sabato 23 gennaio 2016

Il declino della Cristianità, di Ferdinando Camon


Il declino della Cristianità
di Ferdinando Camon



Quotidiani locali del Gruppo "Espresso-Repubblica" 2 dicembre 2015





Le parole del vescovo di Padova o io non le capisco mentre le leggo o lui non le capiva mentre le pronunciava. Infatti ci è tornato sopra, cercando di dar loro un senso diverso da quello che avevano. Ma ormai le aveva dette. Intervistato sui casi di cronaca in cui, per non disturbare gli islamici, si nasconde o si camuffa il Natale, aveva risposto così: «Io farei tanti passi indietro pur di mantenerci nella pace, nell’amicizia e nella fraternità». Che vuol dire? Non cita il Natale, ma è del Natale che si sta parlando. Il Natale ricorda che Cristo è nato ed è venuto sulla Terra, fare un passo indietro cosa significa? Che non è nato e non è venuto? Certo che con questa posizione non si turbano gli islamici, ma si turbano i cristiani: è una posizione cristiana, questa? Le polemiche sul Natale dimostrano una cosa: non è in ballo il Natale, festeggiarlo o no, cantare canzoni natalizie o no, e neanche la tradizione, se mantenerla tutta o lasciarne perdere una parte. Queste polemiche dimostrano che è in atto il declino della Cristianità, stiamo perdendo la nostra identità, non sappiamo più chi siamo. Il Natale non è una festa qualsiasi. È l’inizio di una religione e di una civiltà, la civiltà nella quale viviamo. Si teme che, ricordando questa nascita, offendiamo la suscettibilità degli immigrati di altra religione? E si arriva al punto che, in una città, si fa il presepe ma senza il Bambino? Procedendo con questo principio, arriveremo a dire che non siamo nell’anno 2015, e conteremo gli anni da un altro inizio. È assurdo. Dire: «Siamo nel 2015» significa che 2015 anni fa è avvenuto qualcosa che ha riaperto la storia, facendola ricominciare. I musulmani ci dicono: «Siamo perfettamente d’accordo con voi, infatti noi rispettiamo il vostro Gesù, non vogliamo ignorarlo, è un grande profeta». Grazie, ma questo non ci rende fratelli. Perché per i popoli cristiani d’Europa e d’Occidente quello che è nato 2015 anni fa non è un profeta, come Maometto, ma è il figlio di Dio. La cultura e la storia dell’Occidente hanno girato su questo concetto, pro e contro. Non è un principio filosofico o culturale, è un evento. Il Cristianesimo è fondato su questo evento, e credere vuol dire credere in quell’evento. Per restare in Italia, quell’evento, e la fede che ne deriva, e la religione che ne è nata, ha riempito la letteratura che si studia nella scuole, da Dante Alighieri fino a Mario Luzi. Un ragazzo venuto da un’altra civiltà, e che ora studi qui, nelle superiori, non può capire nulla della nostra letteratura se non sa cos’è quell’evento, cosa significa, cosa ricorda. Molti anni fa ha fatto notizia (me ne sono occupato anch’io) un gruppetto di ragazzi e ragazze giapponesi, in gita turistica in Italia, che a Venezia avevano noleggiato una guida locale, che gli spiegasse tutto quel che vedevano, in inglese. La guida gli spiegava piazze, chiese, dipinti, croci. A un certo punto una ragazza giapponese fa: «Scusi, ma che cos’è questa cosa che voi chiamate “croce”? L’abbiamo vista anche a Firenze, che cos’è?». Stava succedendo questo: arrivava in Italia una porzioncina di umanità che non sapeva cos’è la croce. Poteva capire qualcosa, della nostra civiltà? Nulla. Però quelli eran giovani turisti ricchi, in viaggio di piacere, che poi tornavano a casa, a vivere secondo la loro civiltà. Nessun problema. Ma i ragazzi islamici in casa nostra, iscritti nelle nostre scuole, son qui per restare, per vivere qui, lavorare qui, sposarsi e farsi una famiglia. È giusto, e gli serve, che capiscano cos’è questo paese, che storia ha, che civiltà s’è costruito. Non tutti amano questa civiltà, neanche fra quelli che la sfruttano e ne godono i privilegi. I padri costituenti d’Europa, quando han negato le radici cristiane, han mostrato una colossale ignoranza. Quando l’Onu chiama il Papa a parlare dei problemi dell’umanità, e lo ascolta e lo applaude, fa una cosa saggia. La città di Sassari, che impedisce all’arcivescovo di dire quattro parole nelle scuole sotto Natale, commette una sciocchezza. La civiltà occidentale è fatta di tante componenti, e il Cristianesimo non è la minore. Nascondere questa componente significa amputare la civiltà. Se gratti coloro, presidi, sindaci, sindacalisti, che non vogliono il presepe, non vogliono i canti natalizi, scopri che non sono amici dei bambini islamici, ma sono semplicemente nemici del Cristianesimo. Non è il caso del vescovo di Padova, spero, ma però non doveva finire tra loro, neanche per incautela.





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