Orfani
bianchi
di Tiziana
Monari
Nell'orfanotrofio
la notte allungava tentacoli sui visi scomposti dal pianto
c'era
il tempo di sempre, un giorno urlante e feroce
i
letti in fila per tre, l'odore di cavolo e straccio
le
pentole bruciate sul fondo
e
solo castagne, per colazione, per pranzo, per cena
pane
e castagne al mattino, polenta e castagne alla sera
le
proteine oneste dei poveri
e
la domenica castagne bollite, caldarroste con un poco di miele
ed
i bimbi con le occhiaie affondate nel cuore erano schegge di note
stonate
le
bocche avevano fame, la voce era un groppo alla gola
il
cuore era monco privo di fiato e di suono
I
sorveglianti attraversavano assenze, mancanze
il
loro passo che risuonava nel vuoto
solo
una castagna seccata in tasca e l'odore dell'orzo
faceva
librare quei sogni che si inceppavano come aquiloni legati ad un
albero
in
un posto dove la vita sapeva di terra e di muschio
ed
i giorni erano repliche di dolore e di fame.
Un testo che fa male, che si vorrebbe fosse un'invenzione, invece è tutto
RispondiEliminavero, un passato nutrito dal dolore, che purtroppo ritorna e si prolunga nel tempo. Bravissima l'autrice.
Piera