Gli inediti di G.Simoni
Leggendo
romanzi gialli siamo abituati a definirli metafici, psicologici,
sanguinari, drammatici, ma leggendo quelli di Gianni Simoni non
possiamo trattenerci dal definirli “simpatici”, perché simpatico
è l’autore e le situazioni che ci propone.
E
questo è dunque il caso anche di «La
chiave rubata e altre storie» ( TEA, pp. 229, euro 14),
dove l’Autore si concede il lusso di percorrere la via al contrario
– strada che si era concessa già il grande Simenon – ovvero
quella, che sottolinea in prefazione, – di porgerci un libro
di racconti che, rimasti nel cassetto, ora trae fuori proprio per
noi. Tutti gli autori, o quasi, iniziano dai racconti, ritenuti più
facili (ah! Come si sbagliano, basterebbe pensare a Carver per citare
uno fra i tanti) e passano poi alle lunghe narrazioni, qualche volta
pletorici romanzi, perché se non si è Dostoevskij o Proust o
Manzoni, il lungo narrare finisce con l’annoiarci – e
passano poi agli articolati romanzi.
Simoni,
che lo faccia di proposito o che gli fossero rimasti nel cassetto,
ormai a corto di idee, vi propone questa silloge in cui – dice «la
particolarità consiste nel fatto che in alcuni racconti non ci
troviamo di fronte a Petri che conosciamo, un ex giudice istruttore
che spesso collabora con le forze di Polizia, ma a un Petri più
giovane, nel pieno della sua attività di magistrato. Come si potrà
rilevare – prosegue l’Autore – i suoi tratti sono però quelli
che conosciamo dal carattere non facile, a volte un po’ burbero,
volutamente, anche se dotato di ironia e di autoironia».
«Non
è un eroe, ma un semplice galantuomo sempre rispettoso della varia
umanità con cui viene a contatto anche se non sopporta, pur cercando
di non darlo troppo a vedere, coloro che in cuor suo ritiene
appartengano alla categoria degli sciocchi o dei furbi. E queste
caratteristiche lo seguiranno negli anni, nel rispetto delle regole
non potendo però rinunciare a una sorta di pietas che sente verso la
vittima, ma in qualche misura anche verso il suo carnefice».
Fregandosene
altamente di quanto affermano alcuni critici per cui la buona
letteratura non dovrebbe mai essere autobiografica, Simoni seque
la strada contraria a Simenon – che in Maigret vedeva il suo alter
ego rovesciato, il nostro ex magistrato va giù diritto, non facendo
pedissequa cronaca di casi da lui conosciuti, ma creando una sapiente
miscela di vero ed inventato, o meglio di fatti che potrebbero
essergli veramente accaduti
E
noi divoriamo sei storie inedite, sedendoci fra i personaggi,
intimoriti e diverti allo stesso tempo, affascinati dalla vis comica
di questo autore che per alcuni versi ci ricorda anche un po’ il
Camilleri del Commissario Montalbano. Nord e Sud della nostra
difficile Italia, senza dimenticare una spruzzatina belga di quel
gigante di Simenon, formano un cocktail gradevolissimo che si beve
tutto d’un sorso, conservando un po’ di sete, perché Gianni
Simoni, che a suo tempo, si rivelò a noi con «Il caffè di
Sindona», in collaborazione con Giuliano Turone (Garzanti), da
anni per TEA ci ha abituati ai casi dell’ex giudice Petri e del
commissario Miceli e delle indagini del commissario Lucchesi, due
serie premiate entrambe da un progressivo consenso di pubblico e
critica, sempre in aumento.
Grazia
Giordani
Molto interessante il modo in cui l'autrice presenta il libro. Una recensione leggera e, nello stesso tempo, accurata, in sintonia con il carattere "simpatico" dell'autore della silloge. come dice G. Giordani.
RispondiEliminaLetta con piacere.
Piera