Il
morso di Simona un quarantotto nel ventre siciliano
Storia,
verità e verosimiglianza si intrecciano dentro il romanzo
Date
in mano alla scrittrice siracusana Simona
Lo Iacono tracce
di un fatto storico e su quella immaginaria tela lei vi ricamerà un
imperdibile romanzo. Infatti, il suo fresco di stampa «Il
morso» (Neri Pozza, pp. 238, euro 16, 50),
c’incanta per l’insolita trama sorretta da una pregevolissima
eleganza stilistica.
Palermo
1847. Lucia Salvo ha sedici anni, gli occhi come «due mandorle dure»
e una reputazione molto chiacchierata nella sua città, Siracusa,
dove la considerano una squilibrata, mezzo scimunita, una «babba»,
per meglio dire una pazza. La nomea se l’è guadagnata per via del
«fatto», costituito da crisi compulsive attribuibili ad epilessia.
Grandi personaggi del passato ne hanno sofferto. Persino Dostoevskij.
Questa
sventura aleggia addosso alla ragazza come una maledizione.
Speranzosa
di risollevarne le sorti, la madre manda Lucia a Palermo a sevizio
presso la nobil casa dei conti Ramacca. La ragazza vi si reca
riottosa, ben sapendo che il Conte figlio è diventato un erotomane,
sempre più assatanato in tema di servitù femminile, sempre in
ricerca di più laide emozioni, da parte di servette condannate al
sacrificio.
Quelli
erano i tempi, tempi di innegabili soprusi e Simona Lo Iacono non è
solo pregevole scrittrice, è anche attenta storica, soprattutto
della sua terra tanto amata.
Annoiato
dalle troppo permissive e arrendevoli ragazze che gli concedono le
loro virtù in giochi sempre più nuovi, ma per lui mai abbastanza,
il capriccioso Conte figlio è alla ricerca di nuove emozioni. Ci
vorrebbe una donna che gli opponga resistenza, creandogli l’illusione
di una vera caccia, non di una resa aprioristica, in nessun modo
guadagnata. Caratteristica la figura dell’evirato nano Minnalò,
cui l’autrice dedica cura descrittiva molto suggestiva. E sarà
proprio questo fedele consigliere del conte a porgergli la sventurata
Lucia che tutto era tranne che arrendevole, e reagirà propinando al
libidinoso Conte figlio, un morso deciso, ben assestato, una vera
mossa da roditore, da cui mutua il titolo il romanzo.
Il
Conte figlio era quello che cercava. Da questo gesto di ribellione si
sgranerà il rosario di tutte le aggrovigliate vicende. Tanto che
Lucia diverrà un’inconsapevole eroina durante la rivoluzione
siciliana del 1848, il primo moto di quell’orda di scompigli ed
insurrezioni popolari che sconvolsero l’Europa tutta in quel
periodo.
Leggendo
questo romanzo tra verità e verisimiglianza incontreremo i numerosi
personaggi, nobili e servi, conservatori e rivoluzionari, quasi tutti
avvolti in un’aura di perdenti in una terra che ci appare votata al
sacrificio. E qui la «babba», come viene definita Lucia, trova la
propria dimensione, la propria personalità, la propria capacità di
amare e di ordire persino intrighi per amore, incontrando un’ingiusta
fine. Ma non troppo vogliamo anticipare al lettore.
Simona
Lo Iacono, di cui tanto abbiamo ammirato il linguaggio incisivo ed
efficace, pervaso da incantesimi e malie, è nata a Siracusa nel
1970, è magistrato e presta servizio presso il tribunale di Catania.
Nel 2016 ha pubblicato il romanzo «Le streghe di
Lenzavacche»(Edizioni E/O), selezionato tra i dodici finalisti del
Premio Strega.
Grazia
Giordani
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