lunedì 15 febbraio 2016

Don Angelo, di massimolegnani


Don Angelo
di massimolegnani

All’imbrunire sto percorrendo la salita per andare a cena all’ospedalino. Una nebbia pungente rende vaghi i lampioni e il paesaggio di pini e vigneti assume un che di spettrale. A metà salita scorgo su in alto una massa indefinita che sembra rotolare verso di me. Non vi sono rumori che mi aiutino a capire. Fisso la palla enorme di pece che mi viene incontro minacciosa. All’ultimo istante mi tolgo dalla strada e mi riparo dietro un albero: accanto a me sfila un mastodontico individuo intabarrato in un cappottone nero che scivola a valle poggiando il sedere su un’esile vespa con il motore spento.
Ho appena conosciuto don Angelo! Niente sarà più come prima.

-   Una partitina a ramino, dottore?- gli occhi bovini del prete si fanno piccoli e imploranti.
 Mah, non sono bravo con le carte, me la cavo solo a poker. Comunque visto che alla televisione non c’è niente facciamo pure una partita.
Le mani grassocce di don Angelo si muovono frenetiche nel mescolare e distribuire le carte; sono incantato dall’agilità dei suoi gesti, lui di solito così pachidermico.
-   Che ne dice di questo mazzo, dottore? Ha notato come scivolano bene le carte? E non si sgualciscono con l’uso, sono state plastificate con un procedimento particolare. Me le ha procurate un amico, non si trovano in commercio; gliene posso fornire qualche mazzo ad un prezzo interessante.
Tace qualche istante, troppo impegnato a studiare le proprie carte, poi riprende la sua cantilena:
-Quando abbiamo finito di giocare le faccio vedere un accendino che è un vero gioiellino; resterà sbalordito da quanto poco costa!
Don Angelo ha il commercio nel sangue, è un marocchino ante-litteram. Al lunedì torna dal suo paese con un borsone carico di ogni ben di dio, accendini, sigarette di marche esotiche, giochi di società estrosi, prodotti vari fuori commercio che non ho mai capito dove raccatti. Nelle sue lunghe giornate inoperose propone la propria merce ad ogni malcapitato dipendente dell’ospedalino. È un segugio instancabile, non molla la predafinchè non gli ha rifilato almeno un pezzo del suo vasto campionario; e devo riconoscere che ha anche stile nel vendere: entusiasmo per l’articolo e apparente disinteresse per l’aspetto venale della vendita sono le sue armi migliori.
Mentre giochiamo mi interessa più osservare il mio avversario che vincere la partita. Don Angelo si agita sulla sedia, regge le carte con mani tremanti, le studia come fossero il breviario e le gioca con un sospiro di sofferenza. Indossa una maglia nera quasi nuova, ma stranamente lisa all’altezza dello stomaco. È il suo biglietto da visita: in effetti le principali attività del reverendo, carte e cibo, prevedono il continuo sfregamento dell’addome, in lui assai prominente, contro il bordo del tavolo!
- Chiuso!- dichiaro con voce annoiata.
- Lei ha un sedere vergognoso, dottore, se lo lasci dire!
Un ringhio rabbioso fende l’aria, le carte volano per la stanza, la sedia viene scaraventata lontano. È l’ira del prete.
- Ma don Angelo, è la prima mano che vinco su trenta che abbiamo giocato!
- Che cosa c’entra? Sono più bravo di lei e meritavo di vincere.
Occhi lucidi, iniettati di sangue, un rivolo di saliva dal labbro tremolante, don Angelo abbandona la stanza senza salutare. Gli ho rovinato la serata.



1 commento:

  1. Un racconto letto con piacere, breve ma incisivo. Sembra proprio di vedere don Angelo, mi piace che l'autore abbia scelto questo nome per descrivere una persona non "bella". Mi viene da pensare che non sia esattamente un caso.
    Grazie.
    Piera

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