolge con successo, in questi anni, anche un'attività di
sceneggiatore e soggettista cinematografico, e intraprenderà in
seguito una carriera di autore di testi teatrali ("La domenica
della povera gente", 1952; "Lungo viaggio di Natale",
1954).
Nel
1955 pubblica Metello (premio Viareggio), primo romanzo di quella che
diverrà la trilogia "Una storia italiana", essendo
completata da "Lo scialo" (1960) e da "Allegoria e
derisione" (1966).
Nella trilogia, la vita dei fiorentini, descritta attraverso la caratterizzazione di personaggi emblematici del proletariato e della borghesia, diviene il microcosmo in cui analizzare lo svolgimento di dinamiche sentimentali e politico-sociali.
Nella trilogia, la vita dei fiorentini, descritta attraverso la caratterizzazione di personaggi emblematici del proletariato e della borghesia, diviene il microcosmo in cui analizzare lo svolgimento di dinamiche sentimentali e politico-sociali.
Alla
città e al mondo dell’adolescenza sono dedicati ancora un romanzo,
"La costanza della ragione" (1963), e le poesie raccolte in
"La mia città ha trent’anni" (1967). Alcune «cronache
in versi e in prosa», scritte dal 1930 al 1980, sono riunite nel
volume "Il mannello di Natascia" (1984, premio Viareggio).
Renzo
Montagnoli
La bella recensione ad un libro che tratta argomenti direi molto attuali, sebbene sia stato scritto non pochi anni fa. Un bravo autore e un bel libro, bello anche il film che ne è stato tratto.
RispondiEliminaPiera