Il vangelo secondo Gesù Cristo
di José Saramago
Traduzione di Rita Desti
Feltrinelli Editore
Narrativa romanzo
Collana Universale Economica
Feltrinelli
Pagg. 352
ISBN 9788807721694
Prezzo € 9,50
Un
uomo di nome Gesù
È stata questa una lettura sofferta, trascinata nel
tempo, con il libro chiuso e più volte riaperto, nell’ipotesi che nel romanzo
di questo autore ateo potesse celarsi una spiritualità addirittura superiore a
quella di un credente.
E ora che l’ho terminato, che mi si sono schiarite
le idee e che le parole mi sovvengono a tratti, sia la sera prima di
addormentarmi, che il mattino al risveglio, mi chiedo continuamente se può
esistere un mondo in cui la grandezza di Gesù Cristo possa essere quella di
tutti gli uomini, se il suo regno un giorno riesca a diventare quello
dell’umanità e non una pomposa istituzione, privilegio di pochi, costruita sul
sangue di tanti martiri e accresciuta fra violenze, stragi e torbidi affari.
L’unica cosa di cui ero certo prima di accingermi
alla lettura era che non avrei assistito a una conversione di Saramago, e
allora la domanda, inevitabile, mi frullava nella mente : non sono bastati quattro vangeli canonici, oltre a quelli apocrifi, e adesso
vogliamo aggiungerne un altro; perché? Per riaffermare l’ateismo dell’autore?
Per dissacrare la vita di Gesù? Per imporre la razionalità materialistica sulla
trascendenza?.
Devo anche confessare che io, credente, avevo una
sorta di timore cupo nello scorrere le pagine, quasi come se quella lettura
potesse essere un peccato, ben superiore a quello originale, perché qui
derivante dalla mia esclusiva volontà.
E con il peccato a tratti appariva la punizione,
non tanto in un oltre tomba di castighi, quanto nel mondo dei vivi, tipo
malattie, disgrazie, infortuni, retaggio di secoli in cui la Chiesa Apostolica
Romana ci ha sempre mostrato un Dio vendicativo, irascibile, che non conosce il
perdono, che punisce sia nella vita terrena che in quella successiva, una sorta
di Moloch spaventoso più simile al diavolo che a un essere supremo che dovrebbe
essere solo bontà.
Un Dio con la barba, quindi, e anche nel libro di
Saramago non è glabro e appare in tutto e per tutto come quella divinità su cui
una certa Chiesa ha fatto conto per asservire, per accrescere il suo potere.
Sin dalle prime pagine, già con il viaggio di
Giuseppe e di Maria a Betlemme, mi sono tuttavia reso conto che in effetti
Saramago ha teso a porre, come centralità del romanzo, l’essere umano, nel suo
rapporto quasi indispensabile con un ente supremo che possa giustificare il
perché nasce, il perché vive e soprattutto perché muore.
La quotidianità di un mondo arretrato in cui le
donne sono essere inferiori (non per niente sono nate da una costola di
Adamo…), l’asprezza e la dolcezza del paesaggio, la ribellione latente per
essere una colonia romana rivivono, come per incanto, davanti ai miei occhi; le
descrizioni del Tempio di Gerusalemme, dei sacrifici della Pasqua scorrono come
in una pellicola cinematografica, rendendo per certi aspetti agevole la lettura, e senz’altro lo
sarebbe ancor di più se si riuscisse subito a dare una risposta a quelle
domande poste prima di aprire il libro.
È indubbio che la mia era una fretta di sapere,
concorrendo fra di loro sia la naturale curiosità, sia quel senso di peccato
che ora non ho più.
Dalla sua nascita fino alla sua morte in croce il
Gesù saramaghiano è un uomo che, come tutti gli altri, combatte contro il
destino, sia che questi sia una della volontà di Dio, sia che risulti scritto
in un libro cosmico che traccia il nostro percorso.
Il Dio dello
scrittore portoghese è un Dio che appare sempre più feroce, un dio che vuole
ampliare il suo regno a tutta la terra, insoddisfatto della poca popolazione
ebraica che lo venera e che, per raggiungere il suo scopo, si avvale di Gesù,
un intermediario della sua volontà e che cercherà di ribellarsi, per quanto
inutilmente.
Nel corso di quaranta giorni e quaranta notti in
cui, immersi nella nebbia, Gesù, Dio e il Diavolo s’incontreranno su una barca
al centro del lago di Tiberiade, emergono i motivi per i quali un umile uomo
dovrà sacrificarsi al suo dio. Una sete di potere, immensa, assolutistica
intende ritrarre dalla morte con il supplizio della croce il primo martire, la
novità che sconvolga i credenti ebrei, ormai assuefatti alla loro religione, e
che possa trascendere i confini di quello stato, espandendosi a macchia d’olio
per ogni dove, un nuovo immenso regno edificato sul sangue di innumerevoli
vittime eroiche, eliminate nel modo più atroce, e ingrandito, fortificato, reso
potente con altro sangue, con altre uccisioni, tutte nel nome di Dio.
E se guardiamo la storia della Chiesa apostolica
romana, purtroppo, c’è da ammettere che è così, pur fatte salve non poche figure
di religiosi autenticamente buoni e giusti.
Il potere e la gloria promessi a Gesù e che si
avvereranno grazie alla sua morte finiscono quindi con l’essere l’inizio di un
mondo di orrori e la passione del Cristo diventerà quella di tutti gli uomini
mansueti, di quelli che si ribelleranno all’imposizione di una spiritualità
disumana e che cercheranno di trovare un Dio senza più la barba.
Non so se questa chiave di lettura, cioè una
critica alla Chiesa cattolica che ci ha sempre dipinto un Dio tiranno, sia
giusta, ma comunque non ne esclude altre, fra cui ricomprenderei anche quella
di un’indipendenza interiore nella ricerca del senso della vita.
Ogni tanto, nel romanzo, ci sono delle
discontinuità, o comunque degli eccessi, come per esempio quello del rapporto
sessuale fra Gesù e Maria di Magdala, ma la reciproca conoscenza che lo precede
è di rara bellezza, l’incontro di due esseri predestinati, con il riscatto
dell’una e il completamento come uomo dell’altro.
E poi ci sono pagine veramente indimenticabili,
come la morte sulla croce di Giuseppe, il padre di Gesù, e di Gesù stesso, che
pronuncia la famosa frase, qui modificata e rivolta non tanto a Dio, ma agli
uomini “Uomini, perdonatelo, perché non
sa quello che ha fatto.”.
Fra tutte le figure e i personaggi un discorso a
parte merita Pastore, cioè il Diavolo, che dovrebbe essere l’opposto di Dio, e
che in effetti lo è. Di fronte a una divinità sanguinaria, Lucifero, ex angelo
degradato e cacciato, sembra l’unico ad avere pietà per gli uomini ed é sempre l’unico
che aiuta Gesù nell’affrontare il difficile percorso della vita, disposto
perfino a sacrificarsi, rinunciando al male che porta dentro, affinché di
quello stesso male non si cibi più Dio, salvando così il Cristo e impedendo la
nascita e l’ampliamento di un Regno basato solo sul sangue versato da centinaia
di migliaia di vittime.
Leggetelo con calma, perché, se non è forse il
capolavoro di Saramago, tuttavia non potrà che affascinarvi e restarvi dentro.
José Saramago è nato nel 1922 ad Azinhaga, in Portogallo.
Due anni dopo la sua nascita, la famiglia dello scrittore si trasferisce a
Lisbona dove il padre lavora come poliziotto. Le difficoltà economiche in cui
la famiglia versa, lo costringono ad abbandonare gli studi e a intraprendere
diversi lavori. Fa così il fabbro, il disegnatore, il correttore di bozze, il
traduttore, il giornalista, e il direttore letterario e di produzione in una
Casa editrice.
Nel 1947 pubblica il suo primo romanzo, Terra del peccato che riceve una tiepida accoglienza. Sono gli anni bui della dittatura di Salazar: Saramago subisce costantemente la censura del regime sui suoi scritti giornalistici ed è tenuto sotto controllo dalla Pide, la polizia politica salazariana, a cui riesce sempre a sfuggire, anche quando – nel 1959 – si iscrive al Partito Comunista Portoghese, allora clandestino.
Negli anni sessanta l’attività pubblicistica di Saramago è indirizzata verso la critica letteraria, e nel 1966 dà alle stampe la sua prima raccolta di poesie, I poemi possibili". Seguono, nel 1970 la raccolta Probabilmente allegria e le cronache Di questo e d'altro mondo del 1971, Il bagaglio del viaggiatore del 1973 e Le opinioni che DL ebbe del 1974.
Nel 1974, l’anno della “Rivoluzione dei Garofani” - il colpo di Stato militare che sancisce la fine del regime fascista in Portogallo – si apre una nuova fase nell’attività letteraria di Saramago che si concretizza nel romanzo del 1977 Manuale di pittura e calligrafia, mentre l’anno successivo pubblica Una terra chiamata Alentejo. Sempre in questo periodo scrive per il teatro (La notte, 1979 e Cosa ne farò di questo libro?) un attività che continuerà anche negli anni successivi (La seconda vita di Francesco d'Assisi, 1987; In Nomine Dei, 1993 e Don Giovanni, o Il dissoluto assolto del 2005).
Nel 1982 pubblica Memoriale del convento (edito in Italia da Feltrinelli nel 1984), il romanzo che gli dà notorietà a livello internazionale. Seguono L'anno della morte di Ricardo Reis (1984, Feltrinelli 1985), La zattera di pietra (1986), Storia dell'assedio di Lisbona (1989).
Nel 1947 pubblica il suo primo romanzo, Terra del peccato che riceve una tiepida accoglienza. Sono gli anni bui della dittatura di Salazar: Saramago subisce costantemente la censura del regime sui suoi scritti giornalistici ed è tenuto sotto controllo dalla Pide, la polizia politica salazariana, a cui riesce sempre a sfuggire, anche quando – nel 1959 – si iscrive al Partito Comunista Portoghese, allora clandestino.
Negli anni sessanta l’attività pubblicistica di Saramago è indirizzata verso la critica letteraria, e nel 1966 dà alle stampe la sua prima raccolta di poesie, I poemi possibili". Seguono, nel 1970 la raccolta Probabilmente allegria e le cronache Di questo e d'altro mondo del 1971, Il bagaglio del viaggiatore del 1973 e Le opinioni che DL ebbe del 1974.
Nel 1974, l’anno della “Rivoluzione dei Garofani” - il colpo di Stato militare che sancisce la fine del regime fascista in Portogallo – si apre una nuova fase nell’attività letteraria di Saramago che si concretizza nel romanzo del 1977 Manuale di pittura e calligrafia, mentre l’anno successivo pubblica Una terra chiamata Alentejo. Sempre in questo periodo scrive per il teatro (La notte, 1979 e Cosa ne farò di questo libro?) un attività che continuerà anche negli anni successivi (La seconda vita di Francesco d'Assisi, 1987; In Nomine Dei, 1993 e Don Giovanni, o Il dissoluto assolto del 2005).
Nel 1982 pubblica Memoriale del convento (edito in Italia da Feltrinelli nel 1984), il romanzo che gli dà notorietà a livello internazionale. Seguono L'anno della morte di Ricardo Reis (1984, Feltrinelli 1985), La zattera di pietra (1986), Storia dell'assedio di Lisbona (1989).
Negli anni novanta escono Il
Vangelo secondo Gesù Cristo (1991),
Cecità (1995) e Tutti i nomi (1997). Il primo decennio del 2000 è il più prolifico dell’attività di scrittore di Saramago, che dà alle stampe ben sette romanzi: La caverna (2001),L'uomo duplicato (2002),Saggio sulla lucidità (2004),Le intermittenze della morte (2005),Le piccole memorie (2006),Il viaggio dell'elefante (2008) e Caino (2009, ed. it. Feltrinelli 2010).
Nel 1998 gli viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura, riconoscimento che suscitò molte polemiche nel mondo cattolico per le sue ben note posizioni antireligiose. Polemiche che lo hanno fatto decidere di trasferirsi a Lanzarote, nelle Isole Canarie.
E' morto nel giugno 2010.
Cecità (1995) e Tutti i nomi (1997). Il primo decennio del 2000 è il più prolifico dell’attività di scrittore di Saramago, che dà alle stampe ben sette romanzi: La caverna (2001),L'uomo duplicato (2002),Saggio sulla lucidità (2004),Le intermittenze della morte (2005),Le piccole memorie (2006),Il viaggio dell'elefante (2008) e Caino (2009, ed. it. Feltrinelli 2010).
Nel 1998 gli viene assegnato il Premio Nobel per la Letteratura, riconoscimento che suscitò molte polemiche nel mondo cattolico per le sue ben note posizioni antireligiose. Polemiche che lo hanno fatto decidere di trasferirsi a Lanzarote, nelle Isole Canarie.
E' morto nel giugno 2010.
Recensione
di Renzo Montagnoli
Ho letto questo libro un po' di tempo fa e avevo trovato alcuni punti non del tutto chiari, che questa bella recensione mi ha fatto finalmente comprendere nel loro effettivo significato.
RispondiEliminaAgnese Addari
Non sono credente, e ho letto il libro di Saramago con trepidazione, aspettandomi un improvviso calo della acutezza dello scrittore. Per fortuna non è stato così, e tutta la visione d'insieme mi risulta pressappoco come la tua recensione, che trovo onesta, intelligentemente onesta e capace di apertuta, quindi, anche al non ratificato, e a distaccarsi all'evidente discrasia dei cosiddetti libri sacri che presentano un dio vendicatore, assolutamente umano, troppo umano.
RispondiEliminacri
Si può essere credenti, atei o agnostici ma di Cristo si continua a parlare.
RispondiEliminaIl libro di Saramago ha suscitato da subito non poco scalpore per il suo essere "contro", spingendo molti lettori ad un'attenta riflessione.
Una bella recensione scaturita dallo sguardo di un credente, oggettiva, approfondita e attenta.
Un tema che ha dato origine a numerosi dibattiti,e che sarà ancora al centro di altri.
Personalmente credo che la figura di Gesù abbia ben poco in comune con la Chiesa Cattolica, e non soltanto oggi ma probabilmente da sempre. Mi viene da pensare ad Ipazia, uccisa probabilmente per volere di uno dei primi vescovi cristiani.
Penso anche che il messaggio di Gesù sia così lontano dal mondo odierno da sembrare un vero paradosso, per lui non c'è spazio.
Grazie, Renzo, per le riflessioni che stimoli in chi legge.
Piera
I romanzi di Saramago anche per me sono una lettura sofferta, da lasciare e riprendere nel tempo. Ce l'ho due ancora aperti e da terminare; non che non mi piacciano, è che sono densi di spunti di pensiero e vanno centellinati. Questo non lo conosco e la tua sentita recensione mi stimola a leggerlo. Su Gesù ho già espresso il mio pensiero in una similpoesia anni fa. Non ho molto altro da dire o forse sì, me lo riservo per il futuro, magari dopo che avrò letto il libro che con tanta maestria proponi.
RispondiEliminaciao
franca