La quinta stagione
di Fulvio Tomizza
Prefazione di Helena Janeczek
Marsilio Editori
Narrativa romanzo
Collana Tascabili / Biblioteca Novecento
Pagg. 224
ISBN 978-88-317-0974-3
Prezzo € 12,50
Dal gioco alla realtà
Ormai non sono pochi i romanzi che ho
letto di questo autore, opere che, per la loro struttura, possono apparire
storiche, biografiche e di pura
creatività, senza che tuttavia sia possibile identificare esattamente ognuno di
questi tre aspetti, essendo fusi, compenetrati l’uno all’altro in modo del
tutto perfetto.
Eppure, le vicende istriane, le
descrizioni di questo territorio ai margini orientali del confine italiano
appaiono sempre in una luce viva, propria di chi là ha vissuto per poi
preferire espatriare, con impressa tuttavia una nostalgia che di volta in volta
si fa malinconia e addirittura dolore.
Questo terzo romanzo di Tomizza è
ovviamente ambientato in Istria e si svolge nel corso della seconda guerra
mondiale, all’incirca dai giorni immediatamente antecedenti l’8 settembre 1943
fino alla fuga dei tedeschi, incalzati dall’avanzata degli alleati e dei
partigiani titini.
E’ un periodo insolito, perché agli
inizi la guerra è ancora lontana, per poi apparire improvvisamente e
sconvolgere un microcosmo di gente che ha sempre vissuto in un’immobilità
temporale, proprio della civiltà contadina, pur nell’avvicendarsi
di dominatori. E per quanto le etnie
siano così diverse, resistono in un equilibrio, per quanto fragile, ma
cementato dal comune destino, dal ricorso a un plurilinguismo, da un reciproco
rispetto di cui si perderà la memoria con l’avvento del regime del maresciallo
Tito.
Di quest’uomo nel libro si accenna
appena, è presente, ma è pur lontano, una novità di cui si avvertono forse i
pericoli, ma che in quel periodo è solo una lontana eco, perché ciò che
veramente preoccupa è l’occupazione tedesca e con essa il volto tragico e
disumano di un conflitto bellico di cui in precedenza c’era stato solo un vago
sentore e magari qualche segno doloroso, come il ritorno di un reduce privo di
entrambe le gambe.
In questo contesto i ragazzini giocano
alla guerra, quasi temono di non prendervi parte, tanto è lontano il rombo dei
cannoni, ma poi l’orrore arriverà a toccare anche quei luoghi, romperà fili
intessuti da uomini che avevano trovato nella loro diversità un motivo per
convivere in pace. E dopo non sarà tutto più come prima, si spezzerà un
incantesimo e la protervia e la ferocia dell’occupante tedesco martorierà quelle
genti, troncherà quell’immobilità sopravvissuta ad altre guerre, invariata nei
secoli, determinando gli inizi della
fine della civiltà contadina.
E’ strano come, al riguardo, anche nei
romanzi di un altro grande scrittore, Ferdinando Camon, sia il tallone
germanico a recidere radici, a scuotere alle fondamenta una comune esperienza
di vita che aveva resistito inossidabile fin da epoche remote.
E se la chiave di lettura di La
quinta stagione può essere molteplice (romanzo di formazione, per
quanto la guerra non abbia nulla di formativo, storia di una comunità, che poi
non sarebbe mai stata più quella, valore dell’amicizia, un affratellamento che
fa maturare) non occorre dimenticare la bellezza delle descrizioni, la
semplicità di riti primordiali quali il corteggiamento contrapposta alla
solennità di una natura che per dare
pretende tutto, la crudele tensione di un conflitto e alcune pagine che
raggiungono, sempre senza enfasi, vette sublimi.
Tomizza ancora una volta è riuscito
gradualmente a trasmettermi visioni e sensazioni a cui è impossibile resistere
e giunti all’ultima pagina ci si accorge che questo territorio lontano è ora
assai più vicino, impresso com’è dentro la memoria.
La lettura è indubbiamente
raccomandata.
Fulvio Tomizza (Giurizzani di Materada, Umago, 26 gennaio 1935 - Trieste, 21
maggio 1999). Figlio di piccoli proprietari agricoli, dopo la maturità
classica, si trasferì a Belgrado e a Lubiana, dove iniziò a lavorare
occupandosi di teatro e di cinema. Ma nel 1955, quando l'Istria passò sotto la
Jugoslavia, Tomizza, benché legato visceralmente alla sua terra, si trasferì a
Trieste, dove rimase fino alla morte. Scrittore di frontiera, riscosse ampi
consensi di pubblico e di critica (basti pensare ai numerosi premi vinti: nel
1965 Selezione Campiello per La quinta stagione, nel 1969 il Viareggio
per L'albero dei sogni, nel 1974, nel 1986 e nel 1992 ancora Selezione
Campiello rispettivamente per Dove tornare, per Gli sposi di via
Rossetti e per I rapporti colpevoli, nel 1977 e nel 1979 lo Strega e
quello del Governo Austriaco per la letteratura Europea per La miglior vita).
Ha pubblicato: Materada (1960), La ragazza di Petrovia (1963), La
quinta stagione (1965), Il bosco di acacie (1966), L'albero dei
sogni (1969), La torre capovolta (1971), La città di Miriam (1972), Dove tornare (1974), Trick,
storia di un cane (1975), La miglior vita (1977), L'amicizia
(1980), La finzione di Maria (1981), Il male viene dal Nord
(1984), Ieri, un secolo fa (1985), Gli sposi di via Rossetti
(1986), Quando Dio uscì di chiesa (1987), Poi venne Cernobyl
(1989), L'ereditiera veneziana (1989), Fughe incrociate (1990), I
rapporti colpevoli (1993), L'abate Roys e il fatto innominabile
(1994), Alle spalle di Trieste (1995), Dal luogo del sequestro
(1996), Franziska (1997), Nel chiaro della notte (1999).
Recensione
di Renzo Montagnoli
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