Puskin e
il bottone
un giallo storico
nella Russia di ieri
un giallo storico
nella Russia di ieri
La slavista Serena Vitale analizza come in un film la vita del poeta
Chi ha letto mesi fa «Il defunto odiava i pettegolezzi», inerente il grande
Majakovskij, della slavista, glottologa e scrittrice Serena Vitale, non potrà
non fare un passo indietro per vedere anche quanto aveva scritto del più grande
poeta russo, paragonato al nostro Leopardi. «Il bottone di Puskin» (pp. 487,
13 euro) ha raggiunto la quarta edizione in versione economica,
perché Adelphi vuole dare agio a sempre una più larga cerchia
di lettori di godere di simili gioielli storico/letterari. L’autrice è di casa
in Russia, cultrice della lingua e della letteratura, sua materia di
insegnamento all’Università Cattolica di Milano. Siamo di fronte ad un
capolavoro con un’idea di partenza nota: indagare sul duello in cui fu ucciso
Aleksandr Puskin alla fine di gennaio del 1837, ricostruendolo in
tutte le sue fasi. Lo sfidante era Georges d’Anthès, figlio adottivo del barone
Jacob VanHeeckeren, ministro dell’ambasciata dei Paesi Russi a Pietroburgo. La
causa del duello: l’insistente, provocatorio corteggiamento di d’Anthès a
Natal’ja, l’affascinante moglie di Puskin. Senza tacere il fatto che i due
contendenti erano diventati da poco tempo cognati, visto che
d’Anthès aveva sposato la sorella di Natal’ja.Come per il caso
Majakovskij, anche sul caso Puskin si sono moltiplicati leggende,
falsi, manipolazioni. E deve essere proprio questa una delle ragioni che induce
la Vitale a frugare con occhio da letterata detective dentro matasse difficili
da sbrogliare, instancabile segugio filologico, pronta a rovistare negli
archivi di mezza Europa, stanando diari, appunti, testimonianze, una
vastissima bibliografia.E invece di farne una monografia, confortata
da tutto questo materiale, la Vitale, con un colpo d’ala che sa volare alto,
crea un montaggio, quasi un film di carta, con suture di racconti a tenerne
legati i pezzi.E così ci troviamo sotto gli occhi uno splendido
romanzo dove l’autrice ci fa capire tutte le complesse ragioni che hanno
spinto Puskin ad affrontare il duello e in sostanza a cercare la
morte: l’umiliazione sociale (insultante il titolo
di kamerjunker attribuitogli dallo zar, la noia di gendarmi che lo
spiavano costantemente), l’esasperazione provocata dallo sfidante; la viscosità
della Pietroburgo 1836 nei suoi sempre più difficili confronti.Forse, i
racconti di sutura sono la parte meno nobile del libro, col loro sapore di
gossip, ma la Vitale ci ha regalato comunque un giallo storico di rara
bellezza, con una suspense che non ci fa staccare dalla pagina, avidi di
entrare sempre più dentro le pieghe di quel mistero che pian piano ripulisce
dalle chiacchiere e dalle dicerie.Carlo Fruttero e Franco Lucentini
scrissero sulla Stampa: «Si dice che la ricerca accademica sia in pratica
affine all’indagine poliziesca, ma si dà molto raramente il caso di un
professore di università che, mettendo nero su bianco le sue puntigliose
scoperte, tenga conto non solo dei severi colleghi sparsi per altri centri di
dottrina, ma anche di chi professore(in questo caso di slavistica) non è».
Quanto al bottone del titolo, si sono fatte varie ipotesi: quello
mancante dalla dotazione della marsina del poeta, oppure «non assomiglia forse, quel
bottone, all’accento tonico che all’improvviso spicca il volo dal giambo e
svanisce nel nulla»?o
Grazia Giordani
Sempre molto interessanti le recensioni che vengono proposte. In questa viene esaminata una storia molto particolare, le conseguenze di un duello dai presupposti apparentemente scontati, mentre in realtà, in seguito, vengono cercati e analizzati i motivi ben più profondi che hanno portato alla morte di un protagonista così illustre.
RispondiEliminaUn articolo letto con molto interesse, come altri scritti dalla stessa autrice.
Grazie.
Piera