venerdì 15 febbraio 2019

I romanzi (Matti beati e Gli ubbidienti), di Giovanni Piubello







I romanzi (Matti beati e Gli ubbidienti)
di Giovanni Piubello
a cura di Mario Artioli e Vladimiro Bertazzoni
Sometti Editoriale
Narrativa romanzi
Pagg. 372
ISBN 978-88-7495-024-9
Prezzo Euro 15,00

Per conoscere Piubello

Che Giovanni Piubello sia stato un uomo di riferimento per i mantovani amanti della cultura é fuor di dubbio; sostava con la sua bancarella di libri per lo più usati all’inizio di quei portici che da piazza Andrea Mantegna, impreziosita dalla Basilica di Sant’Andrea, portano alla storica piazza Sordello ed era lì con il preciso scopo di conversare di letteratura con chi lo avvicinava e magari di riuscire a vendergli qualche volume, visto che di qualcosa doveva pur vivere. Spirito acuto, grande osservatore, si dilettava pure di scrittura, con una produzione multiforme che va dalla prosa alla poesia, lavori quasi sempre auto pubblicati e venduti in loco, come anche una rivista, La Bancarella, ben 64 numeri usciti dal 1955 al 1966. Andò oltre la notorietà cittadina quando Rizzoli gli pubblicò il primo romanzo, Matti beati, che ricevette anche il prestigioso premio Duomo. Per lui, comunque, non cambiò nulla e non cercò di cavalcare l’onda del successo, rinchiudendosi nel suo piccolo mondo, rappresentato dalla bancarella. Restò sempre conosciuto in Mantova, mentre poco a poco la fama si mostrò effimera a livello nazionale e dopo la sua prematura scomparsa si corse anche il rischio che perfino nella sua città ci si dimenticasse di lui. Ampio merito va dato quindi all’Amministrazione Provinciale di Mantova, al Comune di Mantova e alla Fondazione Banca Agricola Mantovana che nel 2003, nel ventennale della scomparsa di Piubello, hanno inteso ricordarlo provvedendo alla ristampa di tutti i suoi scritti, che erano ormai diventati di difficile, e in non pochi casi di impossibile reperibilità. I curatori Mario Artioli e Vladimiro Bertazzoni idearono così un cofanetto di quattro volumi, di cui il primo è relativo ai romanzi, a Matti beati e a Gli ubbidienti, quest’ultimo in precedenza mai dato alle stampe.
Mi scuso per questa lunga premessa che però è indispensabile per avere almeno un’idea, per quanto approssimativa, di Giovanni Piubello, un uomo dimesso, umile (però con quella grandezza tipica degli umili che improntano la loro vita alla conoscenza), ma di grande spessore umano e letterario.
Quindi, Matti beati Gli ubbidienti sono i due romanzi riuniti in questo unico volume, con il secondo che è la naturale prosecuzione del primo, di quell’unico finito negli occhi interessati della grande editoria e che, al di là del fatto che sia stato pubblicato da Rizzoli e abbia avuto il premio Duomo, è veramente un’opera di grande bellezza. Si dice che quando si invecchia si perda la memoria dei fatti più recenti, mentre riaffiorino eventi di un lontano passato, di quando si era bambini. Infatti, in Matti beati l’io narrante, Nani, diminutivo e vezzeggiativo di Giovanni, cioè dell’autore, parla dell’infanzia trascorsa a San Bonifacio, il paese veronese di origine, e lo fa con un garbo, con una freschezza che fanno apparire gli episodi accaduti un bel po’ di anni prima come se fossero successi da pochissimo. Questo bambino si comporta come uno della sua età, anche se a volte ci sono delle timide proiezioni verso il dopo, verso gli anni di un Giovanni più maturo, ma si ritrova sempre quella beata innocenza che porta l’adulto a perdonare quasi sempre il comportamento di un infante. Come tutti i paesi San Bonifacio ha i suoi personaggi, delle vere e proprie icone, che Piubello descrive con arguzia e anche con tanto affetto. Sono storie normalissime, ma la penna dell’autore è così puntuale e lieve che riesce a farcele sembrare straordinarie; brevi capitoli, un non infrequente tono poetico, anche una misurata ironia accompagnano il lettore nella scoperta di questo grande scrittore, a cui giustamente ora sono tributati quegli onori che da vivo non aveva avuto.
E vengo ora a Gli ubbidienti che, come ho precisato, è la naturale continuazione di Matti beati; anche in questo romanzo Piubello esalta i ricordi della fanciullezza con una serie di episodi che non hanno nulla di sensazionale, ma raccontati con garbo, con un senso della misura che finisce con il rendere il lettore se non partecipe, almeno presente. Così ci sono figure, come la maestra con gli occhiali in punta di naso, il parroco che non disdegna di insegnare ai bambini ricorrendo a una bella tirata di orecchie o a uno scapaccione, oppure ancora l’imbroglione da due soldi, una volta travestito da frate, un’altra finto cieco, che non possono non attirare l’attenzione, descritti così bene da sembrare vivi, in procinto lì lì di uscire dalle pagine. E poi c’è una mitizzazione quasi sempre presente, quell’innocente innamoramento che è quasi un gioco, frutto di una innata reciproca simpatia, incarnata da una figura femminile azzeccatissima, Natalina, la bimbetta compagna dei suoi giochi e delle sue piccole avventure; a lei è riservata la tenerezza per un affetto che ogni tanto riemerge dalla nebbia del tempo, l’emblema di un’età felice e irripetibile.
La lettura di entrambi i romanzi diventa quindi, oltre che un piacevole passatempo, l’occasione per una riflessione sull’evolversi della vita, magari con il tentativo di ripescare quei ricordi dell’infanzia che fanno sentire meno greve la vecchiaia e che aiutano a dare un senso a questo cammino che ognuno di noi fa dall’alba al tramonto.
Matti beati e Gli ubbidienti sono pertanto senz’altro da leggere.




Giovanni Piubello (San Bonifacio, 24 giugno 1921 – Mantova, 16 giugno 1983) trascorse l'infanzia nel paese natale, e si trasferì a Mantova nel 1928 dove conseguì il diploma di perito industriale, ma volle diventare scrittore, libraio ed editore.
La sua prima opera, pubblicata in proprio, fu Zingara e poi diede alle stampe numerosi volumetti di racconti, prose, lettere in piazza e A proposito di gobbi, in versi.
Nel 1967 l'editore Rizzoli pubblicò il romanzo Matti beati, con il quale vinse il premio nazionale Duomo. Il romanzo è autobiografico e racconta l'infanzia dello scrittore nel paese di San Bonifacio (Sambonifacio), descrivendo un quadro suggestivo della vita contadina e di paese negli anni Venti, in un contesto di sostanziale povertà vissuto tuttavia con allegria.
Il successo fu di breve durata e Piubello continuò a stampare in proprio, nelle Edizioni di Bancarella, le sue storie, le sue lettere e i suoi dialoghi con lettori veri o presunti.
Fu straordinario osservatore della vita cittadina nella sua patria d'adozione, e fu amato dai mantovani che trovavano nella bancarella sotto i portici Broletto un dimesso ma profondo uomo di cultura.


Renzo Montagnoli


1 commento:

  1. Una presentazione veramente bella che sottende umanità e comprensione dell'altro.La tua recensione non è solo approfondita relativamente al valore delle due opere, si avverte in essa simpatia e anche un po' di amarezza per la vita probabilmente difficile di G. Piubello. Ottima l'idea dei curatori dell'opera, così come la tua proposta, Renzo.
    Piera

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