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La forza della verità
di Renzo Montagnoli
E’ la notte del 23 agosto 1927. Nel penitenziario
di Charlestown (Massachussets) una violenta scarica elettrica pone
fine alle 0,19 alla vita di Nicola Sacco e sette minuti più tardi è la volta di
Bartolomeo Vanzetti. Due italiani, immigrati, lavoratori, anarchici, ma
soprattutto innocenti sono stati immolati alla ragion di stato.
“Mai vivendo
l’intera esistenza avremmo potuto sperare di fare così tanto per la tolleranza,
la giustizia, la mutua comprensione fra gli uomini…Il fatto che ci tolgano la
vita, la vita di un buon operario e di un povero venditore ambulante di pesce…è
tutto! Questo momento è nostro quest’agonia è la nostra vittoria!”
Così, nel corso del processo, Bartolomeo Vanzetti si era
rivolto alla pubblica accusa. La voce era ferma, frutto di una rassegnata
consapevolezza che è presente solo nell’innocente animato da nobili ideali.
E’ passato tanto tempo e alle attuali generazioni i nomi di Sacco
e Vanzett idicono poco, al più qualcuno si azzarda a buttare lì un “mi
pare di aver sentito che erano rivoluzionari”. La memoria degli eventi
trascorsi va sempre più riducendosi , ma ci sono fatti di una portata
tale che non possono essere dimenticati, soprattutto quando le parole libertà e
democrazia diventano pura e inutile retorica.
“ L’essere innocenti di ciò che ci accusano e poterlo
gridare al mondo è la nostra forza per affrontare con serenità il martirio.”
Dei due immigrati italiani, Bartolomeo Vanzetti è il più
erudito, è quello che già da giovanissimo, andato per lavoro a Torino, si
accosta ai primi movimenti socialisti. In lui poi prevale una visione
dell’umanità senza prevaricazioni, senza accumuli di proprietà; avversa poi uno
stato che vive sui suoi cittadini e non per i suoi cittadini. Il passaggio
quindi all’anarchia avviene in via del tutto naturale, frutto di esperienze e
di osservazioni.
Emigrato negli Stati Uniti, durante la fuga in Messico per evitare di
essere arrestato quale obiettore di coscienza, conosce un immigrato pugliese,
Nicola Sacco, presente per lo stesso motivo. I due, frequentandosi, scoprono di
essere iscritti allo stesso circolo anarchico e così diventano amici, legame
che li unirà anche ritornati negli Stati Uniti e fino alla loro tragica fine.
Il 5 maggio del 1920 vengono fermati su un tram e, tradotti in carcere,
sono accusati di aver rapinato il 15 aprile il
calzaturificio “Slater and Morrill”, uccidendo a colpi di pistola il
cassiere e una guardia giurata.
Professano subito la loro innocenza, indicano i testimoni a
discaricano che possono fornire loro un alibi ineccepibile, ma è tutto
inutile, perfino la confessione del vero colpevole.
Lo stato, quando vive sui suoi cittadini, ha bisogno di dimostrare loro
la sua solidità, la sua capacità di proteggerli dai pericoli che sono frutto
della sua struttura. Guai a chi osa mettere in dubbio la sua validità, guai
agli anarchici che ne contestano la liceità dell’esistenza, e allora si deve
colpire, si deve dimostrare a tutti che nulla è più forte dello stato, nemmeno
la verità.
Sacco e Vanzetti non sono altro che due capri espiatori e le menti meno
intorpidite lo comprendono e si danno da fare con azioni legali, campagne
stampa, comitati, manifestazioni popolari, negli Stati Uniti e in Europa.
“ Siamo solo due uomini e mai avremmo pensato con le nostre idee
di smuovere così tanta umanità. La gente capisce che il nostro reato è di
essere innocenti, pensando da uomini liberi.”
E’ un processo di stato, una macchina inesorabile che non può e non deve
perdere colpi, anche di fronte all’evidenza dei
fatti, è una democrazia fittizia che si basa su un concetto limitato di
libertà, al servizio di pochi e al danno di molti.
Del resto non sono passati molti anni da quell’8 marzo 1908, quando alle
operaie in sciopero dell’industria tessile Cotton di New York fu
riservato un trattamento del tutto particolare: sbarrate le porte della
fabbrica con dentro le maestranze, lo stabilimento venne dato alle fiamme e nel
rogo perirono 129 donne.
“ Chiedemmo una vita più umana
e ci venne data un’orribile morte.
Sognammo un mondo migliore
e lo trovammo solo nell’aldilà.”
Non c’è da meravigliarsi di questi fatti in una nazione che si è
proclamata culla della democrazia e della libertà, ma che ha sistematicamente
eliminato tutti coloro che, non beneficiando di questi valori, avevano osato
alzare la testa: dagli eccidi degli indiani al rogo di New York, dalla guerra
di Cuba all’omicidio di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.
Quando lo stato non rappresenta tutti i cittadini, ma solo alcuni, quando
gli interessi di parte sono il fine di una nazione, la democrazia e la libertà
non esistono, e allora, nel loro nome, si commettono gli orrori più
incredibili.
Scrive Bartolomeo Vanzetti alla sorella prima di morire:
“Tu non puoi
capire quanto io soffra di vederti assistere alla mia agonia e di vederti
costretta a vivere le sofferenze che io devo affrontare. Quando ti sarai
riposata e quando avrai ritrovata la forza necessaria, ritorna in Italia, presso
i nostri cari. A questi cari, come ai nostri buoni e fedeli amici, tu porterai
il mio messaggio di amore e di riconoscenza. Che importa se nessun raggio di
sole, se nessun lembo di cielo penetra mai nelle prigioni costruite dagli
uomini per gli uomini? Io so che non ho sofferto invano. Ecco perché porto la
mia croce senza rimpianto.
Presto i fratelli non si batteranno con i loro fratelli; i bimbi non
saranno più privati del sole e allontanati dai campi verdeggianti; non è più
lontano il giorno nel quale vi sarà un pane per ogni bocca, un tetto per ogni
testa, della felicità per ogni cuore. E questo sarà il trionfo della
vostra azione e della mia, o miei compagni ed amici".
E’ una lettera struggente, in cui l’umanità
dell’uomo Vanzetti stride evidentemente con il ritratto della
pubblica accusa del criminale Vanzetti.
In Italia il duce fa mettere tutto sotto silenzio, perché è lui lo stato;
anzi si fanno circolare voci sulla colpevolezza degli imputati, in modo da
creare quell’isolamento indispensabile affinché non si arrivi a scoprire la
verità.
“Questa notte lasceremo la vita per entrare nell’eternità.”
Ci vollero anni, battaglie di gente coraggiosa per riabilitare la memoria
delle due vittime, ma infine nel 1977 Michael Dukakis, governatore dello
Stato del Massachusetts, scagionò con un proclama e per non aver commesso il
fatto Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, ammettendo di fatto la
responsabilità della giustizia americana.
In Italia erano iniziati gli anni di piombo, quelli degli omicidi individuali
e delle stragi. Di quel periodo sappiamo solo dei morti, ma non ci è dato
ancora di sapere chi fossero effettivamente gli esecutori e soprattutto i
mandanti. Il tutto è secretato e la ragion di stato è di nuovo
imperante.
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, se ci vedono, scuotono la testa
e scrivono con le nuvolette del cielo la parola libertà.
Nota: Le frasi in corsivo in verde furono quelle pronunciate o scritte
effettivamente da Bartolomeo Vanzetti; le
altre in corsivo in nero sono libere elaborazioni dell’autore come la poesia
delle operaie della filanda.
Here’s to you cantata
dalla voce splendida di Joan Baez
Non conoscevo il fatto avvenuto nella località "Portella della Ginestra", egregiamente descritto e ricordato da N. Castaldi. Lo stesso terribile avvenimento viene ricordato nella seconda poesia da P. Colonna Romano con versi molto belli e armoniosi grazie anche all'uso della rima. Il terzo testo è un bell'omaggio allo straordinario dipinto di G. Pelizza da Volpedo. Tutte e tre le poesie denunciano l'ingiustizia sociale, le enormi differenze tra gli uomini, l'arroganza di chi ha troppo, i loschi e pericolosi giochi di potere. Infine, nel testo in prosa, la storia tragica di due "belle" persone, accusate ingiustamente e condannate a morte, in quella stessa America falsamente democratica dove i diritti dei ricchi sono ben diversi da quelli della povera gente.
RispondiEliminaUn bel testo che evidenzia la nobiltà d'animo e il coraggio di due innocenti, convinti che i veri valori, quelli in cui credevano, potessero essere condivisi da tanti.
Una storia che rischia di finire, come tante altre, nel dimenticatoio, per questo è giusto continuare a parlarne e a scriverne.
Piera
Mi ha colpito questa commemorazione, in cui è presente un grande omaggio alla dignità umana. Dalle due poesie che parlano della orrenda strage di Portella della Ginestra a quella in cui, ispirandosi al famoso quadro di Pelizza da Volpedo, invita a rivedere il senso della vita. Questre poesie sono tutte veramente indovinate e belle.
RispondiEliminaIl racconto emoziona dalla prima all'ultima riga, consapevole che é stato tutto vero e che due uomini che lottavano per la dignità di ogni essere umano sono stati giustiziati dal più bieco capitalismo. Ci sono passi che fanno venire la pelle d'oca, ma soprattutto, Sig,. Montagnoli, ha saputo raccontarci una storia vera con passione e con pietà.
Agnese Addari