Un infinito numero
di Sebastiano Vassalli
Edizioni Einaudi
Narrativa romanzo
Collana ET Scrittori
Pagg. 258
ISBN 9788806173241
Prezzo € 10,50
Prezzo € 10,50
Lo scopo della
scrittura
“La
scrittura: è lei la protagonista della storia che sto raccontando. Il popolo
dei Rasna, che io ho conosciuto prima che i suoi sacerdoti piantassero l’ultimo
chiodo nel muro di Northia, credeva che gli uomini dovessero esistere nel tempo
come gli insetti esistono nella notte, inebriandosi della loro vita finché gli
è possibile, e poi tornando a scomparire nel buio. Aveva scoperto, in
alternativa alla scrittura, un modo di rivivere il passato, e forse anche di
anticipare il futuro, muovendosi lungo la catena di eventi che costituiscono la
storia del mondo, come sui gradini di una scalinata infinita, in un senso e
nell’altro; ma quel modo non aggiunge e non toglie niente ai singoli uomini, e
non modifica le loro storie. La scrittura, invece, può durare (e di solito
effettivamente dura) ben più di chi se ne serve; e ci può dare quell’illusione
di immortalità che più di ogni altra illusione passata o presente ha abbagliato
gli uomini della mia epoca. Virgilio, Orazio, Properzio, Agrippa, Mecenate e lo
stesso Augusto, si sono riscaldati alla luce di quell’illusione, e hanno
creduto di poter vivere oltre la morte fino a diventare immortali,
rispecchiandosi nella loro scrittura o in quella degli altri…”
Ogni volta che leggo un romanzo di Sebastiano
Vassalli mi stupisco perché riesce a non essere ripetitivo, pur rientrando
sempre nell’ambito storico, che invece delinea una ripetitività di fatti e di
comportamenti che induce a pensare che l’uomo sia rimasto sostanzialmente
immutato nel tempo, con le sue passioni, le sue pulsioni, con una natura
congenita che si ritrova sia in epoca romana che in quella attuale. Le
tematiche sono le più svariate, ma imperniate su un attento lavoro di ricerca
che di fatto riporta alla luce un’epoca attraverso una creatività che nulla
toglie e nulla aggiunge a quella che era, oppure è, la realtà.
E’ questo il caso di Un infinito numero, che racconta di un viaggio compiuto in Etruria
in età augustea da Mecenate, Virgilio e Timodemo, quest’ultimo schiavo
acquistato sul mercato di Napoli dal grande poeta latino e liberato dopo pochi
anni. Ed è appunto questo ex schiavo, materializzatosi fra i personaggi ideati
da Vassalli, che riveste la parte dell’io narrante, in un ideale congiunzione
temporale fra quella lontana epoca e l’attuale.
Ma perché questo viaggio? Qual è il suo fine?
Virgilio, tramite Mecenate, ha già avuto l’incarico
da Augusto di scrivere un poema sulle origini di Roma, un’opera che dovrà
restare eterna, per glorificare la sua potenza e anche l’attuale dominatore,
quell’Ottaviano dalle incerte origini che ricerca, o meglio pretende di essere
l’anello di una catena indissolubile di una discendenza divina, e ciò per
rafforzare il proprio potere, per giustificarlo e per quel desiderio quasi
inconfessabile che porta alcuni uomini alla fama, al mito.
Poiché Mecenate, di nobili origine etrusche,
asserisce che tutto ciò che era sorto lungo il Tevere era opera dei Rasna, cioè
degli Etruschi, si rende necessario approfondire, ricercare, andare nei luoghi
ove ancora esistono questi ultimi, anche per comprendere il motivo per cui la
scrittura fra gli Etruschi abbia così poco valore da non produrre libri in un
popolo così evoluto, anche se in declino.
Eppure sapevano scrivere e anche bene, ma la loro
religione, per la vocazione nominalistica della scrittura, ferma l’intera storia di un popolo nella
immobile, stringente definitività del tempo, e, come dice Aisna, il sommo
sacerdote del dio Velthune, Chi non ha un
nome non muore in eterno.
In questo contesto i tre viaggiatori apprenderanno
delle origini di Roma all’interno del tempio di Mantus nel corso di un viaggio
soprannaturale nel tempo; liberi dai limiti inevitabilmente temporali dei
propri corpi, avranno così modo di rivivere l’infinito numero delle vite
precedenti, l’unico mezzo per viaggiare nel tempo, per tornare indietro o per
proiettarsi nel futuro (ma qui si gira il corso del tempo perché si vuol
conoscere ciò che è avvenuto molti secoli prima).
Vedranno, così,
lo sbarco dei troiani capeggiati da Enea, la loro fredda determinazione
a ricreare il vecchio stato in una nuova terra eliminando ferocemente tutti i
maschi delle popolazioni lì insediate e salvando solo le donne, atte alla
procreazione per rinsaldare la nuova stirpe.
La scoperta per Virgilio è sconvolgente, perché
dovrà costruire un mito, che è basato
sulla violenza, modificando la storia, facendo apparire bello ciò che è brutto,
edificante ciò che è laido; questa sarebbe la ragione per la quale l’Eneide,
invano continuamente reclamata da Augusto, dopo anni è ancora incompiuta. Il
poeta di Andes non vuol consegnare al tempo e ai posteri un’invenzione, ma nemmeno
può descrivere la verità, e allora, sentendosi morire, ordinerà di distruggere
quanto ha fino ad ora scritto, ordine, per nostra fortuna, non rispettato.
Un
infinito numero è la storia di un
accentuato contrasto fra due civiltà, quella etrusca, ormai alla fine, che
rifiuta la letteratura e la scrittura, in quanto portatrici di morte, e quella
romana, che invece le pone sugli altari come unica possibilità per sopravvivere
dopo la morte, un’indiretta forma di eternità di cui l’uomo vagheggia affinché,
quando il suo corpo diventerà polvere, restino almeno il nome e la sua fama.
Però, Un
infinito numero è anche il libro sulla genesi dell’Eneide, sulle figure di
uomini come Mecenate, il cui nome è sopravvissuto alla sua morte; non è solo
questo, tuttavia, perché è anche un’opera sul tempo che sembra
scorrere veloce per gli umani, ma che è di un’assoluta immutabilità
nell’eterno, tanto da ripresentare fatti e situazioni come se fossero una lunga
storia di nascite e di morti, di scomparse e
di ritorni. L’uomo non è che
pulviscolo celeste e nella sua effimera esistenza è il frutto di un infinito
numero di vite e di combinazioni.
Libro non certo facile per le sue variegate
sfumature, Un infinito numero è
tuttavia un romanzo di straordinaria bellezza, un altro dei non pochi
capolavori di Sebastiano Vassalli.
Sebastiano
Vassalli è nato a Genova e vive in provincia di Novara. Presso Einaudi,
dopo le prime prove sperimentali, ha pubblicato La notte della cometa, Sangue
e suolo, L'alcova elettrica, L'oro del mondo, La chimera,
Marco e Mattio, Il Cigno, 3012, Cuore di pietra, Un
infinito numero, Archeologia del presente, Dux, Stella
avvelenata, Amore lontano, La morte di Marx e altri racconti,
L'Italiano, Dio il Diavolo e la Mosca nel grande caldo dei prossimi
mille anni e Le due chiese.
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