Il superfascista.
Vita e morte di Alessandro Pavolini
di
Arrigo Petacco
Arnoldo
Mondadori Editore S.p.A.
Storia
biografia
Pagg.
206
ISBN
9788804464334
Prezzo
Euro 10,00
Alessandro
Pavolini (Firenze, 27 settembre 1904 – Dongo, 28 aprile 1945) e
Benito Mussolini, quando si allontanarono da Como il 27 aprile 1945,
diretti verso la Valtellina (il primo per un’ultima disperata
difesa nel ridotto fra i monti appena abbozzato, il secondo,
tentennante fra la morte eroica e la fuga da vigliacco, con ogni
probabilità con la speranza di valicare il confine e rifugiarsi in
Svizzera), erano senz’altro, all’epoca, gli uomini più odiati
dagli italiani. Del Duce sono state scritte tante biografie, più o
meno riuscite, mentre assai meno sono state quelle relative ad
Alessandro Pavolini, uomo dalla complessa personalità, e quindi
assai difficile da descrivere. Tuttavia, Arrigo Petacco con Il
superfascista ci
ha provato e, secondo me, con risultati eccellenti. Il saggio storico
inizia con la colonna, di cui fanno parte fra gli altri Benito
Mussolini e Alessandro Pavolini, bloccata dai partigiani sulla sponda
occidentale del lago di Como. Si parlamenta, si discute e infine si
arriva un accordo: si lasceranno passare gli uomini della FlacK, a
cui come è noto si aggregò il Duce travestito da tedesco. Per gli
italiani, per i fascisti che disperati alternano momenti di abulismo
o di sconforto ad altri di speranza, c’è da attendere le decisioni
del comando partigiano. In questo tempo che per i gerarchi e
gerachetti sembra non trascorrere mai Petacco , con stile snello,
scevro di accademismo, ci narra la vita di Alessandro Pavolini,
intellettuale fiorentino di buona e nota famiglia (il padre era uno
dei più noti filologi esistenti al mondo, accademico d’Italia),
dedito con passione e capacità alle arti e alla letteratura, di per
sé buon giornalista e ottimo scrittore; era persona amabile,
rispettosa dell’opinione altrui fin tanto che l’argomento era
quello letterario, ma rivelava un’insospettabile ferocia quando
nutriva timori per la stabilità del fascismo e per l’incolumità
di Mussolini, che addirittura idolatrava. In breve, da vice federale
a Firenze, ne divenne il federale, distinguendosi per alacrità, per
la realizzazione di opere pubbliche utili e indispensabili, come la
nuova stazione della città e i numerosi alloggi popolari. Era capace
e onesto e inoltre fedele, ma la sua carriera nel partito non sarebbe
stata così rapida se non avesse avuto la sorte di conoscere,
divenendone amico, il genero del duce, il potente Galeazzo Ciano.
Alla sua corte, senza essere un lacché, si dimostrò fedele e
disponibile e quindi gli si aprirono le porte per un luminoso
avvenire, diventando, fra l’altro, ministro della cultura popolare,
dicastero importantissimo che aveva il compito di istruire non solo
fascisticamente i giovani italiani, ma anche quello, non meno
rilevante, di manipolare l’informazione e con essa le coscienze.
Era un traguardo prestigioso, ma l’uomo non era evidentemente
soddisfatto, anche perché l’entrata in guerra dell’Italia, le
cui forze armate erano del tutto impreparate, circostanza a lui ben
nota, gettava un’ombra sulla sua vita. Si incupì, cominciò a
temere, giustamente, che il fascismo avesse le ore contate. Un
rimpasto governativo, voluto dal Duce per gettare fumo negli occhi e
distogliere il popolo dalle continue disfatte, lo esonerò
dall’incarico, compensato dalla ben più modesta investitura di
direttore del Messaggero. Era un posto defilato, in cui Pavolini
avrebbe potuto attendere relativamente sicuro la fine del conflitto,
ma con la defenestrazione del 25 luglio 1943 di Mussolini deliberata
dal Gran Consiglio del Fascismo sentì crescere in sé un odio
irrefrenabile che lo portò a rifugiarsi in Germania, nonostante
disistimasse i tedeschi, e a predisporre con loro un piano di
rinascita del fascismo. É così che, dopo l’8 settembre 1943 e
successivamente alla liberazione del Duce anche lui condotto in
Germania, che nacque lo stato fantoccio della Repubblica sociale
italiana. Pavolini diventò il segretario del partito fascista e di
fatto l’uomo che decideva anche per un Mussolini ormai depresso e
abulico. Fu sua l’idea di fare un esercito fascista ed è così che
nacque la Guardia Nazionale Repubblicana che, con ferocia combattè i
partigiani, con crimini di tale portata da far intervenire ogni tanto
perfino i tedeschi per chiedere un po’ di moderazione. Nel
crepuscolo del regime Pavolini finì con il sognare la “bella
morte” e in tal senso era spesso in prima linea, tanto che fu anche
ferito. Però il libro del destino del fascismo stava per arrivare
all’ultima pagina e l’odio e la ferocia si accrebbero in Pavolini
che addirittura lasciò numerosi cecchini a Firenze, prossima alla
liberazione, affinché uccidessero, più che i soldati alleati, gli
stessi cittadini.
L’avanzata
dei tedeschi nelle Ardenne risvegliò le speranze di naufraghi
morituri, ma fu solo una piccola fiammata e nella primavera del 1945
si annunciò la resa dei conti. É noto come andò a finire, con
Pavolini che cercò disperatamente di opporsi all’arresto,
combattendo, ma che poi con altri suoi camerati venne fucilato sul
lungolago di Dongo. Il suo corpo, come quello di Mussolini e degli
altri giustiziati in riva al lago di Como, venne poi appeso a un
distributore di benzina di Piazzale Loreto a Milano.
Petacco
é stato molto bravo perché non solo ha messo in giusta luce le due
personalità contrastanti, ma ha saputo narrare questa biografia come
se fosse un romanzo, rendendola avvincente e indimenticabile.
Arrigo
Petacco è
nato a Castelnuovo Magra (La Spezia) e vive a Portovenere.
Giornalista, inviato speciale, è stato direttore della «Nazione» e
di «Storia illustrata », ha sceneggiato film e realizzato programmi
televisivi di successo. Nei suoi libri affronta i grandi misteri
della storia, ribaltando spesso verità giudicate incontestabili. Fra
gli altri ricordiamo, pubblicati da Mondadori:Dear
Benito, caro Winston, I ragazzi del '44, La regina del Sud, Il
Prefetto di ferro, La principessa del Nord, La Signora della Vandea,
La nostra guerra. 1940-1945, Il comunista in camicia nera, L'archivio
segreto di Mussolini, Regina. La vita e i segreti di Maria José, Il
Superfascista, L'armata scomparsa, L'esodo, L'anarchico che venne
dall'America, L'amante dell'imperatore, Joe Petrosino, L'armata nel
deserto, Ammazzate quel fascista!, Il Cristo dell'Amiata, Faccetta
nera, L'uomo della Provvidenza, La Croce e la Mezzaluna, ¡Viva la
muerte!, L'ultima crociata, La strana guerra, Il Regno del Nord, O
Roma o morte, Quelli che dissero no, Eva e Claretta, A Mosca, solo
andata, Nazisti
in fuga, La
storia ci ha mentito e Ho
sparato a Garibaldi.
Renzo
Montagnoli
Una recensione coinvolgente dalla quale emergono le storie di due personalità incredibilmente contraddittorie e non in equilibrio.
RispondiEliminaDi Mussolini, come ben dici, si sa parecchio, molto meno, di Pavolini. Ed è stato molto interessante conoscere meglio quest'ultimo, approfondire gli aspetti oscuri di una personalità complessa. Oggi probabilmente si parlerebbe di bipolarismo, o forse di sdoppiamento della personalità, chissà.
Grazie.
Piera