Alle
Case Venie
Realismo,
tragedia e amore nei giorni dell’armistizio
Romana
Petri racconta la vendetta della protagonista fra il 1943 e ’45
In
maniera leggera, appena accennata, ci rimanda a certe impressioni del
realismo magico di Elsa Morante o di Garcia Marquez, il bel
romanzo di Romana
Petri «Alle Case Venie» (Superbeat, pp.203, euro 16,50).
Sarà perché Alcina, la protagonista, trentenne dai capelli neri e
ii cuore «rosso come il sangue» parla con Astorre, con il
padre morto, che non ha ancora trovato pace nell’aldilà,
pentito anche del suo erroneo pensiero politico di allora, regalando
una sensazione fatata ad un romanzo che, per il resto è realistico.
Il 2 settembre del 1943 il caldo soffocante dell’estate sembra
essersi dilavato in un unico giorno di pioggia alle Case Venie,
podere sopra Città della Pieve. L’armistizio ormai si respira
nell’aria, ma la guerra continua, implacabile, a mietere le sue
vittime. Alcina vive nel minimo borgo umbro col fratello Aliseo e il
cane Arduino, orfana di entrambi i genitori Astorre ed Amarantina.
Spalterio è un baldanzoso amico che spesso va a trovare i due
fratelli, molto affezionato ad entrambi.
Siamo
nel lasso di tempo che corre tra il 1943-45. Il fascismo ha chiuso i
battenti, ma le razzie dei tedeschi in ritirata, in cerca di cibo per
la sopravvivenza, perseguitano ancora i campagnoli, compresi gli
appartenenti alla famiglia di Alcina, antifascista fino all’osso,
ostile a questo regime prevaricante.
Alcina
vorrebbe responsabilizzare il fratello diciassettenne affidandogli il
delicato e pericoloso incarico di andare a prelevare carte e
documenti che il capo dei partigiani periodicamente inviava agli
antifascisti al fine si sapessero regolare.
Aliseo
riesce nella difficile e pericolosa impresa. Ma c’è un Minghetti,
feroce fascista, che induce Alcina, Aliseo e il cane, nonché la
fidata vicina di casa Jone, a raggiungere i partigiani sul Pausillo.
La seconda parte del romanzo è piuttosto cruenta in quanto descrive
le azioni dei partigiani che si scatenano contro tedeschi e fascisti.
La
tragedia non poteva brillare per assenza, in un romanzo che dopo la
prima parte bucolica, profumata anche degli odori della campagna, si
muta in concitata lotta. Aliseo, in una delle sue imprese, forse
abbagliato dal sole, cade in una trappola tesagli dal nemico. Sotto
gli occhi atterriti della sorella e dell’amico Spalterio, viene
mitragliato, senza pietà, da quel Minghetti che tanto odiava gli
antifascisti.
La
vendetta di Alcina sarà terribile, come nelle antiche tragedie
greche. Ucciderà l’uccisore del fratello, pregando Spalterio di
non intromettersi. Sangue chiama sangue e questa non è certo una
novità.
Alcina
torna alle Case Venie, dove chiude i suoi giorni anche il cane
Arduino.
Dopo
tanta tragedia, c’è un finale dolce . Alcina riceve il suo primo
bacio d’amore da Spalterio. Una nota tenera ad alleviare
l’atmosfera cruenta degli anni della Resistenza partigiana, oltre
ad essere la testimonianza del commovente rapporto tra un padre
caduto in errore e una figlia desiderosa di riscattare la sua figura
e la sua memoria.
Romana
Petri è
nata a Roma e vive tra la sua città e Lisbona. Ha ottenuto numerosi
premi come il Premio Mondello, il Rapallo Carige, il Grinzane Cavour
e il Bottari Lattes. È tradotta in Inghilterra, Francia, Stati
Uniti, Spagna, Serbia, Olanda, Germania e Portogallo. Tra le sue
numerose opere di successo, citiamo: «Ovunque io sia», (Beat 2012)
e «Le serenate del Ciclone»(Neri Pozza, 2015).
Grazia
Giordani
Una bella recensione ad un libro che penso possa coinvolgere parecchio il lettore. Molto brava, Grazia Giordani, mi è capitato di leggere anche altri suoi scritti.
RispondiEliminaGrazie.
Piera