La tregua
di Primo Levi
Postfazione di Ernesto Ferrero
In copertina: foto Jake
Wyman/Photonica
Edizioni Einaudi
Narrativa
Collana ET Scrittori
Pagg. 278
ISBN 9788806173852
Prezzo
€ 10,00
Ritorno alla vita
Raramente é
capitato di imbattermi in un libro come questo, così avvincente e così facile
da leggere, nonostante l’intensità e la complessità del tema trattato.
La tregua è il naturale seguito di Se questo è un uomo, racconto autobiografico in cui Levi narra
della devastante esperienza della reclusione nel lager di Auschwitz, scritto
quasi nell’immediato, poco dopo il suo ritorno nella casa Natale di Torino e
che già lo aveva segnalato alla critica e in particolare a Italo Calvino che
giunse a riconoscere in alcune pagine “una vera potenza narrativa”. Se
questo è un uomo termina con l’arrivo delle truppe sovietiche nel campo di
concentramento, là dove inizia La tregua,
una descrizione, pure autobiografica, del lungo e tortuoso viaggio di ritorno,
quasi un pellegrinaggio durato diversi mesi, attraverso un’Europa distrutta
dalla guerra, devastata dalla furia inconsulta degli uomini, una piccola
Odissea in cui il nostro novello Ulisse, cioè l’autore, reimpara a vivere.
L’esperienza
del lager lo aveva ucciso dentro, con un annichilimento totale in cui il corpo
pareva esistere disgiunto da una vera volontà, cancellata, sradicata, una sorta
di vita vegetativa in cui nonostante tutto lui cercava di scampare alla morte,
a differenza di altri che quasi ormai la cercavano.
Questo
viaggio, determinato dal caso, dall’inevitabile disorganizzazione degli ultimi
giorni di guerra e dei successivi primi di pace, diventa provvidenziale, evita
lo choc di un reinserimento troppo rapido nella vita normale e conduce a una
progressiva coscienza del proprio stato di uomo libero.
Ripristinate
le forze fisiche, c’è così il tempo per ammortizzare quel lacerante dolore
interiore, forte, insopportabile nei primi giorni di libertà, e che con il
passare del tempo cala d’intensità, pur senza mai sparire del tutto.
Il viaggio è
quello di un’umanità violata, di poveri esseri frastornati dall’analoga
esperienza e perciò fratelli loro malgrado.
Sono tanti i
personaggi, vari e finemente descritti, per cui è anche possibile considerare La tregua un romanzo corale, in cui
ognuno porta i segni della sua sventura e il contributo per la rinascita.
Talune vicende raccontate possono sembrare picaresche, ma sono il frutto di una
certa incoscienza più che giustificabile in individui che cercano di
riappropriarsi dell’esistenza, e come tutti i rinati hanno anche il candore dei
bambini, la loro simpatia, le loro bizze.
Questi
compagni di odissea sono gli abitanti dei paesi attraversati, i soldati
dell’Armata Rossa, ma soprattutto alcuni che sono rimasti indelebili nel
ricordo dell’autore: il greco Nahum e il romano Cesare, maestri nell’arte di
arrangiarsi, Hurbineck, il bambino nato ad Auschwitz “che non aveva mai visto
un albero”, il Moro di Venezia, gran bestemmiatore che sembra uscito
dall’Apocalisse, e tanti altri, che appaiono e scompaiono nel volgere di poche
righe, lasciando però il segno chiaro, marcato della loro personalità.
La coralità
si trova anche nelle pagine in cui si parla del rimpatrio, a guerra finita, dei
soldati vincitori dell’Armata Rossa, una moltitudine eterogenea che pare uscita
dal tendone di un circo equestre, tanti pagliacci senza ciliegia sul naso, in
preda a un’euforica gioia, con una incredibile e contagiosa vitalità.
Lungo questo
viaggio s’incontra di tutto, come binari interrotti, campi di smistamento più o
meno organizzati, panorami costituiti da piatte pianure, a tratti interrotte da
vere e proprie foreste, e Levi ce ne parla, descrive, ricrea atmosfere, si
abbandona, una volta lenita buona parte della sofferenza derivante
dall’esperienza del lager, a un sentimento che è proprio di ogni essere umano e
che fu anche di Ulisse: la nostalgia. Ritorna il ricordo della propria casa,
dei familiari, cresce, prepotente, il desiderio di essere con loro: la tregua è
finita, si è ormai tornati alla vita.
Il libro,
scritto fra il 1961 e il 1962, beneficia indubbiamente di un lungo periodo in
cui l’autore ha potuto essere finalmente fuori dall’incubo del lager e infatti
la narrazione ha dei notevoli benefici, non è ansiosa, né, soprattutto,
angosciante, pur se la memoria della prigionia non viene mai meno. Questo
consente di stemperare i toni, di arrivare in alcune pagine a vertici sublimi,
cosa che il lettore non potrà che apprezzare, con un solo dispiacere, quello di
arrivare troppo velocemente alla fine.
La tregua è
un libro bellissimo, da leggere e rileggere più volte, e che sempre lascia
un’intensa sensazione di serenità.
Primo
Levi (Torino 1919-1987).
Ha
pubblicato: Se questo è un uomo; La tregua; Storie naturali;
Vizio di forma; Il sistema periodico; La chiave a stella;
La ricerca delle radici. Antologia personale; Lilìt e altri racconti;
Se non ora, quando?; L'altrui mestiere; I sommersi e i salvati.
Sempre da Einaudi sono usciti postumi i due volumi delle Opere; Conversazioni
e interviste (1963-1987);L'ultimo Natale di guerra; L'asimmetria
e la vita. Articoli e saggi 1955-1987;Tutti i racconti, sempre a cura di Marco Belpoliti.
Recensione
di Renzo Montagnoli
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