Orizzonti
di gloria
di
Humphrey Cobb
Castelvecchi Editore
Narrativa
romanzo storico
Pagg.
231
ISBN 9788868261986
Prezzo
€ 16,50
Il delirio del potere
Vi
ricordate l’omonimo film, uscito nel 1957, diretto da Stanley Kubrick e
magistralmente interpretato da Kirk Douglas? La pellicola è una libera
trasposizione di questo libro scritto da Humphrey Cobb, narratore
anglosassone che ha svolto per lo più l’attività di sceneggiatore, ma che con
questo romanzo ha realizzato non solo la sua opera migliore, ma anche uno dei
grandi capolavori della letteratura mondiale, non dissimile, per livello di
eccellenza, a opere come Niente di nuovo sul fronte occidentale, di
Erich MariaRemarque, e Un anno sull’altipiano, di
Emilio Lussu. Sarebbe facile, di primo acchito, paragonare Orizzonti
di gloria a questi due grandi romanzi ed etichettarlo come una
prosa pacifista, come un’accusa spietata all’insensatezza e alla bestialità
della guerra: sì,Cobb denuncia quanto di inumano ci sia in un conflitto,
ma va anche ben oltre, come cercherò di seguito di spiegare meglio. La vicenda
narrata è tutto sommato semplice r anche piuttosto lineare. È in corso la prima
guerra mondiale, il fronte è quello occidentale e a un reggimento francese,
duramente provato da furiosi combattimenti e che si avvia alle retrovie per un
più che meritato periodo di riposo, viene imposto dalgeneraleAbsolant,
comandante la divisione, un uomo ambizioso, gretto, senza cuore e che sogna
la Legion d’onore, di tornare indietro e di assaltare una posizione
tedesca, il formicaio, pressoché imprendibile. Si prospettano perdite immani,
l’esito infausto è quasi scontato, ma se il colpo riesce la carriera è
assicurata e l’onorificenza tanto agognata verrebbe senz’altro
conferita. Nonostante le rimostranze del colonnello Dax, comandante
del reggimento, che cerca di dimostrare l’insensatezza di una simile decisione,
l’attacco s’ha da fare. Dax è un militare, un uomo che ha però un po’
di umanità, si batte contro questa decisione assurda, ma tutto è inutile e
così, come prevedibile, l’assalto al formicaio fallisce, anzi gli uomini non
riescono nemmeno a uscire dalle trincee, dilaniati dalle bombe dell’artiglieria
tedesca e falciati dalle raffiche di mitragliatrice. Da notare che, come anche
nel film, il nemico non si vede mai e si manifesta solo con l’impersonalità
delle bombe e dei proiettili, insomma quasi una metafora di un nemico che è
soprattutto in noi. Il generale Absolant vede così svanire i suoi
sogni di gloria e già che buono non è si incattivisce ulteriormente e anche per
giustificare l’assurdità del suo ordine di conquistare una posizione
imprendibile fa ricadere la colpa sui poveri soldati, accusandoli di codardia
di fronte al nemico. Vorrebbe procedere alla decimazione, ma il comandante
d’armata è dell’idea che sia eccessivo, e quindi decide che siano quattro
militari (poi diventati tre per la ferma decisione di un comandante di
compagnia di non consegnare un uomo da sacrificare) ad essere presi a caso per
sottoporli a un giudizio, già precostituito, di una corte marziale sommaria,
cioè senza possibilità di appello e di grazia. Le pagine di questo processo
farsa e i preparativi, nonché le fasi della fucilazione, sono senz’altro il
meglio del romanzo e provocano nel lettore diverse emozioni, che vanno dalla
indignazione a una intensa commozione.
Ci
si chiede però il perché un comportamento simile, perché il generale
dell’armata accolga, se pur in parte, il desiderio di vendetta del
comandante Absolant. Che senso può avere fucilare degli individui per un
reato che non hanno commesso? La conclusione è che nel mondo la giustizia non
esiste mai, mentre l’ingiustizia é la norma, ma che soprattutto quegli uomini
non vengono fucilati per un delitto che non hanno commesso, ma come esempio
agli altri, che d’ora in poi sapranno che non esistono alternative: o morire
per la vittoria, oppure morire davanti a un plotone di esecuzione. Chi potrebbe
salvarli, cioè il comandante d’armata, non lo fa, perché non solo è convinto
che l’esecuzione costituisca il miglior monito, ma anche per quella perversa
prevaricazione che consente a uomini indegni anche del loro grado di dimostrare
il loro potere assoluto, per l’inconsapevole appagamento che costoro possono
ritrarre nel decidere il destino di esseri umani e che con ogni probabilità
ripaga ampiamente gli insuccessi derivanti unicamente da una perniciosa miopia.
È
inutile che aggiunga che Orizzonti di gloria merita
ampiamente di essere letto.
Humphrey Cobb (1899
– 1944), sceneggiatore e romanziere, nato a Siena da genitori
anglosassoni. Dopo aver prestato servizio nell’esercito canadese per tre anni
durante la Prima Guerra Mondiale, rientra negli Stati Uniti per lavorare
dapprima nel mercato azionario, poi nella marina mercantile, nell’editoria, in
pubblicità, e infine per l’Office ofWar Information – antesignano
della Cia – redigendo materiale di propaganda. Cobb è inoltre autore
di None But the Brave(1938) e della sceneggiatura del
film San Quintino (1937) con Humphrey Bogart.
Renzo Montagnoli
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