venerdì 24 febbraio 2012

La bellezza della neve, di Ferdinando Camon

 

 


La bellezza della neve

di Ferdinando Camon



"Avvenire" 2 febbraio 2012

Nevica sul Vesuvio, freddo siberiano, crolla il tendone del Palafiuggi, saltano le partite di calcio, 90 morti in Polonia, Romania, Bulgaria, 45 in Ucraina, in crisi anziani e clochard, disagi e ritardi sui treni, ci sono scuole e asili che chiudono. In gran parte d’Italia ci vogliono le gomme invernali o le catene, anche se la strada non è ghiacciata devi averle a bordo, la polizia ti controlla il bagagliaio, se non le hai sei in multa. Molti imprecano: maledetta la neve, a cosa serve la neve? Perché ci fa soffrire? Perché la vita, già così difficile, dev’essere più difficile? È giusto, è saggio che la natura sia fatta così? O c’è un errore?

La neve è un male?
Guardo fuori dalla finestra, la neve volteggia come se non avesse peso. Però cade, un peso ce l’ha. L’ho vista infinite volte, praticamente ogni inverno. Per me, uomo del Nord, fa parte della natura e del mondo. Certo la vedevo con occhi diversi da piccolo, allora era accettata, era naturale. Poi è venuto il boom e col boom l’idea che nel corso della vita avremmo umanizzato il mondo, lo avremmo piegato alle nostre esigenze. E tra le nostre esigenze non c’è la neve né il freddo: sono due negativi. Per noi umani, ma anche per tutti gli animali. E per i vegetali: le piante soffrono, non crescono, la linfa che sale lungo la corteccia si ghiaccia. Nelle linee ferroviarie si possono bloccare gli scambi, un treno diretto a una destinazione s’immette in un’altra, il traffico va in tilt. La neve è un nemico. Come l’orso, il lupo, la lince, la volpe, tutti gli animali che tornano silenziosamente a popolare i nostri boschi, e che ci fanno guardinghi: si stava meglio prima. La Natura ci tradisce.
Lei noi, o noi lei?
Non siamo noi che diventiamo incapaci di amare la natura, di accettarla, quando è come dev’essere? Un bosco con l’orso è più bello, con le linci e le volpi pure, e un inverno che ha la neve è un inverno. Non volendo la neve, noi non vorremmo l’inverno. Non vorremmo la Natura. Vorremmo un mondo s-naturato. Non siamo più capaci di vivere.
La neve non c’è nel “Cantico di Frate Sole”, ma solo perché san Francesco lo scriveva in Umbria, in una stagione in cui la neve non scendeva. Se lo scrivesse ora, adesso, guardando i fiocchi di neve toccar terra senza tonfo, la inserirebbe tra le meraviglie per cui bisogna alzare le lodi. Francesco sta all’inizio della nostra storia letteraria, nel primo capitolo. Zanzotto sta alla fine, nell’ultimo. Zanzotto ha un’ode alla neve, perché la vedeva ad ogni inverno, faceva parte del suo paesaggio. Della neve fa un elogio immenso e fulmineo, la guarda e dice di essere «pronto, in fase d’immortale, / per uno sketch-idea della neve, per un suo guizzo. / Pronto. /Alla, della perfetta./ “E’ tutto, potete andare”». Dunque la neve non è uggiosa, dannosa, odiosa: è “perfetta” e basta. Il “potete andare” è rivolto a noi, che dal poeta ci aspettavamo chissà che cosa. Mentre dobbiamo soltanto prendere atto che la neve è una perfezione indicibile: è giusto, è bello che ci sia. Se c’è la neve, non c’è qualcosa di troppo. Se non ci fosse, ci sarebbe qualcosa di meno. Come il lupo, che dall’Austria scende verso sud, come l’orso, che dalla Slovenia cammina verso ovest, come le volpi, che in Carnia rubano le galline. La natura non è fatta perché noi la dominiamo senza disagio e senza paura: la vita sta nell’affrontare i disagi e vincere la paura. La neve ce lo ricorda. Nelle nostre case calde, noi la odiamo. Nelle loro case fredde, i contadini l’amavano. E non è vero che non serva a niente: “Sopra la neve fame, / sotto la neve pane”. Fra poco la neve si scioglierà e il pane spunterà.



4 commenti:

  1. Ha proprio ragione, Signor Camon. L'uomo non sembra più capace di vivere, fa drammi per cose perfettamente naturali e si impegna a rovinare la natura e così anche se stesso.

    Agnese Addari

    RispondiElimina
  2. "...Dipinte in queste rive

    Son dell'umana gente

    Le magnifiche sorti e progressive .

    Qui mira e qui ti specchia,

    Secol superbo e sciocco..."

    Durante i giorni di grande neve erano questi versi di Leopardi a tornarmi continuamente in mente.
    E' bastata una nevicata più intensa delle altre per mettere in ginocchio la nostra tecnologica società.
    Abbiamo sentito la potenza della natura e la nostra piccolezza nei suoi confronti; speriamo che ciò ci induca a rispettarla di più, come facevano i contadini che la conoscevano e l'amavano ( non solo la neve ma la natura tutta).

    Aggiungo che questo articolo di Ferdinando Camon, a me molto gradito, mi giunge come una coincidenza straordinaria: proprio ieri, cercando nella biblioteca della scuola dei libri per i miei alunni, mi è capitato tra le mani il suo Un altare per la madre e mi sono detta " Voglio leggerlo". Così me lo sto portando in borsa, leggendolo nei ritagli di tempo.

    franca

    RispondiElimina
  3. NEVE
    Ineffabile
    fugace melodia
    di bianche note.
    .-.-.
    La natura ci assomiglia, buona e cattiva, poetica ed egoista, forte e fragile, bisognosa di amore e di rispetto per poterli poi ricambiare.
    Bell'articolo.
    Giovanna

    RispondiElimina
  4. Un bel racconto che combacia con le mie impressioni, che sempre mi si ravvivano quando noto quanto l’uomo si sia allontanato dalla natura, dalla propria e dalla esterna.
    Il suo modo di vivere attuale é un affronto all’ambiente che lo ospita, é segno di vuoto spirituale che lo rende incapace di ritrovare il suo equilibrio, d’animo e di coscienza.
    Lo si nota nel suo comportamento in strada quando lascia i suoi rifiuti per terra, nello stadio quando reagisce con la violenza nel veder perdere la sua squadra, non capendo che lo sport é antagonismo sano per cui il vincitore va applaudito e rispettato, nel modo di consumare il suo tempo libero nel quale cerca maggiormente il divertimento invece dell’apprendimento al contatto con l’ambiente.
    Non capisce che senza pioggia e neve i fiumi sarebbero secchi ed egli non avrebbe acqua da bere, che i campi hanno bisogno di riposo per poter rigermogliare in primavera, che i prati non sarebbero verdi, bensì secchi e polverosi, non idonei a sdraiarsi sopra e godere il loro strato soffice e fresco.
    Non capisce che anche il suo ritmo biologico ha bisogno dell’alternanza del tempo, per cui dovrebbe ringraziare la natura per le piogge, le nevi e il sole che porta.
    Dall’alternanza del tempo sorge anche quella del suo stato d’animo, per cui dopo un lungo periodo di pioggia, di neve, di freddo, di calore afoso si rallegra maggiormente nel momento della loro mutazione.
    Certo la vita é difficile, troppe cose deve sopportare, ma le più difficili sono sempre la propria incoscienza, ignoranza, presuntuosità, arroganza e testardaggine.
    Il suo ritmo di vita é diventato superiore a quello svolto dalla natura per cui sorge sempre un più grosso divario difficile da ridurre.
    Possiamo immaginarci in quale stato lasceremo questo pianeta, nel momento in cui ci saremmo distrutti o riusciti a fuggire in un altro pianeta dell’Universo per riprendere le stesse attività insensate e distruttive.
    Lorenzo

    RispondiElimina