Lepanto
La battaglia dei tre imperi
di Alessandro Barbero
Editori Laterza
Saggistica storica
Pagg. 784
ISBN 9788842096139
Prezzo
€ 15,00
Esauriente
e piacevole
Nel corso del XVI secolo l’impero ottomano raggiunse la sua massima
espansione; al riguardo basti pensare che sotto Solimano il Magnifico la
Sublime Porta, nome con cui era più conosciuta all’epoca la potenza turca, si
spinse fino alle porte di Vienna, senza riuscire tuttavia a impadronirsene, ma
assoggettando l’Ungheria e tutti gli stati slavi. La politica di continua conquista di nuovi territori
fu sempre una prerogativa dei sultani che si avvicendavano sul trono a partire
dal XIV secolo e così anche il figlio di Solimano, Selim II, succeduto al padre senza essere il primogenito e
grazie all’uccisione degli altri fratelli, per quanto considerato un debole e
un depravato, intese proseguire negli ampliamenti territoriali e a farne per
prima le spese fu Cipro, di proprietà sì dell’impero ottomano, ma affittata ai
veneziani. Fu così che, senza un preavviso di sfratto, le truppe turche
sbarcarono nell’isola, mettendola a ferro e fuoco ed entrando dopo 45 giorni di
assedio a Nicosia. Restava, però, ancora in mani veneziane Famagosta, ma
anche questa, nonostante una difesa eroica, cadde e il suo comandante,
Marcantonio Bragadin,
malgrado che l’atto di resa prevedesse salva la vita per tutti, fu orribilmente
scorticato vivo.
Alla notizia dello sbarco degli ottomani a Cipro Venezia non poteva restare
inerte, come disinteressati non potevano essere agli stati del Mediterraneo,
perché era evidente che la minaccia di essere conquistati si rafforzava ogni
giorno di più, così si ideò una spedizione con navi veneziane, del re di
Spagna, dello Stato Pontificio al fine di contrastare questo tentativo di
impadronirsi del Mediterraneo e con esso dei suoi traffici. Ma fra disaccordi di gestione sull’azione da
intraprendere, picche e ripicche non si arrivò a uno scontro con la grande
flotta ottomana. Era il 1570 e il naviglio ritornò ai propri porti, tentando,
almeno la Serenissima, di arrivare a un accordo di pace con il Sultano. Le
intenzioni di questo, tuttavia, come del resto di alcuni alleati, erano ben
altre e così, dopo non poche difficili trattative, si arrivò nel 1571 a
costituire, sotto l’egida di Papa Pio V, una Lega Santa a cui parteciparono il
Granducato di Toscana, il Ducato di Savoia, i Cavalieri di Malta, la Repubblica
di Genova, lo stato pontificio, l’impero spagnolo, con i Regni di Napoli e di Sicilia,
e la Repubblica di Venezia. Si allestì una poderosa e agguerrita flotta
costituita da 204 galee e 6 galeazze, con 28.000 soldati, circa 13.000 marinai
e un gran numero di rematori, stimati in 43.000; la potenza di fuoco di questa
armata marittima era assai notevole, rappresentata da circa 1.800 cannoni, di
eccellente fattura, molti dei quali di grosso calibro. L’impero ottomano poteva
opporre 216 galee, 64 galeotte e 64 fuste, un numero quindi superiore, ma lo
stato di manutenzione di queste imbarcazioni era spesso inferiore a quello del
naviglio avversario che, fra l’altro, era anche più moderno; sulle navi della
Sublime Porta erano imbarcati 34.000 soldati, pochi con archibugio, a
differenza degli avversari, 13.000 marinai, 41.000 rematori e solo 750 cannoni,
soprattutto di piccolo calibro. Al
comando alla Lega Santa era Don Giovanni d’Austria, alla flotta ottomana Alì
Pascià. Lo scontro avvenne il 7 ottobre 1571 nelle acque antistanti la
cittadina greca di Lepanto e, dopo alterne vicende e rovesciamenti di fronte,
si concluse con una grande vittoria della Lega Santa, che affondò e catturò
circa 189 navi nemiche, contro la perdita di soli 17 suoi vascelli; tanti
furono gli schiavi catturati e i soldati uccisi e fra questi il comandante in
capo Alì Pascià. Se si pensa che con questo grande successo si riuscì a porre
freno all’espansionismo turco ci si sbaglia di grosso, poiché continuarono le
conquiste in terraferma e anche in mare, per quanto limitate a isole
geograficamente greche, come Creta, oppure all’Africa settentrionale, come la
Tunisia. Invece fu una battuta d’arresto per la marina turca, da cui non riuscì
più a risollevarsi e, soprattutto, il successo della Lega Santa ebbe un valore
simbolico più grande di quello bellico, sia perché in tanti anni era la prima
grossa sconfitta patita dagli ottomani, sia perché questi rinunciarono per
sempre a dominare su tutto il Mediterraneo.Benchè la flotta fosse stata ricostruita in un solo anno, i
vascelli risultavano inferiori come qualità e armi in dotazione a quelli della
Cristianità e se anche serpeggiava un naturale desiderio di riscatto e di
rivincita, questo non avvenne, perché gli esiti drammatici di quello scontro
avevano incrinato la sicurezza degli ottomani; a ciò aggiungasi che la Lega
Santa fu rapidamente sciolta, anche perls morte del Papa che l’aveva così tanto sostenuta,
venendo quindi a mancare in ogni caso l’avversario di prestigio per una nuova
grande battaglia navale.
Ecco, di questo conflitto, dei prodromi, della battaglia navale vera e propria,
e delle sue conseguenze parla in questo libro Alessandro Barbero, con quella
sua particolare capacità di avvincere gradualmente il lettore e di renderlo
quasi presente ai fatti; non manca la sottile vena ironica che caratterizza lo
storico piemontese, vena che alleggerisce il racconto ed è capace anche di
sfumare fatti tragici e morti orrende.
Lepanto è uno di quei
libri che, benché assai lungo (ma molte pagine sono destinate alle corpose
fonti bibliografiche, alle note e all’appendice), riesce a non stancare mai, a
continuamente interessare chi, con vero piacere, lo sta leggendo.
Alessandro Barbero insegna Storia medievale
presso l’Università del Piemonte Orientale, sede di Vercelli. Studioso di
prestigio, noto al largo pubblico, ha pubblicato molti volumi. Bella vita e
guerre altrui di Mr. Pyle, gentiluomo è il primo dei suoi romanzi di successo (Premio Strega
1996, tradotto in sette lingue), al quale altri sono seguiti, tutti editi da
Mondadori. Per Laterza è autore di opere più volte ristampate, alcune delle
quali tradotte nelle principali lingue.
Renzo Montagnoli
Bella quest'ampia e dettagliata presentazione di un romanzo storico senz'altro avvincente. A me piacciono molto i romanzi storici perché permettono al lettore un ingresso privilegiato dentro avvenimenti noti ma non approfonditi, come avviene nei libri scolastici. Certo nei romanzi non tutto è veritiero, ma è proprio la creatività dell'autore, il suo inventare personaggi, accadimenti, situazioni e atmosfere, che conquista e avvince, rimanendo contemporaneamente fedele alla realtà dei fatti principali. Mi viene da pensare a "Rinascimento privato", della Bellonci, un personaggio importante, all'interno della storia, assolutamente inventato, eppure che grande affresco quello dell'autrice su un periodo così straordinario della nostra storia e della nostra arte.
RispondiEliminaGrazie, Renzo.
Piera
Mi sono resa conto, dopo aver postato il commento, di non aver ben compreso il tipo di lavoro compiuto dall'autore. Rileggendo la recensione, ho capito infatti che si tratta di un saggio e non di un romanzo storico, per cui il mio commento non è chiaramente appropriato.
RispondiEliminaA presto.
Piera