Un
carteggio da ripubblicare
di
Grazia Giordani
Le
lettere alla zia raccontano il vero animo di Tolstoj
In
quasi 50 anni di corrispondenze lo scrittore si svela con Alexandra
Ci
appare una stranezza editoriale – in epoca in cui gli scambi
epistolari di personaggi celebri tirano tanto, che proprio il
«Carteggio confidenziale di Lev Tolstoj con Alexandra Andrejevna
Tolstaia (1857-1903)», edito da Einaudi nel 1943 e pubblicato
nuovamente nell’anno successivo, sia poi caduto completamente nel
dimenticatoio. Del grande scrittore russo esistono corrispondenze
pubblicate, si fa per dire, quasi con chiunque (dalla moglie, ai
figli, a personaggi più o meno noti del suo tempo). Eppure, il
carteggio tra Tolstoj (1826-1910) e la zia in secondo grado
Alexandra, nata nel 1817 e morta al cadere del 1903 – principessa
addetta alla corte imperiale, cui era stata affidata l’educazione
di due nipotine dello zar Nicola I – avrebbe meritata una sorte
diversa, anche per la curatrice d’eccezione Olga Resnevic
Signorelli (1883-1973), moglie di un insigne medico italiano, amica e
traduttrice dei più importanti artisti russi del suo tempo. Tutto
questo prologo per sottolineare quanto sarebbe utile agli studiosi
del celebre scrittore conoscerne più a fondo l’animo e le
inclinazioni anche in una allure domestica, visto che proprio lui
usava dire «Chi cerca la mia autobiografia, legga le lettere ad
Alexandra Andrejevna, se un giorno verranno pubblicate ( e da qui si
evince che i grandi del passato corrispondevano consapevoli di una
futura pubblicazione ndr) Tutto ciò che è possibile esprimere con
parole intorno alla propria anima, io l’ho confessato a quella
donna».
Questo,
a chiare lettere, aveva dichiarato Tolstoj al suo biografo e amico
Pavlov Ivanovic Birijukov. E gli amici della famiglia Tolstoj
raccontano, con commozione, come nell’ultimo anno della sua vita e
quando Alexandra ormai non era più, egli rileggesse le copie di
quelle lettere e come ripetesse spesso che nel ripensare alla sua
buia lunga vita, solo il ricordo di Alexandrine gli tornava alla
mente come un costante raggio di luce.
Queste
lettere sono una vera delizia da ambo le parti dei corrispondenti,
ora affettuose, ora burrascose per divergenze inerenti la religione,
da cui trapelerebbe – leggendole controluce, in filigrana, con un
po’ di malizia, persino un’infatuazione di Tolstoj per la più
anziana prozia, tanto il suo animo le si apre con accorata tenerezza,
scandendo anche le tappe della sua vita: matrimonio, figli nati e
figli morti. Da queste lettere diario si ricava la convinzione che
Alexandra scrivesse meglio del suo illustre corrispondente, con più
cuore, con maggior poesia del suo più celebre pronipote.
E
ci si chiede, anche, fino a che punto ne fosse al corrente la
gelosissima Sofia, quella moglie onnipresente, un po’ ingombrante.
Ecco,
i carteggi piacciono perché permettono di spiare dentro le pieghe
più intime dei personaggi celebri che li hanno scritti. Vedasi il
successo della corrispondenza Luigi Pirandello-Marta Aba; Sibilla
Aleramo-Dino Campana; Friedrich Nietzsche, Lou Salomè e Paul Rée,
addirittura in trio.
Ai
giorni nostri, tempo delle mail, dei messaggi senza punteggiatura,
dello scrivere quasi per ideogrammi, un carteggio aristocratico
diventa perla rara, testimonianza di tempi in cui la finezza
stilistica aveva ragione d’essere e che potrebbe riempire di
comprensibile nostalgia chi ancora sa apprezzare la bellezza in tutte
le sue forme.
Non
è stato Dostoevskij a dire che: «La bellezza salverà il mondo?»
Nessun commento:
Posta un commento