sabato 15 febbraio 2020

Sul treno, di Piera Maria Chessa





Sul treno
di Piera Maria Chessa


Era un giorno di marzo, molto vicino all’arrivo della primavera, e in realtà tutto sembrava anticipare i bei giorni a venire. Era stato un inverno piuttosto insolito, un’alternanza di giorni molto freddi con giornate tiepide, che facevano bene al fisico ma anche alla mente.
Ben disposto verso gli altri e verso la natura, quel giorno Carlo, alle otto e mezza del mattino, si era diretto verso la stazione per prendere il treno che da Lucca lo avrebbe portato a Siena, dove si recava per un colloquio di lavoro. Magari fosse andato a buon fine, se lo augurava con tutto se stesso, dopo aver trascorso intere giornate a compilare curriculum da spedire un po’ ovunque!
Aveva dovuto attendere dieci minuti prima che il treno partisse, ma era certo che avrebbe recuperato lungo il percorso.
Si sedette in uno scompartimento già occupato da due ragazzi e da una coppia di mezza età. A quell’ora del mattino bisognava avere pazienza, era già tanto aver trovato un posto libero, così levò un libro da uno zaino, intenzionato a portare avanti una lettura che già da qualche giorno lo coinvolgeva.
Amava moltissimo leggere, e spaziava da un genere all’altro senza difficoltà, romanzi storici, noir, biografie e autobiografie, saggi, racconti, senza tralasciare neppure la poesia. Tutto lo interessava, a tal punto da trascurare persino i pasti pur di concludere velocemente una storia avvincente.
Quella mattina era dunque così motivato da non accorgersi che i due ragazzi seduti di fronte a lui lo guardavano con un atteggiamento piuttosto arrogante, pur senza dire nulla. Fu durante una breve interruzione che, sollevando gli occhi dal libro, li notò. Non se ne occupò minimamente e riprese a leggere.
A quel puntò qualcosa scattò nella mente dei due ragazzini. Erano giovanissimi, ma incredibilmente agguerriti. Fu forse l’atteggiamento tranquillo ed educato di Carlo, o forse la noia dell’attesa, chi lo sa, sta di fatto che in un attimo incominciarono a infastidirlo con frasi inopportune.
Inizialmente Carlo fece finta di niente, proseguendo la sua lettura e cercando di ignorarne il comportamento. Ma loro continuavano, imperterriti e sempre più aggressivi, a formulare delle frasi ancora più esplicite e chiaramente omofobe.
I due signori seduti accanto mostravano la più totale indifferenza, mentre Carlo, interrompendo a quel punto la lettura, cercava di far capire ai ragazzini, con gentilezza ma anche con determinazione, che forse era il caso di smetterla.
Fu allora che uno dei due, ancora più irritato e infastidito, sbottò dicendo:” Se non la smetti di darti tutte queste arie, ma chi pensi di essere, ti spiego meglio chi sono io!”
Nel frattempo, l’uomo e la donna seduti nello scompartimento continuavano a tacere come se nulla stesse avvenendo. Non una parola, non un gesto.
Carlo non sapeva proprio che cosa fare nè che cosa dire, lui che desiderava semplicemente essere rispettato.
In quel momento, voltandosi per puro caso verso il corridoio, vide una ragazza che si era avvicinata per un istante allo scompartimento, a lei bastò poco per capire quello che stava accadendo, ma non entrò. Carlo si sentì ancora più isolato, gli sembrava tutto così assurdo! Solo più tardi capì le sue vere intenzioni.
Passarono solo pochi istanti prima che arrivasse il capotreno. Chiese che cosa stesse succedendo, ascoltò con attenzione come si erano svolti i fatti e poi prese la sua decisione. Quella giusta, quella che avrebbe messo la parola fine a un comportamento disgustoso.
Senza dire una parola indicò la porta ai due ragazzini, che lo guardarono sconcertati, poi disse loro di uscire dallo scompartimento e di scendere dal treno subito dopo, alla prima fermata .
Quando, protestando, loro dissero che sarebbero dovuti scendere non in quel momento ma alla fermata successiva, il capotreno, cercando di controllare la propria indignazione, rispose con fermezza:” Io non voglio sul treno persone maleducate e con una zucca vuota come la vostra, gente che non sa stare al mondo e che non conosce il rispetto per gli altri, scendete all’istante!”
I due ragazzi a quel punto persero tutta la loro baldanza e uscirono dallo scompartimento, fermandosi nel corridoio.
Carlo, finalmente rilassato, pochi minuti dopo, attraverso il finestrino diede un ultimo sguardo a quei due ragazzi sbandati e arroganti che, come prima aveva detto il capotreno nel momento in cui scendevano, non sapevano che cosa fare della loro vita e avevano perciò tanto tempo da perdere.
Lui due cose soltanto in quel momento voleva fare, ringraziare la ragazza che aveva capito al volo la situazione in cui si era trovato, e poi manifestare la sua stima al capotreno, che aveva fatto esattamente ciò che doveva fare, ma che in un Paese come il suo non era affatto scontato.
Dalla raccolta “Sguardi di donne”




3 commenti:

  1. Per fortuna un lieto e giusto fine! In questo racconto è ben rappresentato l'esito di due comportamenti umani antitetici e cioè l'indifferenza e la solidarietà. Sicuramente negativo il primo ed encomiabile il secondo che, come si è visto, produce ottimi risultati.
    Proprio un bel racconto!
    Gio

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  2. Che bell'analisi, Gio, il tuo sguardo, sempre vigile, ha colpito nel segno. Grazie per l'attenzione e per il bel commento.
    Piera

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