giovedì 9 aprile 2015

Fondamentalismo islamico: l’Occidente deve temere di più se stesso, di Renzo Montagnoli

                                                                    Foto da web

Fondamentalismo islamico: l’Occidente deve temere di più se stesso
di Renzo Montagnoli



Il fondamentalismo islamico si va espandendo, non solo nel mondo mussulmano, ma anche in quello occidentale, lasciando dietro di sé una scia di sangue.
Nel precisare che sono da sempre contro ogni forma di violenza, mi chiedo se sia possibile trovare un rimedio rapido e definitivo.
Prima di tutto occorre osservare e conoscere bene il fenomeno, perché ormai non ci troviamo di fronte a qualche esaltato, ma a una vera e propria massa di fanatici che in nome di una religione che non ammette la violenza la pratica invece quotidianamente. È indispensabile chiedersi il perché, senza star lì a richiamare luoghi comuni che nulla portano a un’effettiva comprensione. Ma al di là di questo studio che per riuscire utile deve essere approfondito e senza preconcetti, non riuscendo a guardare in casa d’altri perché al momento il loro comportamento mi è incomprensibile, credo che assai più rapido e più proficuo sia osservare la nostra dimora, quell’occidente che pretende tuttora di essere forgiatore ed esportatore di civiltà. 
In questi giorni ho letto un saggio storico assai interessante, scritto dal professor Alessandro Barbero, tanto per intenderci quel personaggio che sovente è ospite dei programmi di Rai Storia e che si fa giustamente apprezzare per la semplicità dell’esposizione, non disgiunta da una certa ironia, tale da rendere affascinante qualsiasi argomento trattato. Il libro si intitola 9 agosto 378 il giorno dei barbari e parla della battaglia di Adrianopoli svoltasi in quella data in Tracia e vide contrapposti i Goti e l’esercito dell’impero romano d’oriente, che ne uscì letteralmente annientato. La teoria di  Barbero, condivisa da altri storici, è che quella sconfitta segnò in modo indelebile l’impero romano, sgretolandone le basi, e che perciò quella data segna la fine dell’Antichità e l’inizio del Medioevo. Questo scontro infausto si inserì in effetti in un periodo, non breve, ma nemmeno troppo lungo, di decadenza, provocata, secondo non pochi storici, da diverse cause: secoli di conquiste e poi la decisione di fermarsi, perché i confini, troppo ampliati, erano difficili da difendere, la penuria nell’esercito di autentici romani che faceva sì che annoverasse nei suoi ranghi soprattutto truppe barbare, un flusso migratorio dalle zone poco civilizzate, agevolato sia per rimpolpare i corpi militari, sia per disporre di mano d’opera a basso costo, l’incertezza del potere, con imperatori che si succedevano con troppa rapidità, imposti dai loro stessi soldati, la diffusione del cristianesimo, che sminuiva la figura dell’imperatore, non più divino, e che cercava di allentare la schiavitù, la corruzione sempre presente a ogni livello, il vizio di mettere nei posti di responsabilità persone solo fedeli, ma spesso incapaci, la crisi economica, con un’inflazione crescente. Ecco, tutti insieme questi elementi collaborarono alla disgregazione dell’impero e la battaglia di Adrianopoli fu solo l’evento che di colpo mise alla luce una fragilità a lungo nascosta.
Non tutte queste cause sono presenti nel mondo occidentale, permeato dall’assenza di valori, e quindi di ideali, visto che l’unico scopo che sembra veramente contare è guadagnare sempre di più, ci sono i giganteschi flussi migratori, quasi esclusivamente verso l’Europa, che sono inarrestabili solo perché c’è gente che ci specula non poco;  troviamo anche la corruzione, che interessa, per quanto a diverse misure, tutto il mondo occidentale, l’instabilità politica tipica della democrazia, la crisi economica che è insita in un sistema volto a una continua e irragionevole crescita produttiva, la pochezza di chi comanda che, per evitare di essere spodestato, si avvale di collaboratori di bassa qualità, e infine, in aggiunta – ma questo accadeva anche in epoca romana, vista la necessità di immettere nell’esercito i barbari immigrati -  la tendenza a una graduale penetrazione nei gangli vitali del sistema di elementi di altra civiltà, motivati da un evidente desiderio di emancipazione. Se voglio essere più chiaro e sintetico, posso dire che l’islam, che in passato è stato maestro di civiltà, vive un lungo medioevo, lo stesso medioevo verso il quale l’Occidente si sta avviando.
Occorre ricordare che per essere forti con il nemico occorre conoscerlo bene, ma è soprattutto indispensabile essere forti noi stessi. È una caratteristica che non esiste più, purtroppo, e al riguardo basta vedere le profonde divisioni di un’Europa che dovrebbe essere unita da tempo e che invece si divide in mille rivoli di interessi nazionali. A un esercito perché sia forte occorre poi dare le armi giuste, fare terra bruciata intorno al nemico e ai suoi possibili fiancheggiatori, dare anche una motivazione alle sue truppe, un ideale che ahimé non c’è, ed essere coerenti, non solo condannando a parole, ma anche nei fatti, poiché per mero interesse c’è chi commercia con questi fondamentalisti, chi vende loro le armi, chi aiuta i flussi migratori clandestini, e non si tratta di personaggi di piccolo cabotaggio, ma di strutture sorte ad hoc, ben consolidate e ramificate.  
Ecco perché l’Occidente deve temere se stesso, ecco perché il fondamentalismo islamico può continuare a vivere e a prosperare.



3 commenti:

  1. Un'analisi approfondita, come sempre. E' assolutamente vero, le cause di ciò che avviene sono molteplici e le possibili soluzioni appaiono veramente difficili. Mancano i valori, dici bene, non esiste quasi più un senso etico, una morale, che può essere religiosa ma anche laica, manca dall'interno quella spinta che potrebbe portare ad un effettivo cambiamento, un rinnovamento che, sono d'accordo, non può avvenire fuori, negli avvenimenti, nelle scelte politiche, se non avviene in profondità a livello individuale. Ed è questa mancanza infinitamente preoccupante perché non porta a guardare al futuro con speranza.
    Grazie.
    Piera

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  2. Giusto, la loro forza é la nostra debolezza.
    Agnese Addari

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