Foto da web
Il venditore di
angurie
di Renzo
Montagnoli
Una volta
assai più numerosi, ora meno frequenti, ma chi non ha mai visto quei chioschi
in fregio alle strade di uscita dalle città, oppure ai lati di certe
provinciali preferite dal traffico veicolare perché più sgombre di auto? Una
baracca, con il tetto di lamiera, sovente coperto da un po’ di paglia, un
bancone ricoperto di alluminio, o più recentemente di plastica, come le quattro
o cinque sedie messe lì alla rinfusa accanto a un tavolo di legno segnato dagli
anni e dall’uso, una tinozza piena d’acqua con le angurie al fresco e, nella
migliore delle ipotesi, un grande frigorifero con la porta a vetro ed in bella
mostra delle fette rosse del frutto tipicamente estivo, oppure bene ordinate in
un contenitore fra pezzi di ghiaccio che la calura va sciogliendo sempre più
rapidamente: questa è una melonaia, annunciata lungo il nastro d’asfalto da
cartelli scritti in un italiano spesso approssimativo, evidenziata nelle notti
d’estate da una ghirlanda di luci multicolori.
Ce n’è una
anche vicino a casa mia: è lì, come il suo proprietario, da quasi trentacinque
anni. Si anima con i primi caldi e si chiude non appena le sere si rinfrescano.
Dietro il bancone c’è Claudio, capelli bianchi che un tempo erano biondi, occhi
chiari, il volto segnato dalle rughe, la voce che si è fatta roca per via di
quei sigari che costituiscono al tempo stesso il suo vizio e il suo passatempo.
Di giorno
apre i battenti verso le nove e la sera chiude quando non ci sono più
avventori.
Lo conosco
da quando ero ragazzino; è un po’ più vecchio di me e non ha avuto una vita
fortunata, perché il matrimonio si è rivelato un fallimento e l’unico figlio,
che adorava letteralmente, una sera di novembre non è più tornato dal lavoro: a
un incrocio, complice la nebbia, un autocarro gli si è parato davanti; inutile
è stata la frenata e in quel fragore di lamiere contorte e vetri infranti con
cui si è spenta quella giovine esistenza è iniziata per Claudio una lunga vita
di solitudine che sembra non avere mai termine.
Per lui la
melonaia non è solo un’attività, ma è molto di più, perché rappresenta un breve
intervallo di vita; ascolta le chiacchiere degli avventori, si unisce alle
stesse, arriva perfino a sorridere.
Quest’anno
l’estate è cominciata prima del solito e già ai primi di giugno il caldo è
stato soffocante, e con esso l’arsura, che solo una fetta di anguria dolce,
tenera e saporita può calmare. Ho deciso, quindi, di comprarne una intera e
ovviamente, anziché ricorrere al supermercato, dove peraltro costa meno, sono
andato da Claudio.
Ricordo,
come fosse ieri, l’emozione che ho provato nel vedere quei bei frutti verdi,
oblunghi, gocciolanti d’acqua e il sorriso del venditore che ne magnificava le
qualità.
A onor del
vero, ho avuto qualche cosa da ridire sul prezzo, aumentato un po’ troppo
rispetto allo scorso anno, ma Claudio ha saputo spiegarmi anche questo; ha
abbassato gli occhi, poi, con voce bassa, mi ha detto:
- E’ vero,
costano caro rispetto al supermercato, ma io non vivo che di queste e in una
stagione devo fare la provvista di quel poco che mi è necessario per vivere, ma
che è aumentato a dismisura… Mi accontento, a mezzogiorno un piatto di pasta,
la sera spesso di un po’ di pane con il latte, ma anche questi hanno il loro
prezzo, così come l’affitto del
monolocale dove vivo, la luce che in inverno è d’obbligo, il riscaldamento,
i pochi sigari, la benzina della
motocarrozzina con cui vado a prendere dai coltivatori le angurie. Risparmio su
tutto, ma non bastano mai.
E’ stato
talmente convincente che, quando gli ho dato una banconota da 10 Euro, a fronte
di un prezzo di 8, non ho potuto fare a meno di dirgli di tenere il resto, ma
non ha accettato. Mi ha guardato negli occhi e con tono normale ha quasi
scandito le parole:
– Sono povero, è vero. Ti ringrazio, ma non
offendermi con la tua misericordia.
Mi sono
sentito un verme, ho abbassato lo sguardo, ho mormorato velocemente alcuni
convenevoli per scusarmi e sono corso via.
Quando sono
tornato le volte successive, nessuno di noi due ha accennato a quella mia
infelice frase e anzi il tono di familiarità si è accentuato.
Un giorno,
che non c’era nessun altro, mi ha detto:
- I tempi
cambiano. Una volta si veniva da me per gustare l’anguria e per chiacchierare,
oggi i più divorano quasi la fetta e poi scappano all’inseguimento di chissà
che cosa e il saluto di commiato ha più il sapore di un obbligo di cortesia che
del ringraziamento per un po’ di tempo
trascorso insieme. La gente corre come impazzita, ha molto di più come beni,
come mezzi, ma in fondo in fondo si sente più sola di me.
Si ferma un
attimo, abbassa gli occhi e riprende:
- Finita la
stagione, io cambio e come un orso vado in letargo, modifico perfino il
carattere, saluto appena, evito i clienti anche come te, perché non è il tempo
per parlare. La solitudine può anche essere sopportabile se non ci sono brevi
interruzioni della stessa, un po’ come il silenzio di cui non ti accorgi se non
dopo un rapidissimo rumore. D’estate è diverso, con il brusio della strada, il
viavai dei clienti… E la solitudine allora non esiste, nemmeno la notte, quando
dormo sulla brandina dentro la baracca.
Le sue
parole fanno riflettere, i pensieri di quest’uomo scarsamente istruito sono una
fonte che sgorga nel deserto, sono la base di qualsiasi esistenza e dimostrano
che la felicità non è canonizzabile, ma come concetto è differenziato per
ciascuno di noi. Claudio, nel pur breve periodo dell’estate, a suo modo è
felice, perché realizza una condizione diversa dal solito, perché il contatto
umano, per quanto spesso superficiale, può essere altamente gratificante.
Sì, lo
ammetto, sono orgoglioso di essere parte della temporanea felicità di Claudio,
perché pure io, quando ho modo di parlare con lui, mi accorgo di quanto la vita
possa essere interessante: nel suo accontentarsi di così poco c’è tutta la
ricchezza d’animo di chi sa che la vita è fatta di piccole cose, il cui
significato, la cui portata, può anche essere molto grande.
Ed è con
vero dolore che oggi ho appreso una notizia quasi sconvolgente.
Sono andato
per la solita anguria e ho trovato il mio amico Claudio invecchiato, quasi
fossero passati da ieri più di cento anni.
Mi ha
mostrato una lettera del Comune nella quale, con quel tono asettico tipico
della burocrazia, gli è stato comunicato che non gli verrà rinnovata la licenza
per esigenze di sicurezza del traffico sulla provinciale, quasi che, se invece
di un chiosco dove fanno sosta sempre meno auto, si trattasse di un’avvenente
passeggiatrice che richiama decine di clienti.
Il vero
motivo lo sappiamo entrambi: quell’area è stata resa edificabile e per
costruire bisogna abbattere.
Ha le
lacrime agli occhi, la voce che gli trema, quando mi dice:
- Fammi un
favore, passa la voce in paese che oggi, ultimo giorno di vita della melonaia,
ci sono angurie gratis per tutti. Voglio vedere tanta gente, sentire una
moltitudine di voci e ...
La
voce gli si spezza e il pianto diventa irrefrenabile.
Gli metto
una mano sulla spalla: - Dopo, Claudio, qualche giorno vieni a trovarmi, stiamo
un po’ insieme, magari ti fermi anche
a cena; guarda che mi farebbe piacere.
Si asciuga
gli occhi, mi guarda fisso e mi scandisce con voce ferma: - Ti ringrazio, ma te
l’ho già detto un’altra volta, se ricordi: non offendermi con la tua
misericordia.
Non oso
replicare, perché ha ragione; lo saluto, prometto che diffonderò la voce in
paese e sto per andarmene quando lui mi allunga una bella anguria.
Non so se
pagare o no, biascico un semplice ringraziamento e me ne vado, consapevole che
non lo rivedrò mai più.
(da “Storie di paese”)
Leggo e gusto uno spezzone di vita semplice e colorata, melanconica a triste, tracciata con pennellate di profonda umanità. Immagine di un mondo che fa parte anche di me, del mio passato.
RispondiEliminaSiamo vecchi, Corrado. I giovani d'oggi spesso non credono quando raccontiamo del nostro mondo, indubbiamente più povero, ma forse più umano.
EliminaIl sig. Montagnoli ha il pregio di portare in luce la grandezza degli umili, con un'umanità non di maniera, descrivendo un'epoca ormai passata e di cui pure io, ormai da tempo non più giovane, ho ancora il ricordo.
RispondiEliminaAgnese Addari
Sig.ra Agnese,
Eliminain effetti oggi manca molto l'umiltà e si vive solo di ostentazione, una maschera dietro la quale spesso c'è il nulla.
Bel racconto nostalgico di un tempo ormai passato.
RispondiEliminaErano anche i miei tempi. Molto è mutato da allora, e fin troppo in fretta, per raggiungere un benessere materiale pagato con la perdita di quei valori umani che, dando alla vita il senso di viverla interiormente, creano unione sensitiva e unificante con il prossimo di turno, senza tanto sparlare e sbraitare, come è uso oggi, ebbene nel silenzio comunicativo dei sensi comuni.
Grazie, Renzo, della bella rievocazione sensitiva, che rallegra il cuore e l'animo, esausti della modernità superficiale imperante.
Lorenzo
Lorenzo,
Eliminanon sono uno di quelli che dice che si stava meglio quando si stava peggio; però, questo mondo solo di apparenza è talmente artificiale da sembrare un talk show.
Anche da me le persone come Claudio stanno scomparendo, anche qui scompaiono le melonaie e i venditori. E' stato bello leggerti per i ricordi di altri tempi che hai saputo suscitarmi, è stato triste
RispondiEliminapensando all'icertezza della sorte di Claudio.
franca
Chi non è molto giovane con gli anni può capire; gli altri no, perchè non hanno visto, ma soprattutto perchè non sanno vedere quello che a loro si racconta.
EliminaUn ricordo di un tempo che è stato e non tornerà più, un tempo che ho vissuto, meno ricco, ma più umano.
RispondiEliminaEzio
Vero, ahimè.
EliminaUno dei miei preferiti, fra i tuoi racconti...
RispondiEliminaMilvia
Grazie.
EliminaIl fatto è che tanta gente è come lui, noi non li vediamo neppure anche se sono davanti ai nostri occhi.
RispondiEliminaUna bellissima pagina che mi ha commosso.
1 Abbraccio caro renzo.
♥ vany
Grazie anche a te, Vany.
EliminaCome sempre ho letto con attenzione e piacere il tuo racconto, anzi,una storia, quel pezzo di realtà così profondo e autentico che non importa se sia vero o solo immaginato. Trovo rispetto e dignità nel tuo scritto, condivisione e comprensione delle difficoltà dei tanti che, ancora di più in questi lunghi mesi difficili, cercano soluzioni, spesso interrotte bruscamente, anche dopo tanti anni, da decisioni che di umano e solidale non hanno niente.
RispondiEliminaGrazie. Buona giornata.
Piera
Nelle mie Storie di paese c'è sempre un fondo di verità, poi liberamente elaborato con la fantasia
EliminaMi ha incuriosito, data anche la stagione in cui il cocomero è un frutto corroborante. Al di là dell'anguria, è un ritratto di un personaggio meno infrequente di quanto non si creda (certo oggi ormai raro), un umile con una grande dignità e un'umanità che dovrebbe essere d'insegnamento a questo mondo in cui ormai ciò che conta è solo il denaro. Claudio emerge dai ricordi con una forza che è testimonianza di quanto ha inciso nella vita dell'autore, è un ritorno con gioia e con rammarico a un tempo più a misura d'uomo, in cui il contatto, il dialogo costituiscono l'essenza. Oggi, invece, c'è solo un assordante silenzio.
RispondiEliminaComplimenti per il bel racconto.
Melchiorre Gioia
Vero.
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