sabato 9 settembre 2017

Il pianto del Rio Secco, di Vincenzo D’Alessio


                                                      Foto da web


Il pianto del Rio Secco
di Vincenzo D’Alessio


ad Antonio Giannattasio, esponente di
Legambiente in Solofra.


Sono nato qui, ne ho memoria
dove le rocce bianche vegliano
da anni i miei ritorni
Sono nato insieme ai miei
fratelli dalle nevi perenni
dei Mai dalle sotterranee vene
che d’inverno bevono acqua
La mia strada ha visto
tanti nomi ma una l’acqua
che arrivava alla ruota
dura dei mulini dove
grano e farina erano la gioia
di un anno intero di lavoro
L’acqua che ho portato
ai bottali veloci della concia
il tannino che accoglievo
ora cromo terribile mangia
come fuoco le mie vene
Gli uomini hanno perso il tesoro
lasciato dai padri dove
l’oro era la mia acqua
da bere al lavoro nel giorno
nel ritorno a casa la sera
Maledizione è stata questa
dose tanto che il letto dove
poso arde di verde mortale
non c’è pace né gioia agli uomini
e agli animali morti di sete
Ho trascorso anni fino al mare
ho visto luoghi nuovi ogni stagione
poi mi hanno tolto la passione
delle sorgenti e oggi sono
solo un cumulo di sassi
arido suolo incastrato nel
dimenticatoio delle ore
invisibile ai bambini senza
l’umore cristallino della mia
voce spenta per sempre.


Il sottofondo musicale:







1 commento:

  1. Un testo profondamente triste, bello e triste. C'è proprio tutto, la natura, il lavoro dell'uomo, gli errori dell'uomo. E c'è una chiusa meravigliosa e sconsolata.
    Grazie.
    Piera

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