Dove
va la poesia
di Renzo
Montagnoli
Quando ho posto le domande relative
all’attuale orientamento della poesia ho intitolato il breve e semplice
questionario “Dove va la poesia”, senza punto di domanda, sicuro che le
risposte mi avrebbero dato risultanze certe. Purtroppo, nonostante avessi
interpellato un’ampia pluralità di nominativi (poeti, critici, saggisti) ben
pochi hanno ritenuto di accogliere la mia richiesta e, tranne qualcuno che ha
voluto motivare la sua mancata adesione, per gli altri, e sono la gran parte,
c’è stato solo il silenzio. Beninteso questi hanno il mio rispetto e stima
inalterati, però devo ammettere che contavo sulla loro partecipazione, poiché
quanto maggiore era il campione, statisticamente tanto più probanti sarebbero
stati i risultati. Invece, con poche risposte, si può avere solo un’idea, e
molto parziale, del tema che vado ad affrontare. Peraltro, la modesta entità
dei responsi non implica necessariamente che il lavoro non possa essere svolto,
significa solo che le limitazioni sono ora più accentuate e che quindi il
panorama poetico finisce con l’assumere un angolo di visuale più ristretto, con
maggiori possibilità di errore.
Quindi mi scuso sin d’ora per
l’incompletezza della trattazione, ma cercherò di fare del mio meglio per dare
a me e a voi una risposta abbastanza logica.
In quest’epoca, grazie a Internet, è
tutto un fiorire di poeti o aspiranti tali e i siti web specializzati si
contano ormai a centinaia; l’impressione è che tutti, o quasi, amino esprimersi
in versi, con risultati spesso modesti, ma in alcuni casi anche di rilievo.
Non è che prima dell’avvento della rete
non esistessero amanti della poesia, però erano probabilmente assai di meno,
oppure si ignorava che ci fossero. C’erano versi scritti su quadernetti, fatti
leggere in famiglia, o al più a qualche amico, e che finivano impietosamente in
un cassetto. La possibilità di renderli noti a un numero teoricamente
elevatissimo di persone è proprio intervenuta con Internet e allora ciò che
prima non si osava è diventato poco a poco consuetudine, anche perché c’è il
riscontro di lettori disponibili a giudicare e a criticare. Così si assiste a
una produzione vastissima, tale da far ritenere che la poesia sia un’arte
nazionale. Ma che ci troviamo di fronte per lo più a dilettanti è dimostrato
dal fatto che libri di poesia, ora più numerosi, se ne leggono pochi, e non
tanto per motivi di economicità (su Internet i testi sono gratis, mentre un
libro ha un prezzo), ma proprio per il motivo che spesso chi scrive in versi ha
occhio solo per i suoi e non aspira ad approfondire, a conoscere, a imparare, a
migliorare.
La maggior parte sono e resteranno
dilettanti, magari con liriche anche gradevoli, ma che somigliano tanto a quei
quadretti che si vendono nelle fiere per pochi euro e che hanno l’unico scopo
di rendere meno uniforme una parete.
Più che un’arte, la poesia, nella sua
diffusione internettiana, è diventata uno sport, praticabile da tutti in base
alle proprie possibilità, che però la maggior parte non desidera accrescere. E
invece interessarsi di poesia vuol dire spesso studiare, analizzare i versi,
cercare, al di là del loro significato, l’equilibrio armonico, metterne in luce
la struttura, quale tipo di metrica è stato utilizzato, insomma quasi una
vivisezione, grazie alla quale di più si apprezza l’opera e maggiormente si
accresce il proprio patrimonio culturale. Sì, perché la poesia sia arte
necessita di forma e sostanza; escludendo una delle due ci si trova di fronte
alla manifestazione di un animo poetico, ben lungi tuttavia da rappresentare un
qualcosa che lascia il segno, che riluce per qualità indubbie, insomma che ha
raggiunto lo stato dell’arte, quando assai più spesso invece ci troviamo di
fronte a lavori che nel migliore dei casi si possono definire artigianali.
Se domando “Dove va la poesia”, si
sottende che in precedenza da qualche parte andava e infatti è così. E senza
giungere a parlare delle correnti poetiche più remote, per brevità e anche
semplificazione mi corre l’obbligo di riassumere quali siano state quelle
caratterizzanti il secolo da poco concluso.
Mi scuso per l’indispensabile brevità,
pur cercando di essere esauriente.
Nel XX Secolo, più che nei precedenti,
le correnti letterarie sono state influenzate dagli avvenimenti socio-politici,
anzi in alcuni casi, come nel futurismo, sono diventate il supporto di
ideologie politiche.
La poesia del ‘900 inizia con due
correnti che sono senz’altro in contrasto fra di loro: il futurismo e il
crepuscolarismo. Il primo è intriso di fede per un futuro in cui tutto è
possibile, è l’esaltazione delle capacità umane, tutto si può raggiungere,
purché si voglia, l’ottimismo è imperante, la società delle macchine libererà
l’uomo da ogni schiavitù, la guerra è rigeneratrice, il fascismo è la nuova
religione, il passato non ha alcun valore, anzi deve essere sepolto. Il
principale esponente è Filippo Tommaso Marinetti, ma fra i nomi che vi hanno
aderito figura anche Aldo Palazzeschi. Il crepuscolarismo è decisamente
l’opposto, canta del quotidiano grigiore, di una vita silenziosa priva di
grandi ideali, insomma i suoi esponenti aspirano a una esistenza semplice e
statica. Crepuscolari sono Guido Gozzano, Sergio Corazzini, Marino Moretti,
solo per citare i più noti.
Con Giuseppe Ungaretti nasce
l’ermetismo, corrente poetica così definita nel 1936 dal critico Francesco
Flora per il linguaggio non certo facile, a tratti ambiguo e quasi misterioso.
I versi degli ermetici sono parti di una verità che ha molti significati,
rinchiusi in pochissime parole. Questi poeti avvertono una netta cesura con la
realtà sociale e politica che li circonda, sono condannati a un’intensa
solitudine morale, quasi una reazione al futurismo che vedeva invece in rosa. I
maggiori esponenti, già tutti scomparsi, sono, oltre al citato Ungaretti,
Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale, Alfonso Gatto, Vittorio Sereni e Mario
Luzi.
Umberto Saba e Vincenzo Cardarelli,
poeti di indubbio valore, non si possono invece inserire fra gli ermetici,
grazie al loro verseggiare semplice e comprensibile con immediatezza; al
contrario, per certe caratteristiche, precursori dell’ermetismo sono Dino
Campana e Arturo Onofri.
Come da una guerra mondiale (la prima)
nasce la corrente poetica ermetica (al riguardo assai indicative sono le poesie
dal fronte di Ungaretti), dalla fine della seconda si assiste a una sua
progressiva decadenza; in un paese drammaticamente sconvolto, in cui la miseria
e le disuguaglianze sono caratteristiche indissolubili, si vuole riaffermare il
valore sociale della poesia, la vibrante denuncia di storture e di ingiustizie.
Appare così il neorealismo, i cui più noti rappresentanti sono Pier Paolo
Pasolini, Attilio Bertolucci, Giorgio Caproni, Sandro Penna, Elio Fiore e
Vittorio Sereni.
Tuttavia, a partire dagli ’60, c’è un
gruppo di autori che sente la necessità di innovare profondamente, rifiutando i
modi espressivi canonici e dando vita a una continua sperimentazione
linguistica. Tra questi ricordo Edoardo Sanguineti, Franco Fortini e Andrea
Zanzotto, tutti già deceduti, per ultimo Zanzotto.
Ci si chiede: e dopo queste correnti, i
cui fautori non possono più offrire nulla perché scomparsi, che cosa c’è? Cosa
ci riserva questo inizio del XXI secolo?
Allo stato, non si vedono nuove
sperimentazioni, così come scuole e gruppi non sorgono, lasciando alle iniziative
dei singoli, spesso con ascendenti ermetiche, talora animati da principi
neorealistici. Manca, però, una visione chiara e sembra che la globalizzazione,
invece di unire, di uniformare le idee poetiche, abbia per contro isolato gli
autori, ognuno intento a coltivare il proprio giardino letterario.
Non mancano tentativi di
sperimentazione, ma, ahimè, questi sortiscono in versi che sono periodi, in
liriche che sono prose, in contenuti spesso asfittici.
In questo contesto per gli appassionati
di poesia è giusto domandarsi dove essa vada e al riguardo, per quanto come già
detto di limitata valenza, provvedo ad andare alle risposte alle mie domande ai
soggetti del campione. Per ovvia brevità, pur citandoli, fornirò un sunto del
loro elaborato.
Prima domanda
Da
sempre cenerentola quanto a mercato, se raffrontata con la narrativa, la poesia
tuttavia più che la prosa mostra nel tempo più frequenti evoluzioni, per
quanto, a mio parere, in questo inizio di secolo stia segnando il passo. Non mi
pare, infatti, di vedere qualche cosa di realmente nuovo, se non
riproposizioni, più o meno riuscite, di varianti dell’ermetismo.
Concordi
con questa opinione? In caso contrario, esprimi liberamente il tuo pensiero,
suffragandolo con elementi di giudizio.
E’ questa la più cruciale, perché
introduce direttamente al tema.
Lorenzo De Ninis premette che il secolo è da poco iniziato e quindi c’è tempo
perché nel suo corso avvenga qualche cosa di nuovo, però parla di un’analisi
psicologica che riguarda il mondo interiore, non facile, e che quindi porta il
poeta a essere un po’ enigmatico, caratteristica questa sovente riscontrabile
nell’ermetismo. Più che una vera corrente quel che manca è una voce autorevole,
un uomo guida a cui gli altri possano fare riferimento.
Sulla stessa linea dell’analisi
interiore è Domenica
Luise , ma il problema reale è che tanti, troppi scrivono
male, e che quindi, come in economia la moneta cattiva scaccia quella buona, le
voci valide stentano a essere udite. Il problema della miriade di poeti, e
della loro scarsa qualità, è avvertito anche da Franca Canapini, che però non ritiene così indispensabile l’avvento
di nuove correnti poetiche, mentre ritiene imprescindibile l’elevato valore
tecnico e creativo dell’artista che potrebbe anche dare avvio a una nuova
scuola, a un nuovo indirizzo. Maria
Carmen Lama pone invece l’accento sulla saccenteria di non pochi autori,
che porta a risultati sconclusionati, come – aggiungo io – un navigatore
impazzito che non riesce nemmeno più a raccapezzarsi su quale sia il punto di
partenza. Secondo Valentino Vitali
la ricercata esasperata del nuovo tende a mortificare l’espressione poetica e
quindi più che correnti si formano rigagnoli che si disperdono nel nulla. Pina Vicario indica un nuovo
orientamento, che peraltro è una riproposizione del neorealismo, cioè la
cosiddetta poesia civile, di denuncia, con l’aggiunta di elementi propositivi
che possano sanare storture e ingiustizie, così che potremmo avere una poesia,
oltre che civile, anche politica. Salvatore
Armando Santoro, con un rimpianto vivo per Pasolini mi sembra che venga a
riproporre pure lui la poesia civile, e del resto, a mio parere, il mondo e le
sue genti ne avrebbero bisogno per scuotere letargiche coscienze. Aurelio Zucchi, invece, lamenta che “ la
globalizzazione del sentire poesia, ma anche di farla, è andata sempre più
ancorandosi a parametri di riferimento troppo cristallizzati che, per quanto
universali, comprimono il campo d’azione (lettura e scrittura) di chi si
appresta a prendere confidenza con la seria arte della poesia. “, cioè, in poche parole, il retaggio
dei grandi poeti che ci accompagnato negli studi scolastici è talmente forte e
radicato che costituisce un ostacolo quasi insormontabile per dare vita a nuove
voci, anzi in questo caso, a un nuovo coro. Maria Teresa Santalucia Scibona
preferisce essere cauta, mancando la prospettiva necessaria affinché ogni Poeta
e ogni rivolo letterario possano acquisire un loro specifico rilievo, in quanto
attualmente siamo parte di un coacervo in ebollizione dal quale dovrebbero, e
potrebbero, nascere nuove correnti letterarie. Quindi occorre lasciare spazio
al tempo, affinché sia possibile giudicare con obiettività e serenità la
produzione di nuovi autori, peraltro viventi e piuttosto noti.
Seconda domanda
Posto
che è improponibile un ritorno alla poesia con una metrica rigida e che quindi
il verso libero, oppure solo apparentemente tale, ha ormai consolidato il suo
primato, sei dell’opinione che una poesia debba sempre avere una sua struttura
equilibrata e armonica, ciò al fine anche di differenziarla dalla prosa?
Per Lorenzo De Ninis “ é
essenziale che la poesia abbia una sua armonia, ritmo e musicalità, anche se la
tendenza è quella di unificare poesia e prosa “. Peraltro è dell’opinione
che il ricorso a una struttura metrica canonica oggi sia ormai anacronistico,
anche se il retaggio dell’insegnamento scolastico fa sì che tendiamo a vedere
una lirica come tale solo nel solco di una tradizione che indulge ai poeti
classici, lasciando un minor spazio ai moderni. C’è anche chi – è il caso di Domenica Luise - ricorda come il verso libero fosse
già in uso presso i poeti greci e che quindi non sia frutto dell’ermetismo. Più
specifica è Franca Canapini che
scrive “Per armonia intendo equilibrio
tra le parti, scelta di parole, ritmi e toni appropriati al tema affrontato”. Quindi,
anche per lei il ricorso alla metrica classica appare ormai desueto
e, aggiungo io, non è vero che il verso sia sempre così libero, perché l’autore
può ricorrere a una propria metrica, con l’utilizzo anche di rime interne, di
assonanze e perfino di dissonanze. Ciò che conta è che la struttura che ne esce
sia equilibrata e presenti quell’armonia, quel ritmo che è proprio della
poesia. Anche Maria
Teresa Santalucia Scibona , pur non disconoscendo la
valenza della metrica classica, è del parere che ognuno abbia la libertà di
trovare “una propria cifra riconoscibile e congeniale.”. Chiarissima è poi Maria Carmen Lama che scrive “ Non è detto che non ci debba essere una
metrica rigida, ci sono poesie costruite secondo schemi classici che hanno una
loro gradevolezza, non fosse altro perché trattano temi attuali e, il più delle
volte, ironicamente. …. È vero che siamo più abituati al verso libero (purché
non sia prosa spezzettata…), ma questo deve avere comunque una sua musicalità
interna, altrimenti la poesia non c’è.” Sulla stessa lunghezza d’onda è Valentino Vitali, che attribuisce più
importanza alla libertà di espressione di una poesia che dovrebbe essere una
vera e propria esondazione interiore. E analogamente Pina Vicario sottolinea come “ la
poesia deve avere un linguaggio diverso, essere in grado di impressionare e
colpire l’immaginazione; deve arrivare al cuore, commuovere, suscitare
emozioni; avere un ritmo e una musicalità interni, rispondere alla voce più
intima del poeta, alla sua ispirazione creativa. “ Il ricorso alla metrica
canonica, fatta di regole ferree, di continui paletti toglie inoltre
spontaneità e immediatezza. Di diverso avviso è Salvatore Armando Santoro, con una lunga elucubrazione in favore
della poesia classica e quindi della metrica canonica, di cui si dichiara
cultore e a cui spesso ricorre, pur non disdegnando il verso libero. Assai più
conciliante è Aurelio Zucchi, che
scrive “Dimenticando il ritmo, la
musicalità e la collocazione ideale delle parole lungo il perimetro del verso,
la composizione finisce col non assorbire le primarie intenzioni del cuore,
fagocitando l’emozione da narrare e non esplicitandola al meglio.”.
Terza domanda
Ci
sono tanti temi che la poesia affronta e svolge, ma oggi, secondo te, di che
dovrebbe trattare soprattutto, e perché?
In questo caso, credo che la risposta
di Aurelio Zucchi sia meritevole di
essere riportata integralmente, perché è un’idea, la sua, di libertà creativa
nel sondare il proprio intimo in cui tutti possiamo ritrovarci. Scrive,
infatti, “D’ogni cosa che rimane nascosta
dentro di noi, del captare e dare amore, delle aspirazioni, dei ricordi sopiti,
del presente che sopprime ogni luce interiore, del futuro per come e per quanto
riusciamo a percepirlo. E delle nostre solitudini, in un tempo ritenuto
erroneamente migliore. La costruzione di una coscienza comune e condivisibile
vuole a supporto i pilastri della parola, intesa come coraggio narrante della
condizione umana. All’interno del variegato cantiere, la poesia, più della
prosa, potrà svolgere un ruolo importante.”. In linea con una ricerca
interiore, e quindi con Aurelio Zucchi, è Lorenzo
De Ninis, tanto che ribadisce che la conoscenza del proprio “io” è il primo
fondamento della poesia. E pure dello
stesso parere è Domenica
Luise , con la centralità dell’uomo, argomento da trattare
e sviscerare. Per Franca Canapini il ventaglio è assai
più ampio e ricomprende civiltà, religioni, filosofie, misticismi, microcosmi
umani. Maria Carmen Lama e Valentino Vitali sono al riguardo un
po’ più indeterminati, in quanto possibilisti al massimo. Maria Teresa Santalucia
Scibona non disconosce un impegno civile della poesia, ma
crede che la stessa abbia una grande funzione consolatoria, un rifugio certo in
un mondo che spesso è prevaricazione, ingiustizia e sofferenza. Decisamente a
favore della poesia civile, considerando anche il periodo attuale, è Pina Vicario, pur senza tralasciare i
temi strettamente personali. In questo senso si riallaccia a quella corrente
neorealista in cui sono sorte poesie di grande efficacia sociale, volte a
smuovere le coscienze, evidenziando a chi subisce i loro effetti le cause dei
problemi. Mi viene in mente un nome, uno su tutti: l’indimenticabile Pier Paolo
Pasolini. Salvatore Armando Santoro
è in linea un po’ come me e cioè che la poesia viene indirizzata in forza delle
proprie emozioni. Chi s’indigna per come il mondo gira alla rovescia scriverà
una poesia civile. Chi invece avvertirà la necessità di una continua ricerca
dentro se stesso, chi si porrà domande sul perché dell’esistenza, si dedicherà
a una poesia di analisi interiore. In ogni caso nell’ambito di uno stesso
autore si possono avere indirizzi e tematiche diverse, a seconda della sua
sensibilità, dei riflessi più gravosi del mondo esterno, di quel insopprimibile
e sovente inconscio desiderio di reagire a imposizioni e ingiustizie.
Quarta domanda
Quale
sarà, a tuo parere, il futuro prossimo della poesia?
E qui, come si suol dire, arriviamo
alle dolenti note, come comprovato dal pessimismo di Franca Canapini “ Per la mia
esperienza, leggono poesia gli scrittori di poesia, gli organizzatori di
manifestazioni e concorsi, i ragazzi costretti a scuola e qualche anima
appassionata. La gente in genere guarda al poeta come ad un essere da
rispettare o da deridere, ma schiva la poesia perché troppo impegnativa dal
punto di vista dei sentimenti e/o dei ragionamenti. Pertanto la poesia
continuerà a farsi tra pochi che cercheranno, con esiti più o meno deludenti,
di farla conoscere ed amare a quanta più gente potranno.”. E’ seguita a
ruota, ma per altri motivi, da Domenica Luise , che offre un ritratto del poeta
come di una Cassandra inascoltata, di un essere che c’è, male non fa e che
quindi è da accettare. Ma precisa, e riporto per intero la parte conclusiva
della risposta, perché la trovo molto pertinente e azzeccata “….è in se stessi che occorre scavare. L'essere umano si cerca
per lasciarsi in testamento ad altri esseri umani, che faranno lo stesso. È
questo il futuro, ma anche presente e passato di tutta la poesia.”. Certa
dell’immortalità della poesia è Pina
Vicario che lascia anche spazio alla speranza che un giorno da Cenerentola
possa diventare Principessa. Poetica è la risposta di Maria Teresa Santalucia Scibona che, pur nell’impossibilità di
prevedere il futuro, ama immaginare che la poesia, pur in forme diverse,
continuerà a far sognare gli innamorati nelle notti di Luna. Ma avverte anche
che deve essere sincera nelle origini e nelle intenzioni, perché l’autore che
si lascia travolgere dalla brama di successo venderà, ma non riuscirà mai a
entrare e a occupare un posto nel cuore dei lettori. Anche per Maria Carmen Lama esiste la speranza
che la poesia resti, non si snaturi, ma coglie anche l’occasione per augurarsi
che possa venire alla luce qualche voce forte, qualche maestro che rilanci
questa nobile arte. Pessimista è invece Valentino
Vitali che vede un futuro commerciale, una mercificazione che svilirebbe
l’arte poetica. Non ottimista, ma del resto nemmeno pessimista è Lorenzo De Ninis che prevede una lenta
progressione dell’unificazione poesia-prosa. Secondo Salvatore Armando Santoro la poesia sta attraversando un periodo di
lenta ripresa, perché essa consente alla gente di soddisfare il bisogno di
sognare e di sperare. Personalmente non vorrei che fosse una moda, perché
questo significherebbe l’improvviso oblio di quest’arte; siamo abituati che
tutto passa con rapidità e purtroppo è così anche per le mode. Resta pertanto
da vedere quanto la poesia sia radicata negli autori e nei lettori, non
dimenticando che il basso livello culturale non è foriero di speranze.
Speranze, ma con giudizio, albergano in Aurelio
Zucchi che risponde con un bellissimo passo tratto da Il fanciullino di Giovanni Pascoli e che dimostra come l’autore
romagnolo si fosse posto la domanda sul futuro della poesia già più di un
secolo fa: “ La poesia, non ad altro intonata che a
poesia, è quella che migliora e rigenera l'umanità, escludendone non di
proposito il male, ma naturalmente l'impoetico.”
Alla fine, tirando le somme, non è che
vi siano certezze e non credo né che la poesia possa scomparire, né che si
trasformi da Cenerentola in Principessa. In fondo, per chi la ama, poco importa
del suo successo commerciale, perché l’emozione di versi che raggiungono
direttamente il cuore, e poi lentamente risalgono alla mente, mostrando un
macrocosmo o un microcosmo prima sconosciuto, facendoci toccare la sommità del
cielo, riempiendoci di fremiti che fanno vibrare l’anima, non ha prezzo e
rientra in quel concetto religioso di gratuità in cui lo scambio è un valore
aggiunto per entrambe le parti, per il poeta che così comunica la sua arte, per
il lettore che se ne lascia avvolgere come in un mantello velato che schiude
mondi sconosciuti, che riflette gli angoli più nascosti dell’anima, che donato
ad altri è un dono anche per il donatore. È un canto che nasce all’improvviso,
che stupisce il suo creatore e che si irradia a chi ha orecchi per sentire,
occhi per vedere, ma soprattutto cuore per accogliere.
Renzo, io trovo che questo sia pur piccolo coro non sia una cosuccia da nulla. Debbo dire che una grave pecca dei poeti, ma non solo odierni, di tutti i tempi, sia l'attorcigliamento su se stessi e la propria poesia, che impedisce la condivisione e crea la competizione. Bisogna diventare capaci di andare verso la poesia altrui come verso la propria: con la stessa magnanimità e generosità, anche con lo stesso rigore. Grazie a te per l'ottimo lavoro svolto.
RispondiEliminaBeh, nonostante l'esiguo numero di collaboratori, sei riuscito in un ottimo articolo. Ottimo perché affronta e sviscera con chiarezza le varie problematiche relative alla poesia- oggi.
RispondiEliminaMi complimento e ringrazio
franca
Ottima recensione, Renzo, molto profonda e lucida.
RispondiEliminaA mio modesto parere, poesia deve essere espressione del cuore, esternazione dei sentimenti e stato d'animo.
Poesia è espressione particolare, di colui che affronta la vita per scoprire soprattutto se stesso.
Non è importante quanta gente legga poesie, importante è che chi le legge lo faccia per seguire e comprendere il percorso rivelatore del poeta, per migliorare le proprie cognizioni intellettuali e sensitive, senza tralasciare che egli ha una propria personalità da sostenere nel suo processo di espansione ricettiva.
Poesia è cultura, e come tale deve riflettere le condizioni e il modo di apprendere del tempo, quelle buone come quelle meno buone. Poesia è de facto una forma speciale, tra le tante altre forme, di comunicazione, con il compito di involgere sempre più interessati nell'intento di migliorare questo mondo, anche quando poi si rilevi che non è migliorabile.
Quel che conta è la situazione intima personale del poeta, che egli mette per iscritto nella ricerca della spiegazione e comprensione del suo stato d'animo, riflettendosi in esse e ritrovare in tal modo serenità ed equilibrio, e infine del lettore che, comprendendolo, ne trae consigli utili per se stesso.
Come in ogni esercizio umano, possono esistere anche nella poesia diverse forme espressive e livelli stilistici, che sono da riconoscere giusti quando il contenuto sia dettato dalla sincerità del compositore.
In considerazione che in questo mondo nulla è stabile, anche nella poesia sorgono sempre nuove correnti stilistiche, e di argomenti riflettenti i problemi umani del tempo, da renderla anche un mezzo divulgatore ed educativo.
In esse noto un loro sorgere e sparire periodico che dà l'impressione della necessità del nuovo.
Poesia è voce della coscienza, quando è espressa da autori seri e spinti alla scoperta dei segreti dell'animo umano, ma è anche materia utile nell'esame delle condizioni personali e psichiche dell'autore e degli interessati alla sua lettura, così che ne può sorgere un dialogo fittizio utile.
L'espansione cognitiva, in atto da decenni, ha forse tolto alla poesia quello smalto originale d'espressione seguente una tecnica elaborata e rigida, e quindi non comune alla massa, che la caratterizzava tempi addietro, ma d'altra parte ne ha allargato la sua funzione comunicante che le è propria, da renderla una buona alternativa alla prosa.
Lorenzo
Un post veramente interessante, letto con grande piacere. Quattro domande e relativi approfondimenti, un viaggio "dentro" la Poesia per capirla meglio e arricchire le proprie conoscenze. Un dibattito importante con opinioni talvolta diverse talvolta condivise, ma tutte dettate da una stessa grande passione che accomuna poeti e lettori.
RispondiEliminaGrazie.
Piera
Ringrazio i pochi intervenuti. Devo dire che speravo che ci fossero molti più commenti, sia da parte di chi ha risposto alle domande dell'intervista, sia da chi, per passione, scrive poesie. Forse pretendo troppo, ma quando si opera in campo artistico è indispensabile conoscere gli orientamenti, magari confutando o, meglio ancora, proponendo. Evidentemente la caratteristica più saliente è che una larga parte dei poeti si interessa solo della propria produzione, non approfondisce, non si misura, analizzando e interpretando. Nulla di male, però non è un bene per la poesia
RispondiEliminaHo letto con interesse e mi spiace che tante conversazioni via internet vengano snobbate dalla maggior parte dei critici e studiosi professionisti. Purtroppo siamo in troppi anche sul web e a volte ci si incontra solo per caso. Proprio il mese scorso ho pubblicato sui miei blog alcune considerazioni sulla poesia, che pongono l'accento su altri aspetti di questo genere di composizione. Si possono leggere su http://piazzadisogno.blogspot.it/ e sul mio blog principale http://guidomura.wordpress.com/ , in cui traevo spunto dalla pubblicazione di un saggio di Flavio Ermini
RispondiEliminaHo letto adesso e per puro caso questa tua sintesi che trovo interessante. Gli interventi, pur nella loro diversità anche professionale, sono abbastanza in linea con il progetto che tu hai costruito.
RispondiEliminaSai come la penso sul metodo di comporre poesie, e rispetto chi non condivide, ma la poesia e arte pura e di veri poeti sui portali ce ne sono pochi. Se fossero in tanti sicuramente sarebbero coinvolti in progetti più ampi e non avrebbero tempo a sufficienza per coltivare anche le relazioni con i tanti dilettanti che affollano i portali di poesia.
Davanti ad un foglio di carta tutti siamo capaci a scrivere qualcosa, ma una cosa è scrivere un'altra è comporre.
La poesia, mettiamocelo bene in testa, è un'arte complessa ed ha le sue regole che sono tantissime e non facili da digerire. Basta leggere qualche manuale di metrica o di composizione poetica ti accorgi dell'enorme ignoranza che ci accompagna. A volte metaforicamente esterno qualche battuta e ripeto sorridendo che a suonare la chitarra tutti siamo capaci ma alcuni producono soltanto vibrazioni altri, e pochi, musica pura.
Forse per questo alcuni rinunciano ad approfondire la tematica ma non è il mio caso. In questi ultimi tempi sto cercando di digerire alcuni volumi molti interessanti e che suggerisco a chi vuole scrivere poesia pura.
Oltre ai classici sulla storia della letteratura (in primis Francesco De Sanctis o Natalino Sapegno), consiglio anche il dotto Profilo Storico della Letteratura Italiana di Claudio Marazzina (ordinario di Storia della lingua italiana nell'università "A.Avogadro" di Vercelli) che dovrebbero essere le basi indispensabili per costruire un percorso ed un progetto minimo di approccio alla letteratura italiana.
Per coloro che vogliono, poi, approfondire il metodo di composizione delle poesie suggerisco tre volumi abbastanza corposi ma brevi (e per certi versi noiosi per i non addetti ai lavori) ma necessari per rendersi conto che l'arte della composizione poetica non è così semplice come si penserebbe e richiede conoscenza ed applicazione perchè è vero che poeti si nasce ma è anche vero che specialisti nell'arte di comporre poesie si diventa con letture e studi approfonditi.
I volumi che suggerisco sono: "Scrivere in versi" di Gabriella Sica (docente di letteratura alla Sapienza di Roma), "Leggere Lirica" di Angelo Roncoroni (studioso di retorica, stilistica e composizione presso diverse università italiane) e "La poesia - come si legge e come si scrive" di Alberto Bertoni (docente di letteratura contemporanea presso l'Università di Bologna).
Iniziando a leggere alcuni di questi testi ogni persona, amante sincera della poesia, può costruirsi un bagaglio minimo di conoscenze (il massimo si potrà ottenere dopo anni di studi davvero approfonditi) e poter così riuscire ad apprezzare la lettura delle liriche dei maestri della poesia italiana e comprendere i vari metodi di composizione e le strutture più o meno complesse del modo di scrivere poesie.
Mi sono accorto di qualche dimenticanza di congiunzione in qualche periodo o di qualche errore ortografico di battitura e me ne scuso. Purtroppo ho il difetto di scrivere di getto e rileggere superficialmente.
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