Vita
di Antonio Gramsci – Giuseppe Fiori
- Ilisso – Pagg. 368 – ISBN 9788887825596 - € 7,00
Due
grandi pensatori riuniti in un solo volume: Antonio
Gramsci e Peppino Fiori.
Giuseppe
Fiori è un dono della mia splendida terra: è stato giornalista, romanziere
(Sonetaula) ma ancor prima biografo (Gramsci, Michele Schirru,
Berlinguer, Lussu, i Fratelli Rosselli) e parlamentare. La sua vena
biografica si è certamente e prevalentemente imbevuta di Sardegna e ciò gli fa
onore perché la sua opera ha restituito ritratti a tutto tondo come solo un
conterraneo può fare e non per vicinanza emotiva, ideologica, geografica ma per
humus, quello che solo la terra di ciascuno di noi può instillarci.
Questa
biografia fu la sua prima, venne pubblicata nel ’66 ed ebbe grande risonanza
perché restituiva una lettura del grande pensatore sardo nutrita di fonti di
prima mano, di lettere inedite, di testimonianze di amici e di parenti ma
soprattutto perché rompeva vetusti schemi e ideologie “della vecchia
ortodossia a quel tempo dominante nel Pci” (Fiori nell’avvertenza contenuta
nella ripubblicazione per i tipi
di Ilisso nel 1995). Osò insomma far emergere
contraddizioni, dissidi, lacerazioni di cui mai si era apertamente parlato e
che in realtà furono l’essenza dell’originalità del pensiero gramsciano.
Instillata
la dovuta curiosità, non avrò l’ardire di addentrarmi ad analizzare il pensiero
politico, mi propongo invece di attirare il maggior numero di lettori
avvicinandoli ad un eccellente biografia.
Il
primo obiettivo di Fiori è sicuramente quello di regalarci un ritratto a tutto
tondo e fedele, inizia quindi con lo sfatare la credenza che vedeva Gramsci
nascere da umile famiglia, in realtà il padre nato a Gaeta dirigeva l’ufficio
del registro, possedeva licenza liceale, finì in carcere
ingiustamente e solo questa sventura gettò la famiglia nella più
assoluta povertà . Peppina Marcias, la sua cara mamma, sola, riuscì
ad allevare la numerosa famiglia e nel contempo a garantire ai figli
l’istruzione. Fin dall’infanzia il fisico minato da una inspiegabile
deformità permise al nostro di affinare la sua forza di volontà.
Leggere di una noce sulla schiena, dei consulti medici e della terapia
consistente nello stare appeso ad una trave del soffitto lascia uno sconcerto
profondo. Tuttavia non si percepisce una figura mitizzata, basta la
realtà dei fatti a investirlo di un‘ aura speciale. La sua prima
infanzia viene contestualizzata con un’efficace quadro della situazione socio-
politica dell’isola: le catastrofi bancarie, il collasso agricolo, l’assenza
delle industrie, il riversarsi della forza lavoro nei bacini
minerari del Sulcis e la nascita di una larvale
lotta collettiva al sistema, superato l’atavico, mitico, oltreché
individualista approccio che nutrì tanto banditismo. Fu il
piemontese Cavallera ad alimentare la neonata congrega sindacale che
sfociò nel famoso eccidio di Buggerru (tre morti del
sottoproletariato minerario) il quale avviò il primo sciopero nazionale
italiano. Nel 1908 Gramsci frequentò il liceo Dettori a
Cagliari, sottoponendosi a numerose privazioni ( mangiò per otto mesi una sola
volta al giorno) ma entrando anche in contatto con il professor
Raffa Garzìa, trentatreenne direttore de “L’Unione Sarda”; sono
gli anni in cui si sentirà maggiormente attratto dall’imperante “social
sardismo eterodosso” che imponeva la lotta di classe contro i continentali
ricchi. Seguirono gli anni dell’università a Torino resi possibili, ma a prezzo
di enormi sacrifici non solo economici , grazie alla borsa di studio istituita
dal Collegio Carlo Alberto a favore degli studenti poveri delle province
dell’ex regno. Dalla Sardegna due candidati ottennero il beneficio: Palmiro
Togliatti dal Liceo Azuni di Sassari ( secondo posto in
graduatoria) e Antonio Gramsci (nono posto).
Rigidi
inverni torinesi, fame, freddo, problemi di salute, sessioni di esami inevase,
i primi scioperi (novantasei giorni di lotta), il diritto di voto
esteso agli analfabeti che fece di Gramsci un socialista. Le lettere
di questo periodo,inedite al tempo, testimoniano e raccontano la
disperazione di un ragazzo studioso e volenteroso lacerato da seri problemi di
salute e da estrema abnegazione oltre che da un intimo senso del
dovere. Al quarto anno di Lettere l’orientamento filosofico era crociano,
Fiori mette indubbio le testimonianze che tendono a retrodatare la formazione
marxista secondo lo studioso da addebitarsi ad un’età più matura.
13
.04. 1914 : ultimo esame, tra la fine del ’15 e i primi del ‘16 “nasceva il
rivoluzionario professionale”.La redazione de”L’Avanti”, la
rubrica “Sotto la Mole”, il credere al metodo maieutico di
educazione delle masse, il rifiuto dell’anticlericalismo, la
Rivoluzione russa, l’ ”Ordine Nuovo”, il primo numero terminati gli
anni bui del primo conflitto mondiale. I consigli di fabbrica, le divisione del
PSI, i Congressi dell’Internazionale.
Profumo
di storia.
Lenin
che riconosce le tesi gramsciane, la frazione comunista, la nascita
dell’omonimo partito avendo cercato prima di rinnovare al massimo il
partito socialista. Gramsci escluso per accuse di interventismo, inaccettabili.
Gramsci anticipatore della pericolosità del fascismo. Gramsci e l’amore. Il
primo mandato d’arresto, l’illusione di poter sconfiggere il fascismo e dentro
quell’illusione la speranza di un’ Italia migliore, l’esperienza
parlamentare e l’immunità, l’esperienza dell’Aventino e il tentativo, fallito,
di lanciare il Primo sciopero generale
politico. Gramsci antistanilista. Un cervello lucido
anche nei periodi più difficili, un uomo solo, votato al sacrificio estremo,
una sentenza a 20 anni, 4 mesi e 5 giorni, un P.M. capace di sentenziare un
tristissimo: “Per vent’anni dobbiamo impedire a questo cervello di
funzionare”.
Un
cervello che nell’immobilismo carcerario non si fermò mai e vergò a mano
2484 pagine in trentadue quaderni: l’eredità per le nuove generazioni.
Una
mamma morta alla quale scrive perché nessuno gli può comunicare una notizia
così dolorosa, un padre a Ghilarza che ancora lo attende invano
mentre giunge, impietosa, la nuova della sua morte e una casa si riempie di
cordoglio. Un padre che va via due settimane dopo, trascorso il suo
ultimo doloroso tempo a rileggere le righe di un figlio alla mamma che non
sapeva morta:” La vita è così, molto dura, e i figli qualche volta devono dare
dei grandi dolori alle loro mamme, se vogliono conservare il loro
onore e la loro dignità di uomini”.
Opera
tradotta in dieci lingue, un successo letterario meritato e durevole nel tempo,
uno scritto capace di istruire, sorprendere, commuovere. Fondamentale.
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