giovedì 12 maggio 2016

Il bottone di Puskin, di Serena Vitale



Puskin e il bottone
un giallo storico
nella Russia di ieri


La slavista Serena Vitale analizza come in un film la vita del poeta

Chi ha letto mesi fa «Il defunto odiava i pettegolezzi», inerente il grande Majakovskij, della slavista, glottologa e scrittrice Serena Vitale, non potrà non fare un passo indietro per vedere anche quanto aveva scritto del più grande poeta russo, paragonato al nostro Leopardi. «Il bottone di Puskin» (pp. 487, 13 euro) ha raggiunto la quarta edizione in versione economica, perché Adelphi vuole dare agio a sempre una più larga cerchia di lettori di godere di simili gioielli storico/letterari. L’autrice è di casa in Russia, cultrice della lingua e della letteratura, sua materia di insegnamento all’Università Cattolica di Milano. Siamo di fronte ad un capolavoro con un’idea di partenza nota: indagare sul duello in cui fu ucciso Aleksandr Puskin alla fine di gennaio del 1837, ricostruendolo in tutte le sue fasi. Lo sfidante era Georges d’Anthès, figlio adottivo del barone Jacob VanHeeckeren, ministro dell’ambasciata dei Paesi Russi a Pietroburgo. La causa del duello: l’insistente, provocatorio corteggiamento di d’Anthès a Natal’ja, l’affascinante moglie di Puskin. Senza tacere il fatto che i due contendenti erano diventati da poco tempo cognati, visto che d’Anthès aveva sposato la sorella di Natal’ja.Come per il caso Majakovskij, anche sul caso Puskin si sono moltiplicati leggende, falsi, manipolazioni. E deve essere proprio questa una delle ragioni che induce la Vitale a frugare con occhio da letterata detective dentro matasse difficili da sbrogliare, instancabile segugio filologico, pronta a rovistare negli archivi di mezza Europa, stanando diari, appunti, testimonianze, una vastissima bibliografia.E invece di farne una monografia, confortata da tutto questo materiale, la Vitale, con un colpo d’ala che sa volare alto, crea un montaggio, quasi un film di carta, con suture di racconti a tenerne legati i pezzi.E così ci troviamo sotto gli occhi uno splendido romanzo dove l’autrice ci fa capire tutte le complesse ragioni che hanno spinto Puskin ad affrontare il duello e in sostanza a cercare la morte: l’umiliazione sociale (insultante il titolo di kamerjunker attribuitogli dallo zar, la noia di gendarmi che lo spiavano costantemente), l’esasperazione provocata dallo sfidante; la viscosità della Pietroburgo 1836 nei suoi sempre più difficili confronti.Forse, i racconti di sutura sono la parte meno nobile del libro, col loro sapore di gossip, ma la Vitale ci ha regalato comunque un giallo storico di rara bellezza, con una suspense che non ci fa staccare dalla pagina, avidi di entrare sempre più dentro le pieghe di quel mistero che pian piano ripulisce dalle chiacchiere e dalle dicerie.Carlo Fruttero e Franco Lucentini scrissero sulla Stampa: «Si dice che la ricerca accademica sia in pratica affine all’indagine poliziesca, ma si dà molto raramente il caso di un professore di università che, mettendo nero su bianco le sue puntigliose scoperte, tenga conto non solo dei severi colleghi sparsi per altri centri di dottrina, ma anche di chi professore(in questo caso di slavistica) non è». Quanto al bottone del titolo, si sono fatte varie ipotesi: quello mancante dalla dotazione della marsina del poeta, oppure «non assomiglia forse, quel bottone, all’accento tonico che all’improvviso spicca il volo dal giambo e svanisce nel nulla»?o

Grazia Giordani


1 commento:

  1. Sempre molto interessanti le recensioni che vengono proposte. In questa viene esaminata una storia molto particolare, le conseguenze di un duello dai presupposti apparentemente scontati, mentre in realtà, in seguito, vengono cercati e analizzati i motivi ben più profondi che hanno portato alla morte di un protagonista così illustre.
    Un articolo letto con molto interesse, come altri scritti dalla stessa autrice.
    Grazie.
    Piera

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