Una traccia nel buio di Arnaldur Indridason,
Guanda
Una
traccia nel buio della gelida Reykjavik
L'islandese Arnaldur Indridason torna in libreria con un nuovo thriller. Diciamo
subito che al centro della scena delle indagini non c'è il famoso commissario Erlendur Sveinsson. Comunque, anche quando l'originale giallista ricorre
ad altri detective, la sua pagina resta sempre piena di suspense. Ed è così
anche nel romanzo «Una traccia nel buio» (pp. 315, euro 18,50) che Guanda
propone nella bella traduzione di Alessandro Storti. Ancora una volta siamo a
Reykjavik e ne respiriamo l'atmosfera tenebrosa, legata al clima nordico del
luogo. L'algida città è funestata da due cadaveri, uno recente e uno che ci fa
viaggiare all'indietro nel tempo, per giungere fino alla seconda guerra
mondiale con tutte le sue atrocità venate anche di ambigue ragioni nazionali.L'incipit si apre nella Reykjavik dei nostri giorni,
con un uomo anziano morto nel proprio letto. Sembrerebbe dormire, ma la realtà
è ben altra. Qualcuno ha soffocato nel sonno Stefàn Pordarson. Certamente l'assassino era noto alla vittima, visto
che non ci sono segni di effrazione e la porta è stata aperta normalmente.
Inquietante un antefatto accaduto nel 1944 che ci riconduce alla morte
misteriosa di una bellaragazza.Konrad è
un detective ormai in pensione che non si rassegna all'inattività, continuando
a prestare aiuto ai colleghi, anche perché un particolare della morte di Stefàn crea in lui delle perplessità, visto che sulla
scrivania della vittima ci sono ritagli di vecchi giornali risalenti al secondo
conflitto mondiale riguardanti l'omicidio irrisolto della bella ragazza
ritrovata dietro il Teatro Nazionale, a quel tempo usato come deposito di
approvvigionamento dalle truppe di occupazione britanniche e americane. Perché Pordarson era ossessionato da quel «cold case»? Per scoprirlo Konrad dovrà giostrarsi tra
passato e presente, indugiando dentro fiabe, superstizioni, con forti fermate
dentro l'occultismo che, a suo tempo, oscurò le indagini. Inutile sottolineare
che la verità sarà più che sconcertante e il finale ci lascerà piuttosto
sbalorditi. Però, non possiamo trattenerci dall'aggiungere che - pur essendo il
romanzo molto coinvolgente - rimpiangiamo le indagini del detective Sveinsson, forse perché l'autore ci aveva indotto ad
affezionarci all'umanità e alle debolezze di quel personaggio, così ben
inserito nel clima buio della sua tenebrosa città.ArnaldurIndridason, classe 1961, laureato in storia, con un passato di
giornalista e critico cinematografico ha esordito come romanziere nel 1977,
ricevendo nella sua fortunata carriera di giallista ambiti premi, tra cui
ricordiamo il Gold Dagger Award
del 2005 per «La signora in verde».
Grazia Giordani
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