sabato 24 ottobre 2015

Diceria dell’untore, di Gesualdo Bufalino



Diceria dell’untore – Gesualdo Bufalino – Sellerio – Pagg. 224 – ISBN9788838924019 – Prezzo € 8,00


Storia ambientata in un sanatorio, prevalentemente. Incuriosisce subito la coincidenza e tematica e cronologica con altre due opere, la prima- che coinvolge anche l’altro rimando- ci riporta a “La montagna incantata”, la seconda a “La veranda” di Satta. In questo caso la coincidenza cronologica ha la sua ammaliante fascinazione: GesualdoBufalino , già sessantenne è convinto alla sua prima pubblicazione  e questa riscuote subito immediato consenso, siglato anche dal Premio Super Campiello (1981), mentre in Sardegna fra le carte di un noto giurista morto si scopre, confuso e celato, un manoscritto, prima opera rifiutata all’esordio come proposta per concorrere al Premio Viareggio. L’ambientazione è la stessa, la tematica giocoforza coincidente.
All’inizio del Novecento la tisi popolò dunque  anche nei romanzi e i luoghi destinati alla cura elioterapica entrarono di prepotenza nelle pagine più belle della letteratura, possiamo essere nel sanatorio di Berghof nelle Alpi svizzere di Davos con Thomas Mann, oppure  nella nostra Merano con Satta o ancora sulle alture di Palermo con Bufalino. Nei tre scritti il luogo è emblematico anche se solo con Mann viene amplificato allo scenario naturale circostante in modo più suggestivo.

Il tratto distintivo del romanzo in questione  è altro, è  evidente e va ricercato già nel titolo e nell’amplificazione semantica contenuta nel lemma “diceria” il quale può essere inteso come “discorso per lo più breve detto di viva voce, poi anche scritto e stampato...Di qualsiasi lungo dire, sia con troppo artifizio, sia con troppo poca arte...il troppo discorrere intorno a persona o cosa...”(TOMMASEO- BELLINI).
A quale rivolo interpretativo concedersi è già la prima sfida, sì perché leggere questo scritto è una sfida bella e  buona, soprattutto quando si impatta per la prima volta la scrittura del siciliano permeata di un tono alto, lirico, studiato, complesso e perverso.  È noto il lavoro di lima condotto incessantemente dall’autore ( l’edizione Bompiani da me letta offre in appendice epigrafi, versi, epitaffi, chiose integrative ad uso del lettore espunte tutte dal testo ultimo) e il carattere ermetico di un linguaggio che nutrendosi di un vasto corredo poetico, invita ad una lettura amplificata nel senso, da sciogliere come i termini di paragone dentro una metafora. L’impatto iniziale è ammantante, il lessico si amplifica verso lemmi mai uditi ( il vocabolario è d’obbligo a più riprese), il cervello sussulta, la trama abilmente si apre.

Di che parla dunque questo libro? Chiediamolo all’untore, a colui che giovane fatta esperienza di guerra e di successivo internamento in sanatorio, si ritrova a essere depauperato di parte della vita quella coincidente con i più begli anni, quella parallela al fiorire degli istinti e delle bramosie e al maturare di sentimenti profondi.
Il consorzio umano si riversa in un luogo finito contrapposto all’infinito del mondo fuori e le relazioni di base a tre figure : un antagonista in amore ( il mefistofelico dottore, “Il magro”) , una donna da amare ( Marta), un prete (Padre Vittorio). Tra i due giovani si intreccia una relazione amorosa corrosa e ammorbata in cui amore e morte si intrecciano nel mirabolante gioco dell’omissione, paradigmatico di temi quali l’olocausto, inteso come sacrificio, la malattia con il suo compagno di sorte che è lo stigma, la libertà e la privazione della stessa, il sogno. Ho enumerato solo quelli che mi hanno maggiormente colpita, in ogni caso l’opera offre anche la guida-indice dei temi e sono molto più interessanti proprio quelli che ho omesso.
La vicenda vive infine di un bellissimo finale che scioglie le relazioni umane e che riporta mestamente l’individuo alla sua individualità.
Da leggere assolutamente!

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1 commento:

  1. Una recensione molto interessante che, oltre a presentare l'opera e il suo autore, si sofferma anche sulle scelte delle case editrici o dei giurati, non sempre condivisibili. Mi è piaciuto e mi ha colpito il riferimento al libro di Satta, non considerato valido abbastanza da poter essere preso, a suo tempo, in considerazione.
    Mi chiedo quali siano talvolta i criteri che vengono seguiti. Sconcerta vedere ciò che spesso viene pubblicato o premiato con facilità, la pubblicità che viene fatta... E non sempre, dopo la lettura di un libro, il piacere corrisponde alle troppe parole sentite per giorni e mesi con ritmo martellante.
    Grazie.
    Piera

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