Il tocco abarico del dubbio
di Angela Caccia
Prefazione di Anna Maria Bonfiglio
Fara Editore
Poesia
Collana Il filo dei versi
Pagg. 96
ISBN 978
97441 62 5
Prezzo € 10,00
L’importanza del dubbio
Mi sia consentita una
doverosa, ma anche opportuna premessa: quando ho avuto per le mani questo
libro, mi sono subito chiesto che cosa potesse avere a che fare con la poesia
un termine geografico come “abarico”. Per chi non lo sapesse, onde anche
evitare una sua ricerca su un dizionario, per abarico si
intende quella zona in cui le forze di gravitazione della terra e della luna si
annullano, generando il cosiddetto punto zero. Lì, in campo neutro si potrebbe
dire, si inserisce il dubbio, che non porta né alla verità, né alla menzogna,
ma che ha il pregio non indifferente di mettere in discussione tanti concetti
atavici precostituiti, stimolando una ricerca di conoscenza che porta
gradualmente a una maggiore consapevolezza di ciò che siamo. Il dubbio quindi
non è un elemento negativo, anzi si potrebbe dire che senza di esso
l’evoluzione umana non sarebbe stata possibile; l’unico vero problema è che
come si procede nella ricerca della conoscenza, sanando tanti dubbi, ne
intervengono anche di nuovi.
La limitata condizione
dell’essere umano, la temporaneità della vita sono tutti fattori che portano
alla crescita dei dubbi, ma del resto non oso nemmeno immaginare come potrebbe
essere un’esistenza fatta di certezze acclarate e dimostrabili; con
ogni probabilità sarebbe del tutto piatta, grigia e monotona.
Nel leggere i versi
delle belle poesie che compongono questa silloge emergono i dubbi dell’autore,
dubbi relativi a quelle che credevamo certezze e invece non lo sono, dubbi
legati alle aspettative ultime degli esseri umani (che ci sarà dopo la morte?)
e anche dubbi sul come abbiamo impostato la nostra esistenza, sulla nostra
limitata scelta di un ruolo che è soprattutto determinato dalle convinzioni
della società in cui viviamo.
Sostanzialmente la silloge
è strutturata in cinque sezioni, ognuna delle quali è preceduta da una breve
prosa poetica, una sorta quasi di introduzione; in queste sezioni vengono
trattati i tanti temi dell’esistenza, che riguardano tutti e che perciò prima o
poi dobbiamo affrontare.
Di particolare ricerca è
poi l’uso dei termini nelle varie poesie (verbi, sostantivo,
aggettivi) sovente inconsueti, tanto che sembrano, anche se non lo
sono, inventati, del tipo sgamare, bercio, valva, ecc. Non sono
messi lì per dimostrare il grado di erudizione dell’autore, ma sono quelli più
appropriati per giungere a esprimere concetti in aura poetica, vale
a dire per accompagnarli dalla indispensabile armonia, e a proposito di questa
il ritmo è necessariamente lento e per assimilarlo a un termine musicale
potrebbe essere definito un adagio maestoso; d’altra parte questa studiata
lentezza è quanto mai opportuna perché questa è poesia di meditazione, perché
sono liriche, che nel portare il sentire di Angela Caccia, invogliamo a
riflettere, vengono a toccare i nostri dubbi, portano a un necessario confronto
e, soprattutto, mettono in discussione alcune nostre certezze. Ora qualcuno
potrà anche pensare che non ha senso leggere una simile poesia, se conduce a un
superlavoro di meningi, al che obbietterei che l’intelligenza non è materia
inerte, ma è fatta per essere esercitata e che la conoscenza di noi non solo
non è mai superflua, ma è addirittura indispensabile.
Fra l’altro, se poi è
della morte e sul dopo soprattutto che si parla, credo che in materia un
confronto di opinioni, per quanto lontanissimo dall’essere risolutivo (con ogni
probabilità non lo sarà mai), ci possa condurre però ad accettarla come una
fase di un’esistenza che si avvia con la nascita e finisce con la dipartita.
Non si troverà la soluzione se c’è sicuramente un dopo, ma senz’altro, con
l’accettazione di un termine, si darà più valore alla vita, si cercheranno di
riconoscere e di cogliere le tante opportunità che essa ci
offre. Nulla deve andare sprecato e solo allora, cioè quando potremo
dire di aver vissuto pienamente, quel salto nel buio ci farà meno paura, che
siamo o no credenti.
Da leggere, ci
mancherebbe altro.
Angela
Caccia è nata e vive Cutro (KR). Tra i concorsi vinti: Piazzetta (Salerno),
Siracusa, Feile Filiochta International Poetry Competition 2003 (Dublino), Fiurlini(Olanda), Colapesce 2011, medaglia Presidente Repubblica al premio
Insanamente 2012 (Rimini), Convivio 2012 (Giardini Naxos). Nel
fruscio feroce degli ulivi (Fara 2013, prefato
da Davide Rondoni, ha vinto il Premio Massa Città fiabesca e il Concorso Città
di parole – Firenze; II class. al
Premio Pascoli Barga; III class. Ai premi
Di Liegro 2013 e Camposampiero 2014).
Recensione di Renzo
Montagnoli
Un'autrice molto interessante, a giudicare dalla bella recensione, una poetessa che incuriosisce per l'uso di un lessico talvolta inconsueto e per gli argomenti trattati, argomenti che non vogliono e non possono dare risposte definitive ma che, pervasi dal dubbio, spingono ad una riflessione probabilmente faticosa sui temi più importanti della nostra esistenza.
RispondiEliminaGrazie.
Piera