Sazia
di luce
di Adriana
Pedicini
Nota
dell’autrice
Prefazione
di Giuseppe Possa
Edizioni
Il Foglio Letterario
Collana
Orizzonti
Pagg. 86
ISBN 9788876064531
Prezzo
€ 10,00
Dal
buio della notte all’alba lucente
Ci sono momenti nella vita in cui una malattia
particolarmente seria non solo ha ripercussioni sul fisico, ma
inevitabilmente presenta riflessi sulla psiche. Il timore di non guarire, la
paura che la stessa esistenza possa venire meno finisce con il condizionare
inesorabilmente il nostro modo di essere, e ciò indipendentemente dal fatto che
si combatta e che non subentri una sofferta rassegnazione. Questa esperienza è
stata provata anche da Adriana Pedicini che, amante della poesia, di cui è
anche eccellente autrice, ha inteso tradurla in versi. Sono liriche, quelle
della prima parte, che esprimono in modo perfetto questo stato d’animo, come
per esempio, in Hic et nunc (Le lacrime bucano le
rocce / del cuore dalla volontà / levigate e dall’amore. / Le raccolgo
/ otre accartocciato / pieno al fondo di detriti / e di pagliuzze tra la
sabbia.). Per il titolo, non a caso, è stata usata questa
locuzione latina che letteralmente si traduce in qui ed ora,
che nell’italiano corrente non ha tuttavia un significato chiarificatore, ma
che nell’uso filosofico assume una valenza del tutto particolare. Infatti,
nell’esistenzialismo, di cui Martin Heidegger è stato uno dei più
insigni rappresentanti insieme con Karl Jaspers, Hicet nunc sinteticamente
esprime il concetto dominante di questa filosofia, con l’essere umano visto
nella fragilità della sua condizione a tempo, di questa sua precarietà
determinata da una fine certa. E questo stato di incertezza si rivela
più che mai come determinante proprio nel momento in cui si nutrono timori per
la propria vita. Ancora più esplicativa poi appare Stanza
d’ospedale, laddove l’essere umano, in questo tempo incerto, cerca conforto
nelle voci, nei rumori d’ogni giorno, nelle parole dei medici, ma è un sollievo
forzoso, momentaneo, poiché come s’avvicina la sera, con le ombre che
calano e che naturalmente isolano l’individuo, inevitabile prende il
sopravvento quell’angoscia prima in apparenza celata.
Mi preme, però, rassicurare i lettori:
questa silloge non è una voce di pianto, non porta a sollecitare facili
commozioni, bensì è una descrizione realistica delle tante emozioni che
investono l’essere umano in questa particolare condizione, anzi rappresenta una
fine e veritiera analisi psicologica.
Se la prima parte ha questo fine, che fra l’altro può
indurre a un pathos non indifferente, la seconda potrei definirla di
resurrezione, come quella di una vicenda iniziata con le peggiori prospettive,
ma che si conclude felicemente. E non a caso la linea di
demarcazione è portata da una poesia che si intitola Profumo
di Natale ( Timida e rossa / come le mie gote giovinette
/ la piccola euphorbia / dall’angolo riposto / tinge di colore / la
mia anima, / sommessa luce / in uggioso avvento. /…/ Ho respirato profumo di
Natale.). Più che di una natività si tratta di una rinascita per chi vede
innanzi a sé la via della guarigione. L’ispirazione cambia, al grigio brumoso
si sostituiscono altri colori, un richiamo alla vita, e allora al Profumo
di Natale segue quello della primavera e perfino la pioggia diventa
amica. Tutto appare diverso, in una luce nuova e si ritrova il piacere di
osservare la natura con il cuore ora traboccante di gioia. Quel senso di
precarietà è assopito, lasciato alle discussioni filosofiche di chi
studia Heidegger e Jaspers; resta però una domanda: chi siamo?
Ben strutturata, per nulla enfatica, questa silloge è di facile lettura e invita non poco a meditare sul significato della vita, sul valore di certi aspetti che spesso consideriamo insignificanti, ma che nell’arco di un’esistenza assurgono a beni primari, come può essere quello di osservare un fiore, consapevoli di poterlo ancora fare nei giorni a venire, senza che una spada di Damocle incombente ci assilli, togliendoci la gioia di riscoprire il valore di tante piccole grandi cose.
Ben strutturata, per nulla enfatica, questa silloge è di facile lettura e invita non poco a meditare sul significato della vita, sul valore di certi aspetti che spesso consideriamo insignificanti, ma che nell’arco di un’esistenza assurgono a beni primari, come può essere quello di osservare un fiore, consapevoli di poterlo ancora fare nei giorni a venire, senza che una spada di Damocle incombente ci assilli, togliendoci la gioia di riscoprire il valore di tante piccole grandi cose.
Da leggere, indubbiamente.
Adriana Pedicini, vive
a Benevento. Già docente di lettere classiche nei Licei, scriveda tempo, ma
solo con la pensione ha iniziato a dare concretamente visibilità alla sua
scrittura. Ha pubblicato una raccolta di racconti I luoghi della
memoria, A. Sacco editore 2011, (1° Premio nel Concorso Internazionale di
Narrativa Taormina 2010) e una silloge di poesie, Noemàtia, Lineeinfinite edizioni
2012. Tra esse figura la poesia Mare Monstrum, I° premio al Premio
internazionale di poesia Otto milioni 2013, assegnato dal Comune
di Torrenova (Me). Ha anche curato Da Europa all’Europa (Ilmiolibro.it 2010),
dispense didattiche sul teatro antico e sull’origine della civiltà occidentale,
attraverso il mito di Europa e gli archetipi del pensiero, del diritto,
dell’arte, della letteratura. È presente con poesie e racconti su varie
antologie anche on-line. Collabora con diversi blog e siti letterari. Per
contatti: adripedi@virgilio.it
Recensione
di Renzo Montagnoli
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