La battaglia Storia di
Waterloo
di Alessandro Barbero
Editori Laterza
Storia
Pagg. 379
ISBN 9788842069795
Prezzo
€ 18,00
Prima,
durante, dopo
“Spero
di non vedere più un’altra battaglia: questa è stata troppo scioccante. È
troppo vedere uomini così valorosi, così degni gli uni degli altri, che si
tagliano a pezzi in quel modo.” (Sir Arthur Wellesley, I
Duca di Wellington)
Come è riportato in tutti i testi scolastici la battaglia di Waterloo, combattuta
il 18 giugno 1815 fra le truppe francesi e quelle inglesi e dei loro alleati
prussiani, si concluse con la sconfitta dei primi e sancì la definitiva uscita
di scena di Napoleone Bonaparte, condannato a una sorta di esilio-prigione
nella sperduta isola di Sant’Elena. La vittoria, che dapprima sembrava arridere
a l’Arméedu Nord,
fini invece per essere ottenuta dai suoi avversari grazie all’improvvisa
comparsa sul campo di battaglia dell’esercito prussiano. Di questo grande e
sanguinoso evento bellico parla lo storico Alessandro Barbero in La battaglia Storia di Waterloo. Come è sua abitudine nel ricercare la maggior
completezza d’informazione scrive del prima, del durante e del dopo, fornendo
tutti i possibili dati per meglio comprendere il significato di questo scontro.
E lo fa con pazienza certosina, elencando per esempio le forze in campo,
suddivise per stati partecipanti, il loro armamento, le loro divise, la
struttura logistica, le tecniche di battaglia a cui erano addestrati, non
trascurando le figure dei comandati in capo, come Napoleone Bonaparte per i
francesi, il duca di Wellington per gli inglesi e il feldmaresciallo von Blucher per i prussiani.
Per quanto Barbero cerchi di essere chiaro e snello, così tante notizie
propedeutiche, per quanto utili, ogni tanto costringono il lettore a concedersi
un po’ di riposo, frastornato dalla mole di dati e di informazioni che gli
vengono sottoposti, ma dove lo storico piemontese da il meglio di sé è nella
descrizione vera e propria dello svolgimento della battaglia, forse qui più da
narratore che da saggista, anche se si ritrae la convinzione che in ogni caso
si sia attenuto rigorosamente a quanto effettivamente avvenne, sulla base di un
numero considerevole di fonti. Entra così in gioco una spiccata creatività che
ci porta a vedere gli scontri in una serie di lunghe sequenze come se si
trattasse di una pellicola cinematografica, e sembra quasi di udire il rullo
dei tamburi, gli spari dei fucilieri, il nitrito dei cavallo morenti, il rumore
delle cannonate che i due avversari si scambiarono senza risparmio. Questa è la
parte indubbiamente migliore di un saggio che si colora di romanzo storico, che
avvince e convince, anche se sovente ci si perde sul terreno fra le posizioni
degli opposti schieramenti in un territorio che ci è sconosciuto e che le poche
cartine disponibili aiutano poco a identificare. Ci sono scene così ben
descritte che si ha proprio l’impressione di essere presenti agli scontri, di
vedere le formazioni inglesi che in quadrato resistono all’assalto dei
Corazzieri, la famosa e letale cavalleria francese, quasi si odono gli strepiti dei fanti che vanno
all’attacco al grido di “Viva l’imperatore” e perfino il rantolo dei moribondi
risuona nelle orecchie; il fumo degli scoppi irrita le narici e pare di essere
travolti da orde di soldati esasperati e disperati che pensano solo a
scannarsi. In tutta sincerità sono dell’opinione che l’autore abbia visto
“Waterloo”, il famoso film di Sergej Bondarciuk uscito nel 1970, una pellicola di grande pregio con
Rod Steiger nei
panni di Napoleone e Christopher Plummer che impersona il Duca di Wellington.
Come è più che logico, leggendo questo libro viene naturale chiedersi il
perché della sconfitta di Napoleone che alla vigilia della battaglia era
considerato il favorito alla vittoria; i motivi sono più d’uno, come sempre in
questi casi, anche perché gli errori e le deficienze sono proprie di entrambi i
contendenti. Non si può imputare al fatto che il giorno e la notte prima fosse
piovuto abbondantemente e che pertanto il terreno fosse d’ostacolo alle
manovre, soprattutto a quelle dell’artiglieria, poiché questo dato interessava
entrambi gli schieramenti; né si possono imputare colpe di scarsa combattività
e di inadeguata preparazione dei francesi, perché all’epoca il loro esercito
era il migliore in assoluto; d’altra parte non si può nemmeno considerare la
strategia di Wellington come geniale, perché era l’unica che gli era possibile,
cioè resistere a oltranza fino all’arrivo dei prussiani; lasciando da parte la
sfortuna, che in questi casi ha un’incidenza relativa, l’errore maggiore è
stato proprio di Napoleone che ha sottovalutato la possibilità che l’esercito
prussiano, alla cui caccia si era messo da due giorni il maresciallo Grouchy,
potesse comparire sul campo di battaglia; tuttavia, il calcolo dell’imperatore
non era del tutto infondato, perché contava che, se fossero arrivati i
prussiani, alle loro calcagna ci sarebbe stata appunto l’armata inseguitrice,
che però si era messa a cercare in tutt’altra direzione.
Si sa come andò a finire: l’esercito di von Blucher, dopo
una marcia forzata, arrivò giusto in tempo per dare una mazzata ai francesi,
mentre Grouchy non giunse mai a Waterloo, impegnato di continuo in
confusi combattimenti con la retroguardia prussiana. Napoleone aveva perso non
solo una battaglia, ma anche il trono; già tuttavia era un uomo stanco e finito
e i famosi cento giorni ora possono apparire come l’estremo tentativo di un
grande protagonista della storia di opporsi al suo declino, ma in questi casi
il risultato è sempre negativo, perché chi è stato tanto in alto e quasi sempre
vittorioso non può portarsi appresso i fantasmi delle sconfitte, soprattutto
quello della tragica disfatta della sua grande armata nel corso della campagna
di Russia. Quel sole splendente che gli aveva arriso ad Austerlitz non era che un lontano ricordo, sotto il cielo grigio
del Belgio e nel buio di chi sa che non avrà più futuro.
La battaglia Storia di Waterloo è un
libro da leggere e rileggere, non solo perché è di notevole interesse, ma anche
perché è bellissimo.
Alessandro Barbero insegna
Storia medievale presso l’Università del Piemonte Orientale, sede di Vercelli.
Studioso di prestigio, noto al largo pubblico, ha pubblicato molti volumi. Bella
vita e guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo è il primo dei suoi romanzi di successo (Premio Strega
1996, tradotto in sette lingue), al quale altri sono seguiti, tutti editi da
Mondadori. Per Laterza è autore di opere più volte ristampate, alcune delle
quali tradotte nelle principali lingue.
Recensione di Renzo
Montagnoli
Immalinconisce sempre leggere qualcosa sul declino e la fine di Napoleone, si pensa sempre che uomini così non possano conoscere la sconfitta. Eppure la parte finale della sua vita appare ogni volta estremamente tragica ai nostri occhi, per questo subentra talvolta quasi un senso di pena in chi legge.
RispondiEliminaUna bella recensione ad un libro senz'altro non semplice, come spesso accade quando si sente l'urgenza di essere estremamente precisi nel riportare gli aspetti più tecnici dei fatti presi in esame, ma sicuramente coinvolgente nelle parti narrative, le più numerose e felici, mi pare di capire.
Grazie.
Piera