Presagio
di Andrea Molesini
Sellerio Editore Palermo
Narrativa romanzo
Collana La memoria
Pagg. 168
ISBN 9788838931956
Prezzo € 12,00
I giorni prima
dell’uragano
Questo
romanzo storico esce proprio nell’anno in cui si celebra il primo centenario
dello scoppio della Grande Guerra, un conflitto che, al di là di quello che
costò in milioni di vite umane, segnò una svolta epocale, con la fine
dell’Europa quale entità capace di dominare la scena planetaria, con la caduta
di tante monarchie, con l’avvento di un regime comunista e negli anni
immediatamente successivi alla sua fine con il sorgere in Italia del fascismo e
in Germania del nazismo che portarono al secondo grande scontro mondiale.
Andrea
Molesini ha colto questa occasione per imbastire un’opera strutturata come una
tragedia greca (un prologo, tre atti e un epilogo), ambientando la trama nella
sua Venezia, all’epoca meta di soggiorno della più facoltosa nobiltà e
borghesia europea. Quella descritta non è una città da cartolina, anzi è
limitata al Lido e all’isola di San Servolo, l’isola dei matti, sede appunto
del manicomio. L’autore, tuttavia, non si limita solo a proporre una vicenda su
quelli che furono gli ultimi giorni di
pace, ma va ben oltre, scende nei meandri dell’animo umano per evidenziare
quanto ineluttabili appaiano le grandi e piccole scelte nel destino di ognuno e
tanto qui a maggior ragione si comprende come siamo solo dei predestinati. Non
è un caso quindi se l’opera è introdotta da una frase di Rainer Maria Rilke (Il futuro entra in noi, e si trasforma in
noi, molto prima di accadere); questa epigrafe, scritta dal grande poeta di
lingua tedesca proprio in quel periodo, significa in buona sostanza che ogni
essere umano sa, sia pure inconsciamente, quel che è prima che lo diventi. E’
una premessa drammatica e ben calza allo svolgimento di questo bellissimo
romanzo.
Se
fino a ora ho esposto l’opera nelle sue linee generali, ritengo opportuno
adesso dare qualche notizia in più, affinché il lettore si faccia un’idea più
precisa.
È
il luglio del 1914, il 28 giugno Gavrilo Princip a colpi di pistola aveva
spento a Sarajevo le vite dell’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono di
Austria-Ungheria, e di sua moglie Sofia, lo stato febbrile volto a una guerra,
già in atto da tempo, ha colto nell’attentato ai reali l’occasione propizia per
concretizzarsi. Schermaglie diplomatiche, più che altro dimostrative, animano
quel mese di luglio, ma ciò che già da tempo era stato deciso trova finalmente
il suo sbocco in una guerra che è il disperato tentativo per monarchie ormai
obsolete di contrastare la loro naturale fine, ed é così che queste (impero
russo, impero austro-ungarico, impero turco-ottomano e l’ancor giovane, ma
troppo tardi instaurato impero germanico) buttano sul tavolo da gioco della
storia le loro consunte carte, così che il 28 di luglio scoppia la prima guerra
mondiale. A Venezia, all’Hotel Excelsior, il gran mondo riempie di frivoli
cicalecci i saloni, esponenti di un’epoca, chiamata Belle Epoque, in cui tutto
sembra eternamente spensierato, in cui, dietro un paravento di eleganza e
nobiltà, si cela un profondo malessere, una povertà di valori destinata, prima
o poi, a esplodere.
Molesini
avrebbe potuto parlarci di questi sconosciuti per spiegarci quei giorni, ma
anziché scrivere un romanzo corale, come i suoi due precedenti, preferisce
imperniare la sua trama su due soli protagonisti, il commendator Spada,
proprietario dell’Hotel e una sua avvenente cliente, la marchesa Margarete von
Hayek. L’uomo non è insensibile al fascino della nobile dama, ma è un
pragmatico e comprende che per lui ella può rappresentare solo un esaltazione
dei sensi e non un vero e proprio amore, e di ciò ne trae profitto,
accompagnandosi con lei senza patemi, ma con impeti carnali. Lei è una femmina
fatale, pericolosa quindi, e depositaria di un segreto che, una volta svelato,
ce la mostra in un’altra luce. In questo contesto intimo la mostruosa macchina
volta all’inizio di una guerra acquista sempre più velocità, fino a quando il
28 luglio l’Austria dichiara guerra alla Serbia, che ha rifiutato un ultimatum
impossibile da accettare secondo il buon senso.
Il
discorso con cui il commendator Spada comunica ai suoi ospiti, seduti a tavola
per la cena, l’inizio delle ostilità è per me la parte più bella del libro e
già da sola giustifica la lettura dell’opera. Non c’è retorica nelle parole
dell’albergatore veneziano, ma tanto giudizio e soprattutto umanità. Sono
pagine che si leggono con vivo piacere, provando un’indicibile emozione. Quella
dichiarazione di guerra risuona nel silenzio generale del salone come una
condanna per gli appartenenti a un mondo che da lì a pochissimo sparirà e della
Belle Epoque, in cui tutto sembrava possibile purché lo si volesse, non resterà
che un vago ricordo e i dipinti del can can di Toulouse-Lautrec.
Nel
romanzo di Molesini questo passaggio, questa fine di un’era è ben descritta,
benché sembri toccare solo le anonime comparse del suo libro. Per i due
protagonisti e soprattutto per la marchesa la convinzione che sia stato
spazzato via un modo di vivere la vita in
nuce già esiste in loro, nella loro
storia d’amore senza speranza, nella estrema sensualità di lei, secondo un
copione già noto, ma con una sua peculiarità: lei tende ad autodistruggersi,
magari coinvolgendo altri, come un presagio, lo stesso che sotto forma di
incubo accompagna le notti del commendatore, con quella bestia che è in noi ed
è pronta ad azzannarci. Guai a contrastarla, perché in fondo la guerra è
l’emblema di quella bestialità che ci è propria e solo con la consapevolezza
che è tipica dell’artista che si limita a osservarla e a descriverla è
possibile non essere dalla stessa sopraffatti.
Romanzo
che mette allo scoperto la più recondita natura dell’uomo, Presagio è scritto con signorilità, senza mai trascendere e anzi
misurando le parole una per una (stupendi al riguardo i duelli verbali fra i
due protagonisti), è volto a un messaggio universale, a una ricerca della
verità, a quel Wahrheit con cui inizia il libro, che si chiude con un finale
enigmatico, ma segnato da una profonda pietà.
Se
l’impianto è teatrale, in un contesto di crescente tensione in cui par già di
udire i tuoni delle cannonate, Molesini ha il pregio indiscutibile di
accompagnare a una tragedia una vena poetica di cui sia i due protagonisti che
l’intero libro beneficiano ampiamente, e questo ha effetto anche sul lettore
che giunto all’ultima pagina ricava netta la sensazione di aver letto qualche
cosa di molto diverso dal solito, di avere per le mani un’opera di grande
valore letterario, una di quelle che, benché riferita a un’epoca, è senza
tempo, stupenda oggi come lo sarà domani.
Andrea Molesini ha
pubblicato con Sellerio Non tutti i bastardi sono di Vienna, che
nel 2011 ha vinto, tra gli altri, il Premio Campiello e il Premio Comisso,
tradotto in inglese, francese, tedesco, spagnolo e molte altre lingue, La
primavera del lupo (2013) e Presagio (2014).
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Recensione di Renzo
Montagnoli
Bella come sempre, questa tua presentazione, bella come lo sono state le altre.
RispondiEliminaMolesini ha fatto un'ottima scelta nel soffermarsi proprio su questa parte di storia, che mi sembra sia in genere poco frequentata dagli scrittori, raccontando l'avvio (scontato) verso la prima guerra mondiale non attraverso un'analisi di fatti specifici ma tramite i due protagonisti; un modo più indiretto ma straordinariamente incisivo, penso, che coinvolge probabilmente il lettore più profondamente.
Davvero una bella proposta, Renzo.
Piera
L'ho appena finito di leggere. Ho trovato che é un buon libro anche se Non tutti i bastardi sono di Vienna, almeno secondo me, é migliore.
RispondiEliminaCole al solito la recensione é impeccabile.
Agnese Addari